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ISBN **ha drizzato il volto verso il gloriosissimo Orizzonte,
nel Libro Cremisi,3 RICONOSCIMENTO DELLA MISSIONE PROFETICA DEL Báb 19
4 AL SERVIZIO DELLA CAUSA DEL Báb 29Arresto, detenzione e fustigazione in Ámul 36
Il martirio del Báb 43Preghiere e meditazioni di lode e gratitudine 70
Liberazione ed esilio 75Le trame di Mirza Ya?yá e di Siyyid Mu?ammad 84
L’indifferenza della gente del Bayán 86Preghiere e meditazioni sulle sofferenze di Bahá’u’lláh a Baghdád 91
I monti del Kurdistán 92Moniti di Bahá’u’lláh ai Bábí in occasione della Sua partenza da Baghdád 107
Pubblica dichiarazione della Sua Missione 108
7 COSTANTINOPOLI 117Rapporti con gli ufficiali di Costantinopoli 122
Esilio ad Adrianopoli 126«Giorni di Tormento» – la ribellione di Mirza Ya?yá 133
L’avvelenamento 137Mirza Ya?yá è informato della Missione di Bahá’u’lláh 139
Effusioni della penna di Bahá’u’lláh 142Proclamazione ai sovrani e ai governanti del mondo 144
Esilio ad ‘Akká 157Le ragioni dell’imprigionamento di Bahá’u’lláh 168
Preghiere e meditazioni dalla Più Grande Prigione 171
Il martirio di Mirza Mihdí, il Ramo Più Puro 178
L’uccisione di Siyyid Mu?ammad e di due suoiBahíyyih Khánum, la Più Grande Santa Foglia 185
Proclamazione ai sovrani 188Il giardino di Ri?ván – «la Nostra Isola Verde» 209
Navvab, la Foglia Più Eccelsa 211Un decennio di persecuzioni e di accuse diffamatorie 231
Gli Azalí in Persia 231Preghiere e meditazioni sulle difficoltà di Bahá’u’lláh 235
La giustizia divina 241‘Abdu’l-Bahá, il Centro del Patto di Bahá’u’lláh 253
L’ascensione di Bahá’u’lláh 258IL 1992, L’ANNO SANTO dedicato alla commemorazione del centenario dell’ascensione di Bahá’u’lláh e dell’inaugura-zione del Suo Patto, è un anno di riflessione sull’origine e sullo scopo della nostra esistenza e di riconsacrazione all’essenza del credo bahá’í, è un’occasione per dedicarsi con accresciuto impegno alla promozione dell’unità del genere umano e alla sua spiritualizzazione.
Per ricordare è stato scritto per aiutare i Bahá’í a celebrare l’Anno Santo e a presentare la vita e il ministero di Bahá’u’lláh ad altri la cui curiosità potrebbe essere stata stimolata. Esso contiene un’ampia raccolta di Scritti nei quali Bahá’u’lláh racconta con le Sue parole molti eventi della Sua vita. Presi nel loro insieme, questi passi consentono di avvicinarsi intimamente alla vita di una figura Che, nelle parole di Shoghi Effendi, pronipote di Bahá’u’lláh e Custode della Sua Fede, torreggia per sempre su di noi «preminente nella Sua santità, maestosa nella grandezza della Sua forza e del Suo potere, inaccessibile nel trascendente splendore della Sua gloria».1
Per ricordare si articola attorno alle quattro fasi della vita di Bahá’u’lláh enumerate da Shoghi Effendi. La prima parte tratta l’infanzia e la giovinezza, per gli anni che vanno dal 1817 al 1844, un periodo di ventisette anni «caratterizzati dal tranquillo godimento di tutti i vantaggi conferiti da nobili natali e dalla ricchezza e da un’instancabile sollecitudine per gli interessi dei poveri, degli ammalati e degli oppressi».2 La seconda parte, dal 1844 al 1853, riguarda un periodo «di attivo ed esemplare discepolato al servizio del Báb», il Suo precursore.3 La terza parte esamina i quattro mesi del 1853 durante i quali Bahá’u’lláh fu imprigionato nel Síyáh Chál, il Buco Nero di ?ihrán, un periodo «sotto l’ombra continua di un pericolo mortale, amareggiata da angosciosi dolori e immortalata, verso la fine, dall’improvviso erompere delle forze sprigionate da una Rivelazione travolgente e spiritualmente rivoluzionaria».4 La quarta parte analizza i trentanove anni del ministero di Bahá’u’lláh dal 1853 al 1892, durante i quali le Sue afflizioni si intensificarono mentre l’astro della Sua rivelazione saliva verso lo zenit. In questo periodo le perfide trame di preti gelosi e ufficiali corrotti, gli atti di codardia e di tradimento perpetrati dal fratellastro Mirza Ya?yá e le trasgressioni di seguaci ben intenzionati ma sviati contrastano vividamente con il coraggio, la dignità e la rettitudine che sempre caratterizzarono il comportamento di Bahá’u’llá? La quinta parte esamina i provvedimenti presi da Bahá’u’lláh per protrarre nel tempo l’autorità divina sugli affari della Sua Fede e analizza la nomina di ‘Abdu’l-Bahá a Centro del Suo Patto e gli eventi relativi alla Sua ascensione. Alla quinta parte segue la Tavola della Visitazione abitualmente recitata per commemorare il Báb e Bahá’u’llá?
Gli scritti di Bahá’u’lláh che costituiscono Per ricordare sono tratti da Sue opere o da compilazioni di Sue opere tradotte e pubblicate in inglese, come l’Epistola al Figlio del Lupo, Spigolature dagli Scritti di Bahá’u’lláh, il Kitáb-i-Íqán, Preghiere e Meditazioni, La Proclamazione di Bahá’u’lláh ai Re e ai Governanti del Mondo, Sinossi e Codificazione del Kitáb-i-Aqdas e Tavole di Bahá’u’lláh rivelate dopo il Kitáb-i-Aqdas. Alcuni brani sono tratti da passi citati da Shoghi Effendi in opere come Dio passa nel mondo, Il Giorno Promesso, Messages to America [Messaggi all’America] e L’Ordine Mondiale di Bahá’u’llá? Altri sono tratti da Bahá’u’lláh: The King of Glory [Bahá’u’lláh: il Re della Gloria] di Hasan M. Balyuzi e da Door of Hope [La porta della speranza] di David S. Ruhe. Vi si trovano anche alcune descrizioni orali dettate da Bahá’u’lláh e riportate negli Araldi dell’Aurora da Nabíl-i-A‘?am, poeta laureato e cronista di Bahá’u’lláh.
Dato che sull’infanzia e sulla giovinezza di Bahá’-u’lláh c’è assai poco di autobiografico, sono stati utilizzati alcuni racconti di ‘Abdu’l-Bahá, Suo figlio maggiore e Centro del Suo Patto, tratti da A Traveller’s Narrative [Il racconto di un viaggiatore] e da The Promulgation of Universal Peace [La promulgazione della pace universale], la raccolta dei discorsi da Lui pronunziati nel 1912 durante la Sua visita negli Stati Uniti. Sono stati inclusi anche racconti di ‘Abdu’l-Bahá riportati in Bahá’u’lláh e la Nuova Era di John E. Esslemont e passi tratti da scritti di Shoghi Effendi e di Nabíl-i-A‘?am.
Quando occorrevano informazioni di supporto per comprendere il contesto dei brani o chiarire la cronologia degli eventi, sono stati inseriti brevi passi esplicativi. Inoltre, è stato aggiunto un minimo di note in calce per chiarire alcuni termini e fornire altre informazioni utili. Alla fine del libro un glossario fornisce ulteriori ragguagli, mentre una cronologia espone date di avvenimenti significativi della vita di Bahá’u’lláh e indica il periodo in cui le Sue più importanti opere furono rivelate.
Per ricordare non è né una biografia né una storia. Esso offre una visione della vita di Bahá’u’lláh per lo più attraverso le Sue parole, una visione che ci avvicina al Suo volere e al Suo scopo e ci conduce verso quello che la Casa Universale di Giustizia definisce un «convegno dell’anima con la sua Fonte di luce e di guida», un «ritirarsi nel proprio più intimo essere, la dimora dello Spirito di Bahá, quell’intimo cui Egli ci invita quando dice: “Rivolgi lo sguardo in te stesso, così che tu Mi possa trovare dentro di te, forte, possente e sufficiente a tutto”».5
Il compilatore vuole esprimere la propria gratitudine a Betty J. Fisher, editore generale della Casa editrice bahá’í degli Stati Uniti, e agli assistenti editoriali Terry J. Cassiday e Amy J. Neeb per l’infaticabile lavoro e gli intelligenti consigli.
GEOFFRY W. MARKSIl 12 novembre 1817 nasceva a ?ihrán, capitale della Persia, un fanciullo di nome Mirza ?usayn-‘Alí. Il padre era un nobiluomo, stimato ministro di Fat?-‘Alí Sháh, la madre Khadíjih Khánum. La casa degli avi della famiglia si trovava nel villaggio di Tákur nel distretto di Núr (Luce), nella provincia settentrionale del Mázindarán sulle coste del mar Caspio.
Pur avendo ricevuto una modesta educazione formale, Mirza ?usayn-‘Alí mostrò sin dall’infanzia segni di innato sapere e inusuale nobiltà di carattere, segni che lasciavano presagire il ruolo voluto da Dio che Egli avrebbe poi assunto con il titolo di Bahá’u’lláh, Gloria di Dio. La Sua rivelazione avrebbe profondamente scosso la Persia, rivoluzionato i destini del mondo e inaugurato una nuova, gloriosa era della storia umana.
IN QUEI GIORNI nasceva in un’antica e nobile famiglia di Núr un fanciullo, il cui padre era Mirza ‘Abbás, meglio conosciuto come Mirza Buzurg, stimato ministro della Corona. Quel fanciullo era Bahá’u’llá? All’alba del secondo giorno di Mu?arram, dell’anno 1233 A.H., il mondo, ignaro del significato di quest’evento, fu testimone della nascita di Colui che era destinato a riversare su di esso incalcolabili benedizioni.
?NABÍL 1EGLI TRAEVA ORIGINE, da una parte, da Abramo (il Padre dei Fedeli) attraverso la moglie Chetura e, dall’altra, da Zoroastro e Yazdigird, ultimo re della dinastia sassanide. Discendeva inoltre da Jesse e apparteneva, da parte del padre Mirza ‘Abbás meglio conosciuto come Mirza Buzurg, gentiluomo strettamente legato alla cerchia dei ministri della corte di Fat?-‘Alí Sháh, a una delle più antiche e rinomate famiglie del Mázindarán.
?SHOGHI EFFENDI 2QUANDO BAHÁ’U’LLÁH era ancora bambino, il Visir, Suo padre, fece un sogno in cui gli apparve Bahá’u’lláh Che nuotava in un oceano vasto e sconfinato. Il Suo corpo risplendeva sulle acque con tale radiosità da illuminare il mare. Intorno al Suo capo, che egli poteva vedere distintamente sopra l’acqua, si spargevano dappertutto le Sue lunghe ciocche corvine, fluttuanti in grande profusione sulle onde. Nel sogno una moltitudine di pesci si affollava intorno a Lui, e ciascuno di essi si teneva saldamente all’estremità di uno dei Suoi capelli. Affascinati dallo splendore del Suo volto, essi lo seguivano, in qualsiasi direzione nuotasse. Per quanto grande fosse il loro numero, e per quanto saldamente si afferrassero alle Sue ciocche, dal Suo capo non si staccò nemmeno un capello, né la Sua persona subì il minimo danno. Libero e indipendente, Si muoveva sulle acque e tutti Lo seguivano.
Il Visir, molto impressionato da questo sogno, chiamò un indovino, che aveva acquistato notorietà nella regione, e gli chiese di interpretarlo. Quest’uomo, come ispirato da un presagio della gloria futura di Bahá’u’lláh, dichiarò: «L’oceano illimitato che hai visto in sogno, o Visir, non è altro che il mondo dell’esistenza. Da solo e senza aiuto, tuo figlio conseguirà il sommo potere su di esso. Tutto ciò che Gli piacerà fare, potrà farlo senza intralci. Nessuno sarà in grado di opporsi al Suo cammino, nessuno potrà impedire il Suo progresso. La moltitudine dei pesci significa il trambusto che susciterà in mezzo ai popoli e alle tribù della terra. Attorno a Lui si riuniranno, e a Lui si aggrapperanno. Questo tumulto non potrà mai danneggiare la Sua persona, tutelata dall’immancabile protezione dell’Onnipotente, né la Sua solitudine sul mare della vita potrà mai mettere in pericolo la Sua salvezza».
Quest’indovino fu poi condotto a vedere Bahá’u’lláh. Egli guardò attentamente il Suo volto e ne esaminò con cura i lineamenti. Fu affascinato dal Suo aspetto e magnificò i tratti del Suo viso. Ogni espressione in quel volto rivelava ai suoi occhi un segno della Sua gloria celata. Così grande fu la sua ammirazione e così profuse furono le sue lodi per Bahá’u’lláh, che il Visir, da quel giorno, divenne ancor più appassionatamente devoto al figlio. Le parole dette dall’indovino servirono a rafforzare le sue speranze e la sua fiducia in Lui. Come Giacobbe, desiderava solo assicurare il benessere del suo amato Giuseppe e preservarLo con la sua amorevole protezione.
?NABÍL 3FIN DALL’INFANZIA Egli fu estremamente gentile e generoso; amantissimo della vita all’aperto, passava quasi tutto il Suo tempo in giardino o nei campi. Possedeva uno straordinario potere d’attrazione che era sentito da tutti cosicché era sempre circondato da numerose persone: ministri e cortigiani erano sovente intorno a Lui e anche i bambini Gli erano assai devoti. A tredici o quattordici anni era già famoso per il Suo sapere. Discuteva su qualsiasi problema Gli fosse posto e, nel discutere con gli ‘Ulamá (grandi sacerdoti), spiegava loro le più intricate questioni religiose così che costoro Lo ascoltavano col più grande interesse.
?‘ABDU’L-Bahá 4Le straordinarie capacità di Bahá’u’lláh furono largamente riconosciute sin dalla Sua gioventù e tutti si aspettavano che sarebbe succeduto al padre e avrebbe assunto una posizione di rilievo. Il Suo disinteresse per la carriera di ministro dello Scià fece scalpore e suscitò numerosi commenti.
A diciassette anni Bahá’u’lláh sposò Ásíyih Khánum, descritta come donna intelligentissima, affascinante, vivace e straordinariamente bella. Era la sorella minore del marito della sorella maggiore di Bahá’u’lláh e, come Bahá’u’lláh, proveniva da una famiglia nobile e facoltosa. La sua dote nuziale era così cospicua che per trasportarla nella casa di Bahá’u’lláh occorsero quaranta muli.
Nei primi anni della loro vita coniugale Bahá’u’lláh e Ásíyih Khánum si dedicarono alla beneficenza. La figlia, Bahíyih Khánum, racconta che essi «partecipavano il meno possibile alle funzioni di stato, alle cerimonie ufficiali e alle lussuose abitudini delle normali famiglie persiane altolocate e facoltose in terra persiana», «reputavano insignificanti questi piaceri mondani e preferivano invece prendersi cura dei poveri e di tutti coloro che fossero infelici o in difficoltà». Per questi atti di servizio divennero famosi dappertutto come «Padre dei poveri» e «Madre della consolazione».
Pressappoco nel periodo in cui Bahá’u’lláh Si sposò, Suo padre, Mirza Buzurg, si trovò in difficoltà. Un anno prima era morto Fat?-‘Alí Sháh e gli era succeduto il nipote, Mu?ammad Shá? Il primo ministro di quest’ultimo, ?ájí Mirza Áqásí, era un individuo arrogante e vendicativo. Per i crimini che in seguito perpetrò contro il Báb Shoghi Effendi lo definì «l’Anticristo della Rivelazione Bábí». Avendo saputo che Mirza Buzurg era rimasto inorridito di fronte al ruolo che egli aveva avuto nell’assassinio del proprio predecessore, ?ájí Mirza Áqásí si vendicò togliendogli il governatorato, decurtando il suo appannaggio annuale e facendolo divorziare dalla sorella di Fat?-‘Alí Sháh che egli aveva sposato qualche anno prima. Così oltre a perdere le entrate, Mirza Buzurg dovette anche affrontare un costoso divorzio. Poiché l’ex moglie gli mandava tutti i giorni i suoi sgherri a picchiarlo per estorcergli denaro, fu costretto a vendere affrettatamente e a bassissimo prezzo il suo complesso di case a ?ihrán e molti preziosi arredi. Morì pochi anni dopo. Malgrado fosse ostile a Mirza Buzurg, ?ájí Mirza Áqásí teneva Bahá’u’lláh in alta considerazione, Lo trattava con grande rispetto e Gli parlava come a un figlio.
@C’ERA A ?IHRÁN... un giovane della famiglia di un ministro e di nobile lignaggio, dotato sotto ogni aspetto e adorno di purezza e nobiltà. Nonostante il nobile lignaggio e le relazioni altolocate e sebbene i Suoi avi fossero uomini di fama in Persia e ricercati da tutti, tuttavia non apparteneva a una stirpe di dottori o a una famiglia di studiosi. Ora questo Giovane sin dalla prima adolescenza fu famoso fra i personaggi della classe dei ministri, fra parenti ed estranei a causa della Sua sincerità e sin dall’infanzia fu considerato straordinario per sagacia e tenuto in alta considerazione agli occhi dei saggi. Ma, a differenza dei Suoi avi, Egli non desiderava un alto rango né cercava avanzamenti a posizioni splendide ma transitorie. Le Sue grandissime capacità erano tuttavia riconosciute da tutti e il Suo eccezionale acume e la Sua intelligenza erano universalmente ammessi. Godeva di una straordinaria stima agli occhi del popolo e in tutte le riunioni e le assemblee faceva meravigliosi discorsi e presentazioni. Malgrado la mancanza di istruzione e di educazione, l’acutezza della Sua perspicacia e la prontezza del Suo intuito erano tali che quando nella prima giovinezza Si presentava in un’assemblea dove si discutesse di temi teologici o metafisici e apriva bocca alla presenza di uno stuolo di dottori e di studiosi, tutti i presenti erano sbalorditi, considerando la cosa come una sorta di prodigio al di là della comprensione naturale per la razza umana. Sin dai primi anni Egli fu la speranza dei congiunti e insostituibile nella famiglia e nella razza, anzi il loro rifugio e il loro asilo.
?‘ABDU’L-Bahá 1BAHÁ’U’LLÁH AVEVA ventidue anni quando Suo padre morì e il Governo, secondo le consuetudini del Paese, desiderava che Egli subentrasse nel posto che il padre occupava al Ministero, ma Bahá’u’lláh declinò l’offerta. Allora il Primo Ministro disse: «Lasciatelo fare, giacché la carica non è degna di lui. Egli ha in vista mète più elevate; io non posso capirlo, ma sono convinto che è destinato a una carriera superiore; i suoi pensieri non sono come i nostri; lasciatelo stare».
?‘ABDU’L-Bahá 2@ERA GENEROSISSIMO e donava abbondantemente ai poveri. Nessuno di coloro che si rivolgevano a Lui veniva respinto. Le porte della Sua casa erano aperte a tutti. Questa illimitata generosità suscitava uno stupore ancor maggiore perché Egli non cercava né posizione sociale né rinomanza. Commentando la cosa, i Suoi amici dicevano che sarebbe diventato povero, perché le Sue spese erano molte e la Sua ricchezza andava sempre più scemando. «Perché non pensa ai propri interessi?» si chiedevano fra loro. Ma i più saggi dichiaravano: «Questo personaggio è legato a un altro mondo. Ha in sé qualcosa di sublime che ora non è evidente. Verrà il giorno in cui si manifesterà». In verità, la Perfezione Benedetta era un rifugio per i deboli, un riparo per i timorosi, gentile con ogni povero, benevolo e amorevole con tutte le creature.
?‘ABDU’L-Bahá 3La reputazione di giovane di ragguardevoli capacità di cui Bahá’u’lláh godeva e il favore del primo ministro, ?ájí Mirza Áqásí, suscitarono contro di Lui la gelosia di ministri che temevano l’alta posizione cui si pensava Egli sarebbe salito. Fu anche inevitabile un confronto con il perfido primo ministro, che prevedibilmente avrebbe prima o poi chiesto a Bahá’u’lláh di appoggiarlo in uno dei suoi intrighi. La correttezza del comportamento di Bahá’u’lláh verso il primo ministro e la Sua abilità nel gestire il confronto pur uscendone indenne sono un segno della sua incrollabile adesione ai principi e della protezione divina su di Lui.
UN GIORNO, MENTRE attraversava il villaggio di Quch-?isár, che apparteneva a Bahá’u’lláh, [?ájí Mirza Áqásí] fu così colpito dal fascino e dalla bellezza del luogo e dall’abbondanza delle sue acque che concepì l’idea di divenirne proprietario. Bahá’u’lláh, che egli aveva invitato a effettuare la vendita immediata del villaggio, osservò: «Se questa proprietà fosse stata interamente mia, avrei soddisfatto volentieri il tuo desiderio. Questa effimera vita, con tutti i suoi sordidi beni, non è degna di attaccamento ai miei occhi, e tanto meno lo è questo piccolo insignificante possedimento. Ma poiché un certo numero di altre persone, ricche e povere, alcune adulte e altre ancora minorenni, sono comproprietarie con me di questa terra, ti chiedo di proporre l’argomento a loro, e di cercare di avere il loro consenso». Non soddisfatto da questa risposta, ?ájí Mirza Áqásí cercò, con mezzi fraudolenti, di raggiungere il suo scopo. Bahá’u’lláh, appena fu informato delle sue malvagie mene, trasferì subito, con il consenso di tutti gl’interessati, il titolo della proprietà al nome della sorella di Mu?ammad Sháh, la quale aveva già più volte espresso il desiderio di divenirne proprietaria. Lo ?ájí, furioso per la transazione, ordinò che il possedimento fosse preso con la forza, proclamando di averlo già comperato dal proprietario originario. I rappresentanti di ?ájí Mirza Áqásí furono aspramente redarguiti dagli agenti della sorella dello Scià, e furono invitati ad informare il loro padrone che la signora era decisa a difendere i propri diritti. Lo ?ájí riferì il caso a Mu?ammad Sháh, e si lamentò per l’ingiustizia subita. Quella stessa notte, la sorella dello Scià aveva informato questi della natura della transazione. «Molte volte», aveva detto al fratello, «voi, Maestà Imperiale, avete benignamente espresso il desiderio che io vendessi i gioielli con cui sono solita adornarmi alla vostra presenza, e che con il ricavato acquistassi alcune proprietà. Sono riuscita infine ad esaudire i vostri desideri. Ma ?ájí Mirza Áqásí è ora deciso a strapparmele con la forza». Lo Scià rassicurò la sorella, e ordinò allo ?ájí di rinunziare alle sue pretese. Questi, disperato, chiamò al suo cospetto Bahá’u’lláh, e con ogni mezzo cercò di gettare il discredito sul Suo nome. Alle accuse che mosse contro di Lui, Bahá’u’lláh rispose con forza e riuscì a provare la propria innocenza. Nella sua ira impotente, il Gran Visir esclamò: «Qual è lo scopo di tutte queste feste e banchetti nei quali sembra che ti delizi? Io, che sono il Primo Ministro dello Sháhansháh di Persia, non ricevo mai tanti e svariati ospiti quanti quelli che si affollano attorno alla tua tavola ogni notte. Perché questa prodigalità e questa vanità? Sicuramente stai tramando un complotto contro di me». «Buon Dio!», Bahá’u’lláh rispose, «l’uomo che, per la grandezza del suo cuore, divide il pane con il prossimo, deve forse essere accusato di nutrire intenzioni criminali?». ?ájí Mirza Áqásí fu del tutto confuso. Non osò dare risposta. Benché sostenuto da tutte le forze ecclesiastiche e laiche di Persia, in ogni lotta che ardì fare contro Bahá’u’lláh, si trovò alla fine totalmente sconfitto.
In altre circostanze, la supremazia di Bahá’u’lláh sui Suoi oppositori fu in ugual modo dimostrata e riconosciuta. Questi trionfi personali da Lui ottenuti, servirono a rafforzare la Sua posizione e a diffondere la Sua fama. Uomini d’ogni ceto si meravigliavano di fronte alla Sua miracolosa capacità di uscire illeso dai più pericolosi scontri. Solo la protezione Divina, pensavano, poteva averLo salvato in simili circostanze. Neppure una volta Bahá’u’lláh, anche se era minacciato dai più gravi pericoli, Si sottomise all’arroganza, alla bramosia, alla perfidia di coloro che Lo circondavano. Sebbene in quei giorni fosse sempre in contatto con i più alti dignitari del regno, sia ecclesiastici sia laici, non Si accontentò mai di aderire semplicemente ai punti di vista che essi esprimevano o alle proposte che avanzavano. Nelle loro riunioni, sostenne senza paura la causa della verità, asserì i diritti degli oppressi, difese i deboli e protesse gl’innocenti.
?NABÍL 4Nel 1819, due anni dopo la nascita di Bahá’u’lláh, nella città di Shíráz nella provincia meridionale del Fárs, nacque un fanciullo di nome Siyyid ‘Alí-Mu?ammad. Era figlio di un mercante e, come attesta il titolo di Siyyid, discendeva dal profeta Mu?ammad da parte di entrambi i genitori. Quando era ancora bambino, la dignità e la serenità del Suo comportamento e il fervore con cui recitava le preghiere Lo distinguevano dagli altri ragazzi, mentre la Sua intelligenza e la Sua nobiltà di carattere tanto stupirono il Suo maestro che un giorno questi Lo riportò a casa, dicendo allo zio che quel ragazzo non aveva bisogno di istruzione.
Nel 1844, quando Bahá’u’lláh aveva 26 anni, Siyyid ‘Alí-Mu?ammad annunciò a Shíráz di essere il Báb, ossia la Porta, il precursore del latore di una rivelazione ancor più grande, il Cui avvento era imminente, per il Cui volere Egli Si muoveva e sulla Cui via desiderava sacrificare la vita. Annunciò inoltre di essere il Qá’im, il Messaggero di Dio promesso nel Corano che avrebbe inaugurato una nuova era di giustizia.
La prima persona alla quale il Báb dichiarò la Sua missione la sera del 22 maggio 1844 fu Mullá ?usayn-i-Bushrú’í. Egli e le altre diciassette persone che dopo di lui cercarono e trovarono il Báb da soli e senza aiuto furono poi conosciuti come Lettere del Vivente. Il Báb li inviò in varie parti della Persia e del Turkistán a portare l’appello del nuovo giorno. A Mullá ?usayn il Báb assegnò la speciale missione di recarsi a ?ihrán, dicendo: «In quella città è nascosto un segreto. Quando sarà svelato, trasformerà la terra in un paradiso. È Mia speranza che tu possa cogliere la sua grazia e riconoscere il suo splendore». Il Báb assicurò Mullá ?usayn che quel Mistero era di tale trascendente santità che né Shíráz né l’?ijáz, la patria di Mu?ammad, potevano sperare di emularlo.
Giunto a ?ihrán, Mullá ?usayn si sistemò in un seminario il cui direttore egli invitò ad accettare il Báb. Questi non rispose al messaggio. Se ne interessò invece Mullá Mu?ammad, studente di Núr, nella provincia del Mázindarán, che per caso aveva sentito la conversazione. Mirza Músá, il fratello di Bahá’u’lláh, ha raccontato la seguente storia che gli è stata riferita da Mullá Mu?ammad:
«Dimmi»... chiese... Mullá ?usayn, «c’è qualcuno oggi nella famiglia del defunto Mirza Buzurg-i-Nurí, che era così rinomato per il suo carattere, il suo fascino e la sua preparazione artistica e intellettuale, che si sia mostrato capace di perpetuare le alte tradizioni di quella illustre stirpe?».
«Sì», risposi, «tra i suoi figli viventi, uno Si è distinto per gli stessi tratti che caratterizzavano il padre. Con la Sua vita virtuosa, le Sue alti doti, la Sua bontà e generosità, Egli ha dato prova di essere il nobile discendente di un nobile genitore».
«Di che cosa Si occupa?» mi chiese.«Dà consolazione agli afflitti e cibo agli affamati», risposi io.
«Che cosa mi dici del Suo rango e della Sua posizione sociale?»
«Non ne ha affatto», dissi «è solo amico dei poveri e degli stranieri».
«Qual è il Suo nome?»«La Sua calligrafia favorita è lo shikastih-nasta‘líq».
«Come passa il tempo?»«Vaga tra i boschi e gode delle bellezze della campagna».
«Quanti anni ha?»Il fervore con cui Mullá ?usayn mi interrogò e il senso di gioia con cui accolse ogni particolare che gli riferii, mi sorpresero molto. Rivolto a me, con il viso raggiante di soddisfazione e di gioia, mi chiese ancora: «Suppongo che tu Lo incontri spesso?»
«Faccio spesso visita alla Sua casa», risposiMi disse: «Consegneresti nelle Sue mani un plico da parte mia?»
«Certamente», risposi. Mi dette allora un rotolo avvolto in un pezzo di stoffa e mi chiese di consegnarlo a Lui il giorno successivo, all’alba.
«Se Egli Si degnerà di rispondermi», aggiunse, «sarai così gentile da informarmi della Sua risposta?». Presi il rotolo e, sul far del giorno, mi mossi per fare quello che egli desiderava.
Quando fui vicino alla casa di Bahá’u’lláh, riconobbi Suo fratello Mirza Músá, che stava sulla soglia, e gli comunicai lo scopo della mia visita. Egli entrò in casa e riapparve subito con un messaggio di benvenuto. Fui introdotto al Suo cospetto e presentai il rotolo a Mirza Musá, che lo depose di fronte a Bahá’u’llá? Egli ci fece sedere entrambi. Aperto il rotolo, dette uno sguardo al contenuto e incominciò a leggerne ad alta voce alcuni passi. Stavo seduto rapito mentre ascoltavo il suono della Sua voce e la dolcezza della sua melodia. Aveva letto una pagina del rotolo quando, rivolto al fratello, disse: «Músá, cos’hai da dire? in verità ti dico, chi crede nel Corano e ne riconosce l’origine divina e tuttavia esita, anche per un solo momento, ad ammettere che queste toccanti parole sono dotate della stessa forza rigeneratrice, ha senz’altro errato nel suo giudizio e si è allontanato dal sentiero della giustizia». Non disse altro. Congedandomi dalla Sua presenza, mi incaricò di portare a Mullá ?usayn, come dono da parte Sua, un pezzo di zucchero russo e un pacco di tè e di porgergli i sensi del Suo apprezzamento e del Suo amore.7
Mi alzai e, pieno di gioia, corsi da Mullá ?usayn e gli porti il dono e il messaggio di Bahá’u’llá? Con quanta gioia ed esultanza li accolse! Non ho parole per descrivere l’intensità della sua emozione. Balzò in piedi, ricevette a capo chino il dono dalle mie mani e lo baciò con fervore. Mi prese poi tra le braccia, mi baciò gli occhi e disse: «Mio amato amico! Prego che, come tu hai rallegrato il mio cuore, così possa Iddio concederti felicità eterna e colmarti il cuore di allegrezza imperitura».
Fui stupito dal comportamento di Mullá ?usayn. Quale poteva essere, pensai tra me, la natura del vincolo che legava queste due anime? Cosa poteva aver acceso un’amicizia così ardente nel loro cuore? Perché Mullá ?usayn, ai cui occhi la pompa e le cerimonie della regalità non erano che inezie, aveva mostrato tale gioia alla vista del dono così insignificante di Bahá’u’lláh? Rimasi perplesso di fronte a questo pensiero e non seppi penetrarne il mistero.
Pochi giorni dopo, Mullá ?usayn partì per il Khurásán. Salutandomi mi disse: «Non parlare a nessuno di ciò che hai udito e visto. Lascia che rimanga un segreto celato nel tuo petto. Non divulgare il Suo nome, poiché coloro che invidiano la Sua posizione insorgeranno per farGli del male. Nei tuoi momenti di meditazione, prega che l’Onnipotente Lo protegga e che, per mezzo Suo, Egli possa innalzare l’umiliato, arricchire il povero e redimere il reprobo. Il segreto delle cose è nascosto ai nostri occhi. Noi abbiamo il dovere di lanciare l’appello del Nuovo Giorno e di proclamare questo Messaggio Divino a tutti i popoli. Molte persone, in questa città, verseranno il loro sangue su questo sentiero. Quel sangue bagnerà l’Albero di Dio e lo farà prosperare, finché esso coprirà con la sua ombra tutta l’umanità».8
Egli [Bahá’u’lláh] era nel fiore degli anni quando Gli giunse l’appello da Shíráz. A ventisette anni di età, Si levò a consacrare la vita al suo servizio, accettò coraggiosamente i suoi insegnamenti e Si distinse per la parte esemplare che svolse nella sua diffusione. Nessuno sforzo era troppo grande per l’energia di cui era dotato, nessun sacrificio troppo doloroso per la devozione che la Sua fede Gli aveva ispirato. Mise da parte ogni considerazione di fama, ricchezza e rango per proseguire il compito che desiderava ardentemente svolgere. Né i rimproveri degli amici né le minacce dei nemici poterono indurLo a cessare di difendere una Causa che gli uni e gli altri consideravano la Causa di una setta oscura e proscritta.9
?NABÍLIN VERITÀ, CREDIAMO fermamente in Colui Che, nella persona del Báb, è stato inviato per Volontà dell’unico vero Dio, il Re dei Re, il Lodatissimo. Giuriamo inoltre fedeltà a Colui Che è destinato a manifestarSi al tempo del Mustagháth, come pure a coloro che verranno dopo di Lui fino alla fine che non ha fine. Riconosciamo nella manifestazione di ciascuno di loro, esteriormente e interiormente, la manifestazione di null’altro che Dio stesso, se solo foste di coloro che comprendono! Ciascuno di loro è uno specchio di Dio, che non riflette altro che la Sua Persona, la Sua Beltà, la Sua Potenza e la Sua Gloria, se voleste capirlo. Tutti tranne loro devono essere considerati specchi capaci di riflettere la gloria di queste Manifestazioni Che sono lo Specchio Principale dell’Essere Divino, se solo non mancaste di comprensione! Nessuno ha mai potuto sfuggire a loro, nessuno deve ostacolarli nel conseguimento del loro scopo. Questi Specchi si succederanno per l’eternità e continueranno a riflettere la luce dell’Antico dei Giorni. Coloro che rispecchiano la loro gloria continueranno, similmente, a esistere per sempre, poiché la Grazia di Dio non può cessare di fluire. Questa è una verità che nessuno può confutare.
?BAHÁ’U’LLÁH 1MAGNIFICA, O SIGNORE mio Dio, Colui Che è il Punto Primo, il Divino Mistero, l’Invisibile Essenza, la Stella Mattutina della Divinità e la Manifestazione della Tua Regalità, per il Quale tutta la sapienza del passato e tutta la sapienza del futuro furono chiarite, per il Quale le perle della Tua celata saggezza furono scoperte e il mistero del Tuo prezioso Nome fu svelato, Quei Che nominasti Annunciatore di Colui pel Cui nome le lettere dell’eterno Sii furono unite, per il Quale la Tua Maestà, la Tua sovranità e la Tua potenza furono rivelate, pel Quale le Tue parole furono inviate, e le Tue leggi enunciate con chiarezza, e i Tuoi segni sparsi lontano, e la Tua parola insediata, per il Quale il cuore dei Tuoi prediletti furono messi a nudo, e tutti quelli che erano nei cieli e sulla terra furono riuniti insieme, Colui Che chiamasti ‘Alí-Mu?ammad10 nel regno dei Tuoi nomi, e Spirito degli Spiriti nelle Tavole del Tuo irrevocabile decreto, Colui Che investisti del Tuo stesso titolo, al Cui nome tutti gli altri nomi sono stati ricondotti secondo il Tuo comando e in forza del Tuo potere, e nel Quale facesti sì che tutti i Tuoi attributi e titoli raggiungessero il compimento finale. A Lui inoltre appartengono quei nomi che giacciono celati nei Tuoi immacolati tabernacoli, nel Tuo mondo invisibile e nelle Tue città santificate.
Magnifica, altresì, quelli che hanno creduto in Lui e nei Suoi segni e Gli si sono rivolti, fra coloro che hanno riconosciuto la Tua unità nella Sua Più Recente Manifestazione – Manifestazione di cui Egli ha fatto menzione nelle Sue Tavole, nei Suoi Libri, nelle Sue Scritture e in tutti i mirabili versetti e preziosi detti che sono su Lui discesi. È questa quella Manifestazione il cui Patto a Lui ingiungesti di stilare prima del Suo stesso Patto. Egli è Colui la Cui lode il Bayán ha celebrato. In esso la Sua eccellenza è stata esaltata, la Sua verità dimostrata, la Sua sovranità proclamata e la Sua Causa perfezionata. Benedetto l’uomo che si è volto a Lui e ha adempiuto ciò che Egli ha comandato, o Tu Che sei il Signore dei mondi e il Desiderio di tutti coloro che Ti hanno conosciuto!
Lodato Tu sia, o mio Dio, poiché ci hai aiutati a riconoscerLo e ad amarLo. Perciò T’imploro per Lui e per Coloro Che sono le Stelle Mattutine della Tua Divinità e le Manifestazioni della Tua Regalità e i Tesori della Tua Rivelazione e i Depositari della Tua ispirazione, di concederci di servirLo e di obbedirGli e di darci il potere di divenire alleati della Sua Causa e di sbaragliare i Suoi avversari. Tu hai il potere di fare tutto quello che ti piace. Non vi è altro Dio che Te, l’Onnipotente, il Gloriosissimo, Colui il Cui aiuto è ricercato da tutti gli uomini.
? BAHÁ’U’LLÁH 2BENEDICI, O SIGNORE mio Dio, il Punto Primo per il Quale il centro della creazione è stato fatto ruotare nel mondo visibile e in quello invisibile, Che designasti come Colui al Quale deve ritornare qualunque cosa debba ritornare a Te e Rivelatore di tutto ciò che può da Te essere manifestato. Benedici altresì le Sue Lettere che non si sono allontanate da Te, che sono solidamente radicate nel Tuo amore, che si sono tenacemente aggrappate al Tuo compiacimento. Benedici similmente, fino a quando duri il Tuo Essere e permanga la Tua Essenza, coloro che hanno subìto il martirio sulla Tua via. Tu sei, invero, Colui Che sempre perdona, il Misericordiosissimo.
T’imploro, inoltre, o mio Dio – per Colui Che ci annunziasti in tutte le Tue Tavole, i Tuoi Libri, le Tue Pergamene e le Tue Scritture, per il Quale il regno dei nomi è stato sconvolto e tutto ciò che è nascosto nel petto di coloro che hanno seguito i propri turpi e corrotti desideri è stato rivelato – T’imploro di rafforzarci nell’amore per Lui e di renderci saldi nella Sua Causa e di aiutarci a favorire i Suoi amati e a sfidare i Suoi nemici. Proteggici, o mio Dio, dalla malvagità di coloro che hanno negato la Tua presenza, e girato le spalle al Tuo volto, e deciso di por fine alla vita di Colui Che è la Manifestazione del Tuo Essere.
? BAHÁ’U’LLÁH 3Quando ebbe ricevuta da Mullá ?usayn una lettera nella quale questi riferiva di aver felicemente consegnato il Suo pegno a Bahá’u’lláh, il Báb partì in pellegrinaggio per la Mecca con Quddús, la diciottesima e la più eminente delle Lettere del Vivente. Mentre Si trovava alla Mecca, il Báb eseguì i riti tradizionali e poi, di fronte a una grande folla di pellegrini, afferrò la campana sulla porta della Caaba e gridò ad alta voce per tre volte: «Io sono il Qá’im il cui avvento state aspettando». Al suono della voce del Báb, un improvviso silenzio cadde sulla folla brulicante di pellegrini, che per la maggior parte non riuscirono a cogliere il significato delle Sue parole.
Nel frattempo, i discepoli del Báb si dedicarono a diffondere in tutta la Persia la notizia del Suo avvento. Il tumulto provocato dalle loro attività indusse il governatore del Fárs a inviare nel porto di Bushihr un plotone di soldati per arrestare il Báb al Suo ritorno in Persia e condurLo a Shíráz. Qui il Báb fu severamente redarguito alla presenza del governatore e brutalmente percosso nel viso. Rilasciato sulla parola, trascorse alcuni mesi agli arresti domiciliari nella casa di uno zio. In quel periodo concesse tre colloqui a un emissario dello Scià, Siyyid Yahyáy-i-Dárábí, che era stato mandato per esaminare le Sue affermazioni. In seguito a questi incontri con il Báb, Siyyid Ya?yá (più tardi soprannominato Va?íd) fu completamente conquistato alla Sua Causa.
Gli insegnamenti del Báb sconvolsero Shíráz. La conversione di Va?íd, di altri eminenti prelati e di un crescente numero di persone in tutto il paese suscitò grande preoccupazione fra il clero e nel settembre 1846 il Báb fu mandato da Shíráz a I?fáhán, dove trascorse qualche mese di relativa tranquillità. Ma poiché in Isfahán un numero crescente di persone, compreso il governatore, dichiararono fedeltà al Báb, ?ájí Mirza Áqásí, il primo ministro, incominciò a temere che il colloquio fra il Báb e Mu?ammad Sháh che il governatore stava cercando di organizzare avrebbe fatto cadere lo Scià sotto il fascino del Báb. ?ájí Mirza Áqásí bloccò l’ordine dello Scià che il Báb fosse condotto a ?ihrán e Lo fece mandare nel castello di Máh-Kúh nella remota regione montana dell’Ádhirbáyján, dove Egli giunse nel luglio del 1847. Il rigore del Suo isolamento fu ben presto mitigato poiché il custode e la gente dei dintorni del castello furono affascinati dalla Sua amorevole influenza e così i pellegrini Bábí, fra cui Mullá ?usayn, poterono venire a vederLo. Nell’aprile del 1848, informato di questi sviluppi, ?ájí Mirza Áqásí trasferì il Báb nella fortezza di Chihríq, dove Egli rimase fino a poco prima di essere fucilato il 9 luglio 1850 a Tabríz.
?áhirih e la conferenza di BadashtPoco dopo essere arrivato nella prigione-fortezza di Chihríq, il Báb inviò una lettera a tutti i Bábí della Persia, convocandoli nel Khurásán. ?áhirih, una delle Lettere del Vivente e la più eminente donna della Dispensazione Bábí, era diretta nel Khurásán da Baghdád, quando incontrò una delegazione inviatale dal padre per convincerla a rimandare il viaggio e a far visita alla famiglia a Qazvín. Ella acconsentì con riluttanza e si fermò nella casa del padre, rifiutandosi di ricongiungersi al marito, un prete arrogante e infido.
?ájí Mulla Taqí, suocero e zio di ?áhirih e illustre esponente del clero musulmano, era un fiero oppositore della Fede del Báb. Irritato dalle convinzioni di ?áhirih e dal suo rifiuto di riconciliarsi con suo figlio, intensificò i suoi attacchi dal pulpito contro il Báb e i Suoi araldi, Shaykh A?mad e Siyyid Ká?im. Al sentire i velenosi sermoni di ?ájí Mullá Taqí, un ammiratore di Shaykh A?mad e Siyyid Ká?im si infuriò e lo pugnalò a morte nella moschea.
Sebbene i Bábí di Qazvín fossero innocenti da qualsiasi implicazione nell’assassinio, tre di loro furono arrestati e sommariamente giustiziati. Bahá’u’lláh, Che aveva dato assistenza economica ai Bábí ingiustamente accusati, fu arrestato e messo in prigione a ?ihrán, poiché la famiglia di ?ájí Mullá Taqí Lo aveva ingiustamente accusato di complicità nell’assassinio. Nel giugno 1848 ?áhirih, che era stata messa agli arresti domiciliari e poi liberata per intervento di Bahá’u’lláh, raggiunse i suoi compagni di fede nel borgo di Badasht nel Khurásán. Qui, nei giardini presi in affitto da Bahá’u’lláh, ebbe luogo una conferenza che si prefiggeva di mandare in vigore la rivelazione del Báb rompendo improvvisamente e drammaticamente con l’Islam. Scopo secondario della conferenza, destinato a fallire sin dal principio, era la formulazione di un piano per liberare il Báb.
?áhirih fu lo strumento per mezzo del quale si realizzò la rottura con le leggi e i costumi musulmani. Bahá’u’lláh, Che era in corrispondenza con il Báb ed era la mano che guidava le attività dei Bábí, presiedette con discrezione ma efficacemente allo svolgimento della conferenza e la controllò. Ogni giorno rivelò una Tavola che veniva cantata di fronte ai credenti riuniti e a ciascuno dei presenti conferì un nuovo nome senza far sapere da quale fonte quel nome provenisse. Da allora in poi Egli fu conosciuto con il titolo di Bahá (Gloria).
?áhirih, nota fino ad allora con il titolo di Qurratu’l-‘Ayn (Consolazione degli Occhi) e considerata la quintessenza della castità e l’incarnazione di Fá?imih (la figlia di Mu?ammad), strabiliò i partecipanti presentandosi di fronte a tutti senza velo. La violazione di un così fondamentale codice di comportamento islamico gettò la conferenza nello scompiglio. Un uomo ne fu così inorridito che si tagliò la gola, mentre altri rinunciarono alla loro fede. Mantenendo la sua posizione, ?áhirih proclamò eloquentemente l’inaugurazione della nuova Dispensazione e invitò i compagni di fede a celebrare la solenne occasione.
Malgrado il furore suscitato da ?áhirih, lo scopo principale della conferenza fu pienamente conseguito e da quel momento in poi l’indipendenza della rivelazione del Báb fu asserita.
STAVAMO CELEBRANDO, in compagnia di alcuni distinti notabili, le nozze di un principe di sangue reale di ?ihrán, quando ad un tratto comparve sulla porta Siyyid A?mad-i-Yazdí, padre di Siyyid ?usayn, l’amanuense del_ Báb. Ci fece un cenno come se portasse un messaggio importante e desiderasse consegnarlo immediatamente. Ma in quel momento non potevamo abbandonare la riunione e gli facemmo cenno di aspettare. Quando la riunione si fu sciolta, egli Ci informò che ?áhirih era stata rigorosamente confinata a Qazvín e che la sua vita era in grave pericolo. Chiamammo subito Mu?ammad-Hádíy-i-Farhádí e gli impartimmo le istruzioni necessarie perché la liberasse dalla prigionia e la scortasse fino alla capitale. Poiché il nemico si era impadronito della Nostra abitazione, non potevamo ospitarla indefinitamente a casa Nostra. Di conseguenza, organizzammo il suo trasferimento dalla Nostra abitazione a quella del Ministro della Guerra,11 che, in quei giorni, era caduto in disgrazia presso il Sovrano ed era stato relegato a Káshán. Chiedemmo a sua sorella, che era ancora tra i Nostri amici, di fare da ospite a ?áhiri?
Ella rimase in sua compagnia, finché non Ci giunse all’orecchio l’invito del Báb, che Ci ordinava di andare nel Khurásán. Decidemmo che ?áhirih andasse immediatamente in quella provincia e incaricammo Mirza12 di condurla in un luogo fuori dalle porte della città e da qui nella località vicina che giudicava più adatta. Ella fu condotta in un giardino, vicino al quale c’era un edificio abbandonato, dove trovarono un vecchio che faceva da custode. Mirza Musá ritornò e Ci informò dell’accoglienza che gli era stata fatta e lodò molto la bellezza del paesaggio circostante. In seguito organizzammo la sua partenza per il Khurásán e promettemmo di seguirla entro breve tempo.
La raggiungemmo presto a Badasht, dove prendemmo in affitto un giardino per il suo uso personale e nominammo suo custode lo stesso Mu?ammad-Hádí che l’aveva liberata. Con Noi c’erano circa settanta compagni, che alloggiavano in un luogo vicino al giardino.
Un giorno Ci ammalammo e rimanemmo a letto. ?áhirih Ci mandò a chiedere il permesso di venire a farCi visita. Fummo sorpresi dal suo messaggio ed eravamo perplessi sulla risposta da darle. D’improvviso la vedemmo sulla porta, il volto senza veli davanti a Noi. Mirza Áqá Ján13 ha commentato bene quell’avvenimento. «E’ necessario che il volto di Fá?imih», disse, «sia svelato il Giorno del Giudizio e appaia senza veli davanti agli occhi degli uomini. in quel momento si udirà la voce dell’Invisibile dire: “Distogliete lo sguardo da ciò che avete veduto”».
Che grande costernazione colse i compagni quel giorno! Il loro cuore si riempì di timore e di smarrimento. Alcuni, incapaci di sopportare quella che per loro era una ripugnante deviazione dai costumi consacrati dell’Islám, fuggirono inorriditi davanti al suo volto, e costernati, cercarono rifugio in un castello abbandonato nelle vicinanze. Tra coloro che furono scandalizzati dal suo comportamento e si distaccarono completamente da lei c’erano il Siyyid-i-Nahrí e suo fratello Mirza Hádí, ai quali facemmo sapere che non giovava loro abbandonare i compagni e rifugiarsi in un castello.
Infine, i Nostri amici si dispersero, lasciandoCi alla mercé dei Nostri nemici.
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In quel tempo Ci proponemmo di mandare Mu?ammad-Hádíy-i-Farhádí a Qazvín, al fine di ottenere la liberazione di ?áhirih e di condurla a ?ihrán; Shaykh Abu-Turáb Ci scrisse affermando che un tale tentativo comportava gravi rischi e poteva scatenare un tumulto senza precedenti. Rifiutammo di lasciarCi distogliere dal Nostro intento. Lo Shaykh era un uomo dal cuore gentile, aveva un temperamento semplice e umile e si comportava con grande dignità. Ma gli mancavano coraggio e determinazione e in certe occasioni si mostrava debole.
? BAHÁ’U’LLÁH 1Dopo la conferenza di Badasht, Bahá’u’lláh, ?áhirih e Quddús decisero di andare nel Mázindarán. Durante il viaggio passarono per il villaggio di Níyalá, dove incontrarono oltre cinquecento paesani ostili la cui opposizione era stata suscitata dagli eccessi cui un gruppo di Bábí che avevano partecipato alla conferenza di Badasht si era abbandonato. Fraintendendo l’atto compiuto da ?áhirih nel togliersi il velo come un’autorizzazione alla licenziosità, questi Bábí avevano abusato della libertà che la abrogazione della legge islamica da parte del Báb aveva conferito loro. Le loro azioni, come dice Nabíl, «scatenarono l’ira dell’Onnipotente e causarono la loro immediata sconfitta», e tuttavia ebbero infelici conseguenze per Bahá’u’lláh e per i Suoi compagni.
ERAVAMO TUTTI RIUNITI nel villaggio di Níyálá e stavamo riposando ai piedi di un monte, quando, all’alba, fummo improvvisamente destati dalle pietre che la popolazione dei dintorni ci stava scagliando addosso dalla cima del monte. La violenza del loro attacco indusse i nostri compagni a fuggire terrorizzati e costernati. Vestii Quddus con le mie vesti e lo mandai in un luogo sicuro, dove intendevo raggiungerlo. Ma quando arrivai, egli se n’era andato. Nessuno dei nostri compagni era rimasto a Níyálá tranne ?áhirih e un giovanotto di Shíráz, Mirza ‘Abdu’llá? La violenza dell’assalto sferrato contro di noi aveva seminato la desolazione nel nostro campo. Non trovai nessuno a cui affidare in custodia ?áhirih, tranne quel giovanotto, che mostrò in quell’occasione un coraggio e una determinazione veramente sorprendenti. Con la spada in pugno, imperterrito davanti al selvaggio assalto degli abitanti del villaggio, che avevano fatto irruzione per depredarci dei nostri averi, egli balzò avanti per fermare la mano degli assalitori. Benché ferito in molte parti del corpo, rischiò la vita per proteggere i nostri beni. Gli ordinai di fermarsi. Quando il tumulto si fu placato, mi avvicinai ad alcuni degli abitanti del villaggio e riuscii a convincerli della crudeltà e dell’infamia del loro comportamento. In seguito riuscii a recuperare una parte dei nostri beni rapinati.
? BAHÁ’U’LLÁH 2Dopo l’incidente di Níyálá, Bahá’u’lláh proseguì il Suo viaggio verso Núr, dove Si trattenne per il resto dell’estate fino all’inizio dell’autunno del 1848. ?áhirih fu posta agli arresti domiciliari a ?ihrán dove rimase fino a quando fu martirizzata nell’agosto 1852, mentre Quddús era stato arrestato e messo in prigione a Sárí. In quei franfìgenti, Mu?ammad Sháh aveva emanato un editto per l’arresto di Bahá’u’lláh e aveva espresso l’intenzione di giustiziarLo. Ma la sua morte, avvenuta poco dopo il 4 settembre 1848, rese nullo quell’editto.
Nel frattempo, nel Khurásán un messaggero del Báb consegnò a Mullá ?usayn il turbante verde del Báb (simbolo della Sua discendenza dal profeta Mu?ammad) e una Sua Tavola nella quale Egli gli ingiungeva di andare subito in aiuto di Quddús nel Mázindarán. Mentre egli procedeva verso il Mázindarán, si unirono a lui oltre trecento Bábí. Avendo incontrato opposizione a Bárfurúsh, la città di Quddús, i Bábí costruirono frettolosamente un forte a circa quindici miglia, attorno al mausoleo di un santo musulmano di nome Shaykh ?abarsí, per difendersi dall’aggressione del clero, che aveva infiammato i sentimenti anti Bábí della popolazione locale. Avuto sentore di questi sviluppi mentre Si trovava a Núr, Bahá’u’lláh decise di far visita ai Bábí a ?abarsí, dove offrì una sontuosa cena e approvò i provvedimenti che essi avevano preso. Vedendo che mancava solo la presenza di Quddús, Bahá’u’lláh disse a uno dei Bábí di andare a Sárí con sei uomini per chiederne la liberazione. Il presule di Sárí accolse la richiesta e Quddús raggiunse i Bábí a ?abarsí. Bahá’u’lláh partì per la Sua casa di ?ihrán, promettendo di ritornare con una scorta di provviste. Nel viaggio di ritorno nel dicembre 1848 Bahá’u’lláh e i Suoi compagni, fra i quali c’era anche il Suo fratellastro minore Mirza Ya?yá, furono arrestati alla periferia del villaggio di Ámul dalle sentinelle che avevano ricevuto l’ordine di non permettere a nessuno di unirsi ai Bábí nel forte.
Le sentinelle scortarono Bahá’u’lláh e i Suoi compagni fino ad Ámul, dove il vicegovernatore, informato dell’imminente arrivo dei Bábí, aveva chiesto al clero di riunirsi nella moschea. Quando riconobbe Bahá’u’lláh, il vicegovernatore si rammaricò di aver convocato i preti e cercò di calmarli fingendo di rimproverare Bahá’u’llá? Allora essi interrogarono Bahá’u’lláh. Le Sue magistrali risposte tanto infiammarono la loro bigotta animosità che chiesero l’immediata esecuzione dei prigionieri. Il vicegovernatore cercò di calmare le acque ordinando che i prigionieri fossero puniti con la fustigazione sulla pianta dei piedi e promettendo di tenere i Bábí sotto sorveglianza fino al ritorno del governatore. Ma Bahá’u’lláh intervenne, chiedendo di essere punito al posto dei compagni. Il vicegovernatore acconsentì con riluttanza. Cinque mesi prima, il Báb aveva subito lo stesso trattamento dopo essere stato condotto a Tabríz dalla prigione-fortezza di Chihríq per essere interrogato dal clero davanti al principe ereditario, erede al trono, uno dei molti esempi in cui le tribolazioni sofferte da Bahá’u’lláh furono precedute da analoghe tribolazioni sofferte dal Báb.
IDDIO SA CHE MAI abbiamo tentato di nasconderCi o di celare la Causa che Ci è stato ordinato di proclamare. Anche se non portiamo le vesti dei dotti, abbiamo più e più volte affrontato uomini di grande cultura a Núr e nel Mázindarán, abbiamo ragionato con loro e siamo riusciti a persuaderli della verità di questa Rivelazione. Non siamo mai indietreggiati nella Nostra determinazione; non abbiamo mai esitato ad accettare la sfida da qualsiasi parte provenisse. Tutti coloro ai quali parlammo in quei giorni, li trovammo ricettivi al Nostro appello e pronti ad accettare i suoi precetti. Se non fosse stato per il vergognoso comportamento del popolo del Bayán,14 che macchiò con le sue azioni il lavoro che avevamo svolto, Núr e il Mázindarán sarebbero state interamente convertite questa Causa e sarebbero oggi annoverate tra le sue principali roccaforti.
Al tempo in cui le forze del principe Mihdí-Qulí Mirza avevano assediato il forte di ?abarsí, decidemmo di partire da Núr e dare il Nostro aiuto ai suoi eroici difensori. Intendevamo mandare avanti a Noi ‘Abdu’l-Vahháb, uno dei Nostri compagni e chiedergli di annunciare il Mostro arrivo. Anche se erano accerchiati dalle forze del nemico, decidemmo di dividere la sorte di quei tenaci compagni e di affrontare i pericoli a cui essi erano esposti. Ma questo non doveva essere. La mano dell’Onnipotente Ci risparmiò la loro sorte e Ci salvò per l’opera che eravamo destinati a svolgere. Conforme all’imperscrutabile saggezza di Dio, prima che fossimo giunti al forte, certi abitanti di Núr comunicarono la Nostra intenzione a Mirza Taqí, [vice]governatore di Ámul, il quale mandò i suoi uomini ad arrestarCi. Mentre stavamo riposando e prendendo il tè, Ci trovammo improvvisamente circondati da un gruppo di cavalieri che s’impadronirono dei Nostri averi e presero i Nostri destrieri. Al posto del Nostro cavallo Ci fu dato un animale dalle misere bardature che trovammo molto scomodo da cavalcare. Gli altri compagni furono condotti ad Ámul ammanettati.
?BAHÁ’U’LLÁH 3Ciò che è successo a questo Vilipeso trascende ogni paragone e somiglianza. Abbiamo sopportato tutto con massima buona volontà e rassegnazione, affinché le anime degli uomini possano essere edificate e la Parola di Dio esaltata. Un giorno, mentre eravamo confinati in prigione nella Terra di Mím [Mázindarán], fummo consegnati nelle mani dei teologi: puoi ben immaginare quel che Ci accadde.
?BAHÁ’U’LLÁH 4Quando... andammo ad Ámul, tale era il tumulto che la gente aveva sollevato che oltre quattromila persone si erano radunate nel masjid, affollandosi sui tetti delle case. Il principale mullá della città Ci accusò accanitamente. «Hai travisato la Fede dell’Islám», gridò nel suo dialetto del Mázindarán, «e macchiato il suo nome! La scorsa notte in sogno t’ho visto entrare nel masjid15 gremito da un’impaziente moltitudine che si era raccolta per vederti arrivare. Mentre la folla si accalcava intorno a te, guardai ed, ecco, il Qá’im16 era in un angolo, con lo sguardo fisso sul tuo viso e un’espressione di grande sorpresa sul volto. Considero questo sogno come una prova che tu hai deviato dal sentiero della Verità». Lo assicurammo che l’espressione di sorpresa su quel volto significava che il Qá’im disapprovava vivamente il trattamento che egli e i suoi concittadini Ci avevano accordato. C’interrogò sulla Missione del Báb. Lo informammo che, sebbene non L’avessimo mai incontrato faccia a faccia, nutrivamo nondimeno un grande affetto verso di Lui. Esprimemmo la Nostra profonda convinzione che, in nessuna circostanza, aveva Egli agito in modo contrario alla Fede dell’Islám.
Ma il mullá e suoi seguaci si rifiutarono di crederCi, ricusarono la Nostra testimonianza, dicendo che era una falsificazione della verità. Infine Ci imprigionarono e proibirono ai Nostri amici di incontrarCi. Il governatore reggente di Ámul riuscì a liberarCi dalla prigionia. Attraverso una breccia, che ordinò ai suoi uomini di aprire nel muro, Ci permise di lasciare quella stanza e Ci condusse a casa sua. Non appena gli abitanti seppero di questa azione, insorsero contro di Noi, assediarono la residenza del governatore, Ci scagliarono delle pietre e ci gridarono in faccia le ingiurie più sconce.
?BAHÁ’U’LLÁH 5Nonostante il tumulto suscitato dal Nostro arrivo e malgrado l’opposizione degli ‘ulamá, Mirza Taqí, riuscì a liberarCi dalle loro grinfie e a condurCi nella sua casa. Ci accolse con grande calore. A volte cedeva alla pressione che gli ‘ulamá continuavano a esercitare su di lui e si sentiva incapace di frustrare i loro tentativi di nuocerCi.17 Eravamo ancora nella sua casa quando il Sardár,18 che aveva raggiunto l’esercito nel Mázindarán, ritornò ad Ámul. Appena fu informato delle ingiurie che avevamo subito, egli rimproverò Mirza Taqí per la debolezza che aveva dimostrato nel proteggerCi dai Nostri nemici. «Che importanza hanno», domandò indignato, «le denunce di questi ignoranti? Perché ti sei lasciato influenzare dal loro clamore? Ti saresti dovuto accontentare d’impedire al gruppo di giungere a destinazione e, invece di trattenerli in questa casa, avresti dovuto provvedere a farli tornare in salvo a ?ihrán».
?BAHÁ’U’LLÁH 6A nessun prigioniero è stato mai accordato il trattamento che Io ricevetti da parte del governatore reggente di Ámul. Mi trattò con la massima considerazione e stima. Mi ospitò con generosità e fu molto premuroso per tutto ciò che riguardava la Mia sicurezza e il Mio benessere. Tuttavia, non potevo uscire dalla porta di casa. Il Mio ospite temeva che il governatore, il quale era imparentato con ‘Abbas-Qulí Khán-i-Láríjání,19 potesse tornare dal forte di ?abarsí e farMi del male. Cercai di dissipare le sue apprensioni. «La stessa Onnipotenza», lo rassicurai, «che ci ha liberati dalle mani dei sobillatori di Ámul e che ha fatto sì che tu ci accogliessi in questa casa con tanta ospitalità, può cambiare il cuore del governatore e fare in modo che egli ci tratti con pari considerazione e pari amore».
Una notte fummo improvvisamente destati dal clamore di una folla che si era raccolta fuori dalla porta di casa. Qualcuno aprì la porta e annunciò che il governatore era ritornato ad Ámul. I nostri compagni, che si aspettavano un nuovo attacco contro di loro, furono del tutto sorpresi nel sentire la voce del governatore che rimproverava coloro che ci avevano accusati così violentemente il giorno del nostro arrivo. «Per quale ragione», lo sentimmo recriminare ad alta voce, «queste miserabili canaglie hanno deciso di trattare in modo così irriguardoso un ospite che ha le mani legate e al quale non è stata data la possibilità di difendersi? Qual’è la loro giustificazione per aver chiesto che egli fosse subito messo a morte? Quale prova hanno con cui sostenere le loro accuse? Se sono sinceri, quando affermano di essere devotamente attaccati all’Islám e di essere i difensori dei suoi interessi, si rechino al forte di Shaykh ?abarsí e dimostrino lì se sanno difendere la Fede di cui pretendono di essere paladini».
?BAHÁ’U’LLÁH 7Non potendo unirSi ai Bábí nel forte di Shaykh ?abarsí, BAHÁ’U’LLÁH ritornò a ?ihrán, dove la Sua casa divenne un centro di attività Bábí. Fra coloro che ricevettero la Sua ospitalità vi furono ?áhirih, Va?íd e Nabíl.
Per otto mesi i trecentotredici Bábí che si erano riuniti a Shaykh ?abarsí resistettero con straordinario eroismo agli attacchi dell’esercito regio, che contava dodicimila uomini. Privi di cibo, i Bábí si adattarono a mangiare erbe, il cuoio delle cinture e delle scarpe e la pelle e le ossa dei cavalli. Nel maggio 1849, sotto la crescente pressione esercitata da Ná?iri’d-Dín Sháh appena salito al trono affinché sconfiggesse i Bábí, il comandante dell’esercito propose una tregua, giurando sul Corano che i Bábí avrebbero potuto ritornare a casa illesi. Pur consapevoli delle sue perfide intenzioni, i Bábí deposero le armi, uscirono dal forte e furono massacrati.
L’umiliazione che l’esercito dello Scià aveva subito a Shaykh ?abarsí nella sua incapacità di sconfiggere i Bábí rapidamente e senza inganni accesero il risentimento del primo ministro dello Scià, Mirza Táqí Khán, contro il Báb e i Suoi seguaci. Per tutto il paese i velenosi attacchi del governo e del clero travolsero i Bábí in un turbine di persecuzioni durante le quali perirono migliaia di persone. Nel febbraio 1850 a ?ihrán sette Bábí furono pubblicamente giustiziati essendosi rifiutati di rinnegare la loro fede. Poco dopo circa settanta Bábí di Nayríz, sotto la guida di Va?íd, e 1800 Bábí di Zanján, sotto la guida di ?ujjat, eminente sacerdote divenuto uno dei principali seguaci del Báb, cercarono di proteggersi radunandosi dentro una fortezza. Dopo lunghe e sanguinose battaglie anche loro furono trucidati. Ulteriormente scosso e allarmato da questi eventi, il primo ministro decise di distruggere completamente la Causa del Báb e ordinò che il Báb fosse condotto dalla prigione-fortezza di Chihríq a Tabríz per esservi giustiziato.
Quaranta giorni prima che arrivasse a Chihríq l’ufficiale che portava l’ordine che Lo convocava a Tabríz, il Báb, consapevole dell’imminenza della Sua morte, ripose documenti, sigilli e anelli in uno scrigno che spedì a Bahá’u’lláh a ?ihrán per mezzo di un discepolo fidato. Fra i documenti c’era una Tavola di circa cinquecento versetti, tutti derivati della parola Bahá,20 scritta nella raffinata calligrafia del Báb su un rotolo di carta azzurra in forma di pentacolo.
Il 9 luglio 1850 il Báb fu appeso con una corda fissata a un chiodo sulla parete della piazza d’armi di Tabríz e fucilato da un plotone di esecuzione di 750 soldati. La Sua fucilazione concluse, dice Shoghi Effendi, «il tumultuoso e tragico ministero di Uno la Cui èra inaugurò la consumazione di tutte le ere e la Cui Rivelazione adempì le promesse di tutte le Rivelazioni».
E ora considera come questo Sadrih del Ri?ván di Dio Si sia levato a proclamare la Causa di Dio nel fiore dell’età.21 Vedi quale fermezza abbia dimostrata questa Beltà di Dio. Il mondo intero insorse a ostacolarLo, ma fallì completamente. Quanto più crudeli furono le persecuzioni inflitte a questo Sadrih di Beatitudine, tanto più crebbe il Suo fervore e più luminosa brillò la fiamma del Suo amore. Tutto ciò è evidente e nessuno ne discute la verità. Alla fine rese l’anima e spiegò le ali verso i regni superni.
?BAHÁ’U’LLÁH 8Ere son passate fino a giungere a consumazione in questo Giorno, il Signore dei giorni, il Giorno in cui l’Astro del Bayán si è manifestato sull’orizzonte della misericordia, il Giorno in cui la Beltà del Gloriosissimo ha brillato nell’eccelsa persona di ‘Alí-Mu?ammad, il Báb. Non appena Egli Si rivelò, tutti si sollevarono contro di Lui. Alcuni Lo accusarono di avere pronunciato calunnie contro Dio, l’Onnipo-tente, l’Antico dei Giorni. Altri Lo considerarono un folle, asserzione che Io Stesso ho udito dalla bocca di uno dei teologi. Altri ancora contestarono il Suo vanto di essere il Portavoce di Dio e Lo accusarono di aver usurpato e usato come sue le parole dell’Onnipotente alterandone il significato e mescolandole alle proprie. L’Occhio della Grandezza piange amaramente per le cose che le loro bocche hanno detto, mentre essi continuano a gioire sui loro seggi.
«O genti», Egli dice, «Dio Mi è testimone! Sono venuto a voi con una Rivelazione del Signore, Dio vostro, il Signore dei vostri antichi padri. O genti, non guardate a ciò che possedete, ma a ciò che Dio vi ha inviato. Questo, certamente, sarà meglio per voi della creazione intera, se solo lo capiste. O genti, osservate meglio e considerate la testimonianza di Dio e la Sua prova in vostro possesso e confrontatele con la Rivelazione che vi è stata inviata in questo Giorno, perché la verità, l’infallibile verità, vi si manifesti senza dubbi. O genti, non seguite le orme del Maligno; seguite la Fede del Misericordiosissimo e siate fra coloro che veramente credono. Quale beneficio ne trarrebbe l’uomo, se non riconoscesse la Rivelazione di Dio? Assolutamente nessuno. Lo attesta il Mio Essere, l’Onnipotente, l’Onnisciente, il Più Saggio».
Più Egli li esortò, più feroce divenne la loro ostilità, finché, alla fine, Lo misero a morte con ignobile crudeltà. La maledizione di Dio ricada sugli oppressori.
?BAHÁ’U’LLÁH 9O Shaykh! Pensa alla setta sciita.22 Quanti edifici hanno eretto e quante città hanno costruito, con le mani delle oziose fantasie e delle vane illusioni. Alla fine queste vane illusioni sono state trasformate in proiettili e scagliate contro Colui Che è il Principe del mondo. Non uno fra i maggiori di questa setta Lo riconobbe il Dì della Sua Rivelazione! Ogniqualvolta si faceva menzione del Suo nome benedetto, tutti dicevano: «Possa Dio affrettare la gioia che la Sua venuta arrecherà!» Ma il giorno della Rivelazione di quel Sole di Verità tutti, come è stato detto, hanno esclamato: «Possa Dio affrettare il Suo castigo!» Essi appesero Colui Che era l’Essenza dell’essere e il Signore del visibile e dell’invisibile e perpetrarono ciò che fece piangere la Tavola, gemere la Penna, gridare i sinceri e versar lacrime ai prediletti.
?BAHÁ’U’LLÁH 10La sistematica campagna combattuta contro il Báb e i Suoi seguaci dalle autorità persiane civili e religiose era riuscita a privare la nuova Fede dei suoi principali protagonisti ed era culminata nella fucilazione del Báb. A quei tragici avvenimenti seguì negli anni successivi lo sterminio di oltre ventimila Bábí, compresi praticamente tutti i principali sostenitori del Báb ad eccezione di Colui al Quale, grazie alle misteriose operazioni della Provvidenza, era stata risparmiata la sorte dei Suoi compagni di fede e Che Si sarebbe successivamente levato a redimere la Causa per la quale essi avevano sacrificato la vita. In molte Tavole Bahá’u’lláh esalta l’eroismo dei martiri Bábí, il cui sangue irrorò i semi del Suo Ordine Amministrativo, che nella pienezza dei tempi raccoglierà sotto la sua ombra l’intero genere umano.
Fra le prove della verità della Sua manifestazione si contano l’influenza, il potere trascendente e la supremazia che Egli, Rivelatore dell’essere e Manifestazione dell’Adorato, da solo e senza aiuto, ha rivelato a tutto il mondo. Non appena quella Beltà eterna Si rivelò a Shíráz nell’anno Sessanta23 e strappò il velo dell’occultamento, segni di dominio, potenza, sovranità e potere, emananti da quell’Essenza delle Essenze, quel Mare dei Mari, si manifestarono in ogni paese. Tanto che in tutte le città apparvero segni, prove, indizi, testimonianze di quel Luminare divino. Quanti cuori puri e gentili riflessero fedelmente la luce di quel Sole eterno e quante emanazioni di sapienza, scaturite da quell’Oceano di saggezza divina, pervasero tutti gli esseri! In tutte le città teologi e dignitari si levarono a ostacolarli e a reprimerli e perpetrarono atti di malizia, invidia e tirannia nell’intento di sopprimerli. Quante di quelle anime sante, di quelle essenze di giustizia, accusate di tirannia, furono messe a morte! E quante incarnazioni di purezza che mostravano soltanto vera sapienza e integrità di azioni subirono una morte atroce! E tuttavia, al momento estremo, questi esseri benedetti invocarono il Nome di Dio e si librarono nel regno della sottomissione e della rassegnazione. La forza e l’influenza trasformatrice che Egli esercitava su di loro era tale, che cessavano di nutrire qualsiasi altro desiderio che non fosse quello della Sua volontà sposando la loro anima al Suo ricordo.
Rifletti: chi può mostrare in questo mondo un potere così trascendente, un’influenza così penetrante? Tutti questi cuori immacolati e queste anime santificate risposero all’appello del Suo decreto con perfetta rassegnazione. Invece di lamentarsi, rendevano grazie a Dio e nelle tenebre dell’angoscia mostravano solo radiosa sottomissione al Suo volere. E’ evidente quanto dovesse essere implacabile l’odio, amara l’inimicizia e la malizia di tutti i popoli della terra contro questi compagni. Consideravano le persecuzioni e le sofferenze inflitte a questi esseri santi e spirituali mezzi di salvezza, prosperità e durevole fortuna. Dal tempo di Adamo il mondo ha mai visto tale tumulto, un’agitazione così violenta? Oltre a tutte le torture che patirono e alle molteplici sofferenze che sopportarono, furono oggetto d’obbrobrio e di esecrazione universale. Si direbbe che la pazienza fosse rivelata soltanto in virtù della loro forza d’animo e la fedeltà unicamente dai loro atti.
Rifletti in cuor tuo su questi grandiosi avvenimenti, così che tu possa comprendere l’importanza di questa Rivelazione e scorgerne la gloria stupenda.
?BAHÁ’U’LLÁH 11...in questa sublime Dispensazione, in questa potente Sovranità, alcuni teologi illuminati, uomini di consumata dottrina, dottori di matura sapienza sono giunti alla Sua Corte, hanno bevuto alla coppa della Sua Presenza divina e sono stati insigniti del Suo più alto favore. Per amore del Beneamato hanno rinunziato al mondo e a tutto ciò che contiene. Ricorderemo i nomi di alcuni di loro perché, forse, rafforzino il cuore dei pusillanimi e incoraggino i timorosi.
Fra loro vi era Mullá ?usayn che divenne ricettacolo della gloria fulgente del Sole della Rivelazione divina. Se non fosse stato per lui, Dio non sarebbe stato posto sul seggio della Sua misericordia né sarebbe asceso al trono della gloria eterna. Fra loro vi erano anche Siyyid Ya?yá,24 unica e incomparabile figura dei suoi tempi,
Mullá Mu?ammad ‘Alíy-i-Zanjání25e altri, circa quattrocento, i cui nomi sono incisi sulla «Tavola Custodita» di Dio.
Tutti furono guidati dalla luce di quel Sole della Rivelazione divina e Ne confessarono e riconobbero la verità. Tale fu la loro fede che i più rinunziarono ai loro beni e alla famiglia e si attennero alla volontà del Gloriosissimo. Dettero la vita per il Beneamato e immolarono tutto sul Suo sentiero. I loro petti furono bersaglio delle saette del nemico e le loro teste ornamento sulle lance degli infedeli. Non vi fu angolo di terra che non bevesse il sangue di queste personificazioni della rinunzia, né spada che non ne fendesse il collo. I loro atti, da soli, dimostrano la verità delle loro parole. Non basta alla gente d’oggi la testimonianza di queste anime sante levatesi così gloriosamente a offrire la vita per il loro Beneamato, meravigliando il mondo intero per il modo in cui si sono sacrificate? Non è testimonianza sufficiente contro la slealtà di coloro che tradirono la propria fede per un nonnulla, barattarono l’immortalità con ciò che è perituro, rinunziarono al Kawthar della Presenza divina per le sorgenti salmastre e nella vita ebbero l’unico scopo di usurpare i beni degli altri?
?BAHÁ’U’LLÁH 12La mente è sbigottita dalle loro gesta e l’anima si meraviglia della loro saldezza e resistenza fisica....
Gli avvenimenti della vita del «Principe dei Martiri»26 non sono stati considerati come gli eventi più importanti, la prova suprema della sua verità? Non ritenevano gli antichi che quegli avvenimenti fossero senza precedenti? Non sostenevano che nessuna manifestazione di verità avesse mostrato mai simile costanza e gloria più spiccata? Eppure quell’episodio della sua vita ebbe inizio la mattina e si chiuse la metà dello stesso giorno, mentre queste sante luci hanno sopportato eroicamente per diciotto anni calamità che come piogge sono cadute su di loro da ogni parte. Con quale amore, quale devozione, quale esultanza e santa estasi hanno sacrificato la vita sul sentiero del Gloriosissimo! Tutto fa fede di questa verità. Pure, come si può sminuire questa Rivelazione? Quale epoca è mai stata testimone di avvenimenti così considerevoli? Se questi compagni non sono i veri seguaci di Dio, chi altro può esser chiamato con questo nome? Hanno cercato potere o gloria? Hanno mai agognato le ricchezze? Hanno avuto altro desiderio fuorché quello di compiacere Dio? Se questi compagni, con tutte le loro prove meravigliose e opere sublimi, sono falsi, chi è dunque degno di pretendere per s‚ la verità? Giuro in nome di Dio! Le loro azioni sono testimonianza sufficiente e prova irrefutabile per tutti i popoli della terra, se gli uomini riflettessero nel cuore sui misteri della Rivelazione divina.
?BAHÁ’U’LLÁH 13La morte del Báb conclude il primo stadio dell’Età Eroica della Dispensazione Bahá’í, che fu il più sanguinoso e il più turbolento. Essa inaugurò inoltre una nuova fase nella vita di Bahá’u’llá? Come discepolo del Báb, Bahá’u’lláh era stato messo in prigione a ?ihrán per aver aiutato i Bábí tenuti prigionieri a Qazvín e aveva liberato ?áhirih dalla reclusione proteggendola con occhio attento. A Badasht aveva guidato il corso della conferenza e saggiamente gestito la situazione esplosiva creata dall’impetuosità di ?áhiri? Nel forte di Shaykh ?abarsí aveva consigliato e appoggiato i Bábí e progettato la liberazione di Quddús e il suo arrivo al forte. In Ámul, dove il clero aveva reclamato la morte dei Suoi compagni, Bahá’u’lláh Si era magnanimamente offerto di sostituirli e aveva subito la fustigazione alla pianta dei piedi. Questi atti, dice Nabíl, «sono solo pochi esempi che provano in modo eloquente la posizione unica che Egli occupò di primo Motore delle forze che erano destinate a dare un nuovo volto alla Sua patria. Fu Lui che mise in libertà queste forze, diresse il loro corso, armonizzò la loro azione e le portò da ultimo al coronamento finale nella Causa che Egli Stesso era destinato a rivelare in un tempo successivo».
Capitolo 5 /Subito dopo la fucilazione del Báb, il primo ministro Mirza Táqí Khán, chiese a Bahá’u’lláh un incontro. Il primo ministro aprì il colloquio affermando che, se non fosse stato per il sostegno e l’aiuto di Bahá’u’lláh, i Bábí del Forte di Shaykh ?abarsí non avrebbero potuto resistere tanto a lungo alle forze del governo imperiale. Pur convinto della complicità di Bahá’u’lláh, ammise di non averne le prove. Mirza Táqí Khán espresse il proprio rammarico che il governo dovesse essere privato dei servizi di una persona così energica com’era Bahá’u’lláh e dichiarò di avere l’intenzione di ottenere che lo Scià, al suo ritorno da un viaggio a I?fahán, Lo nominasse Maestro di Corte (Amír-i-Díván). Il primo ministro suggerì diplomaticamente l’opportunità che Bahá’u’lláh lasciasse temporaneamente la capitale. Bahá’u’lláh Si rifiutò cortesemente di accettare l’incarico, ma informò Mirza Táqí Khán di avere il desiderio di visitare le sante città di Karbilá e Najaf in ‘Iráq. Pochi giorni dopo partì per Karbilá, dove arrivò il 28 agosto 1851. Mentre Si trovava colà, dice Shoghi Effendi, Egli Si dedicò a «diffondere gli insegnamenti del defunto Maestro, a proteggere gli interessi della Sua Fede, a rinvigorire lo zelo dei Suoi seguaci affranti dal dolore e a organizzare le forze dei Suoi dispersi e confusi aderenti, con lo stesso entusiasmo e la stessa abilità che avevano distinto i Suoi primi tentativi nel Mázindarán».
Durante la permanenza di Bahá’u’lláh a Karbilá, il giovane Ná?iri’d-Dín Sháh, geloso e timoroso del sorgente potere di Mirza Táqí Khán, lo depose e ne ordinò l’esecuzione capitale. Il nuovo primo ministro, Mirza Áqá Khán-i-Núrí, la cui cugina aveva sposato un fratello maggiore di Bahá’u’lláh, sperò di giungere a una riconciliazione fra il governo e Bahá’u’lláh, Che riconosceva come il più capace fra i seguaci del Báb. Pertanto Gli scrisse, invitandoLo a ritornare a ?ihrán. Ma Bahá’u’lláh lo aveva già deciso da Sé.
Poco dopo l’arrivo di Bahá’u’lláh a ?ihrán, tre giovani Bábí, ossessionati dalla tragedia del martirio del Báb e trascinati dalla disperazione a vendicare la Sua morte, il 15 agosto 1852 tentarono di assassinare lo Scià. L’evento precipitò la comunità Bábí in quella che Shoghi Effendi definisce «una nuova disgrazia, senza precedenti nella sua gravità, disonorevole e devastante per le immediate conseguenze».
Quel giorno, Bahá’u’lláh Si trovava in Afchih, alla periferia di ?ihrán, ospite del primo ministro. Mirza Áqá Khán passò parola della tempesta che stava per scoppiare e riferì i velenosi attacchi contro Bahá’u’lláh fatti dalla madre dello Scià, la quale Lo accusava di essere il principale istigatore del complotto per assassinare il figlio. Alcuni amici si offrirono di nasconderLo finché il pericolo non fosse passato, ma Bahá’u’lláh rifiutò e il giorno dopo con calma e sicurezza Si avviò a cavallo verso il quartiergenerale dell’esercito imperiale. La notizia dei Suoi movimenti fu trasmessa allo Scià che, molto stupito dal Suo comportamento, Ne ordinò l’immediato arresto. Bahá’u’lláh fu portato nel famigerato Síyáh-Chál, il «Buco Nero» di ?ihrán, una cisterna sotterranea nella quale restò prigioniero per quattro mesi. Per strada fu preso a colpi di pietra, schernito e privato dei soprabiti.
A ?ihrán fummo imprigionati due volte perché eravamo insorti a difendere la causa degli innocenti contro uno spietato oppressore. Il primo confino cui fummo assoggettati seguì l’uccisione di Mullá Taqíy-i-Qazviní27 e ne fu causa l’aiuto che fummo mossi a porgere a coloro ai quali era stata immeritatamente inflitta una severa punizione. Il Nostro secondo imprigionamento, infinitamente più duro, fu determinato dall’attentato contro la vita dello Scià compiuto da irresponsabili seguaci della Fede.
?BAHÁ’U’LLÁH 1Al tempo in cui Sua Maestà lo Scià – possa Dio, il suo Signore, il Più Misericordioso, assisterlo con la Sua fortificante grazia – stava progettando un viaggio a I?fáhán, questo Vilipeso visitò col suo permesso i santi e luminosi luoghi ove riposano gli Imám – la benedizione di Dio si posi su di loro! Al ritorno, a causa della gran calura che opprimeva la capitale, Ci recammo a Lavásán. Dopo la Nostra partenza sopravvenne l’attentato alla vita di Sua Maestà – possa Dio, esaltato e glorificato Egli sia, assisterlo. Furono quelli giorni difficili, in cui alto divampò il fuoco dell’odio. Molti furono arrestati e fra loro questo Vilipeso. Per la giustizia di Dio! Non avevamo nulla a che fare con quel misfatto e la Nostra innocenza fu provata in modo inoppugnabile innanzi ai tribunali; tuttavia fummo arrestati, incatenati e condotti a piedi nudi e a capo scoperto da Níyávarán, dove allora risiedeva Sua Maestà, alla prigione di ?ihrán; un essere brutale che Ci accompagnava a cavallo Ci strappò il cappello dalla testa, mentre aguzzini e carnefici Ci spingevano innanzi con furia. Per quattro mesi fummo posti in un luogo di cui non s’è mai visto l’uguale. Un pozzo stretto e oscuro sarebbe stato molto meglio del luogo dove questo Perseguitato e i Suoi compagni furono ingiustamente confinati. Quando entrammo nell’edificio delle prigioni, fummo condotti attraverso un corridoio buio come pece e discendemmo tre fughe di ripide scale, giungendo alla prigione sotterranea che Ci era stata destinata. Il luogo era tenebroso e gli occupanti erano circa centocinquanta: ladri, assassini e briganti. Sebbene fosse gremito, non aveva altra apertura all’infuori del passaggio attraverso il quale eravamo entrati. La penna è impotente a descrivere un simile luogo ed il suo putrido lezzo. La maggior parte di questi uomini non aveva abiti né giacigli per sdraiarsi. Dio solo sa quel che soffrimmo in quel tetro e ripugnante luogo!
Giorno e notte, confinati in quella prigione sotterranea, riflettevamo sugli atti, sullo stato e sulla condotta dei Bábí, chiedendiCi stupiti cosa potesse avere spinto persone così magnanime, nobili e intelligenti, a perpetrare un atto tanto audace e oltraggioso contro la persona di Sua Maestà. Allora questo Perseguitato decise che, dopo la liberazione, Si sarebbe dedicato col più grande zelo al compito di rigenerare quella gente.
?BAHÁ’U’LLÁH 2O Shaykh!28 . . . Se ti dovesse mai capitare di visitare la prigione di Sua Maestà lo Scià, chiedi al direttore e al capo carceriere di mostrarti le due catene, note l’una come Qará-Guhar e l’altra come Salásil.29 Giuro per la Stella Mattutina della Giustizia che per quattro mesi questo Vilipeso fu tormentato e incatenato dall’una o dall’altra delle due. «Il Mio dolore sorpassa tutte le sciagure alle quali Giacobbe dette sfogo e tutte le afflizioni di Giobbe non sono che una parte delle Mie calamità!».
?BAHÁ’U’LLÁH 3Tutto quel che questa generazione Ci potè offrire furono le ferite dei suoi strali e la sola coppa che porse alle Nostre labbra fu quella del suo veleno. Sul collo portiamo ancora le cicatrici delle catene e sul corpo abbiamo impressi i segni di una crudeltà inesorabile.
?BAHÁ’U’LLÁH 4Tutti coloro che furono abbattuti dalla tempesta che infuriò in quel memorabile anno a ?ihrán erano Nostri compagni di prigionia nel Síyáh-Chál, dove fummo confinati. Eravamo ammassati tutti insieme in una sola cella, i ceppi ai piedi e fissate al collo le più pesanti catene. L’aria che respiravamo era greve per la più disgustosa sporcizia, mentre il suolo su cui eravamo seduti era coperto d’immondizia e infestato dai vermi. Neppure un raggio di luce poteva penetrare in quella pestilenziale prigione o riscaldarne il freddo glaciale; eravamo sistemati in due file, l’una di fronte all’altra. Avevamo insegnato ai compagni a ripetere certi versetti che, ogni notte, cantavamo con grande fervore. «Mi basta Iddio; Egli in verità è Colui che basta a tutto!» intonava una fila, mentre l’altra rispondeva: «In Lui confidino i fidenti». Il coro di queste gaie voci continuava a risonare fino alle prime ore del mattino, i suoi echi riempivano la prigione e, oltrepassate le sue massicce mura, giungevano alle orecchie di Ná?iri’d-Dín Sháh, il cui palazzo non era molto distante dal luogo dove eravamo imprigionati. «Cos’è questo suono?» si dice che abbia esclamato. «È l’inno che i Bábí cantano nella loro prigione», gli risposero. Lo Scià non fece altre osservazioni, né tentò di soffocare l’entusiasmo che i suoi prigionieri, nonostante gli orrori della prigionia, continuavano a mostrare.
Un giorno, fu portato nella Nostra prigione un vassoio di carne arrostita, che Ci informarono, lo Scià aveva ordinato di distribuire tra i prigionieri. «Lo Scià», Ci fu detto, «fedele a un voto fatto, ha deciso oggi di offrirvi questo agnello per mantenere la promessa». Un profondo silenzio cadde sui Nostri compagni, che aspettavano che Noi rispondessimo a loro nome. «Ti restituiamo il dono», rispondemmo; «possiamo fare a meno di questa offerta». La Nostra risposta avrebbe molto irritato le guardie se esse non avessero desiderato divorare il cibo che Ci eravamo rifiutati di toccare. Nonostante la fame che affliggeva i Nostri compagni, solo uno di loro, un certo Mirza ?usayn-i-Mutavallíy-i-Qumí, mostrò il desiderio di mangiare il cibo che il Sovrano aveva deciso d’offrirci. Con forza d’animo veramente eroica, i Nostri compagni di prigione si assoggettarono, senza lagnarsi, a sopportare lo stato pietoso in cui erano ridotti. Dalle loro labbra uscivano senza posa parole di lode a Dio, invece che lamenti per il modo in cui lo Scià li aveva trattati; lode con la quale essi cercavano di ingannare i disagi della loro crudele cattività.
Ogni giorno i Nostri carcerieri entravano nella cella, chiamavano il nome di uno dei compagni e gli ordinavano di alzarsi e di seguirli ai piedi del patibolo. Con quanto ardore il chiamato rispondeva al solenne appello! Liberato dalle catene, balzava in piedi e, in uno stato di gioia incontrollabile, Ci si avvicinava e Ci abbracciava. Cercavamo di confortarlo con l’assicurazione di una vita eterna nell’aldilà e, colmandogli il cure di speranza e di allegrezza, lo mandavamo a conquistare la corona della gloria. Egli abbracciava uno per uno gli altri compagni di prigione e poi andava a morire intrepidamente com’era vissuto. Subito dopo il martirio di ciascun compagno, il carnefice, che Ci era divenuto amico, Ci riferiva i particolari della morte della sua vittima e Ci parlava della gioia con cui essa aveva sopportato le sofferenze fino alla fine.
Una notte, prima del far del giorno, fummo svegliati da Mirza ‘Abdu’l-Vahháb-i-Shírází, che era legato con Noi alle stesse catene. Aveva lasciato Kázimayn e Ci aveva seguito a ?ihrán, dove era stato arrestato e gettato in prigione. Ci chiese se eravamo svegli e incominciò a raccontarCi il suo sogno. «Stanotte», disse, «stavo librandomi in uno spazio d’infinita vastità e bellezza: mi sembrava d’essere sollevato da ali che mi trasportavano ovunque desiderassi andare. Un sentimento di delizia estatica colmava la mia anima. Volavo in mezzo a quell’immensità, con una rapidità e una facilità che non so descrivere». «Oggi», rispondemmo, «sarà il tuo turno di sacrificarti per questa Causa. Possa tu rimanere fermo e saldo fino alla fine. Allora ti troverai a librarti nello stesso spazio illimitato che hai sognato, attraverserai con la stessa facilità e rapidità il reame della sovranità immortale e guarderai con l stesso rapimento l’Orizzonte infinito».
Quella mattina il carceriere entrò ancora nella Nostra cella e chiamò il nome di ‘Abdu’l-Vahháb. Gettate via le catene, balzò in piedi, abbracciò ciascuno dei compagni di prigione e, presoCi tra le braccia, Ci strinse al petto con ardore. In quel momento notammo che non aveva scarpe da portare: gli demmo le Nostre e, con un’ultima parola d’incoraggiamento e di conforto, lo mandammo verso il teatro del suo martirio. Più tardi, vennero da Noi i suoi carnefici, lodando con parole entusiastiche lo spirito che quel giovane aveva mostrato. Quanto fummo grati a Dio per la testimonianza resa dallo stesso carnefice!.
?BAHÁ’U’LLÁH 5Una Rivelazione salutata come promessa e gloria coronatrice di ère e secoli passati, come consumazione di tutte le Dispensazioni del Ciclo Adamitico, che inaugura un’èra che durerà almeno mille anni e un ciclo destinato a prolungarsi per non meno di cinquemila secoli, che segna la fine dell’Èra Profetica e l’inizio di quella dell’Adempimento, insuperata per la durata del Ministero del suo Autore e per la fecondità e lo splendore della Sua Missione, questa Rivelazione, come già notato, era nata nell’oscurità di una prigione sotterranea di Teheran, un’abominevole spelonca che un tempo era servita come serbatoio idrico per uno dei bagni pubblici della città. Avvolto da quel buio stigio, respirando quella fetida aria, intorpidito dall’umida e gelida atmosfera, i piedi nei ceppi, il collo gravato da una pesante catena, attorniato da criminali e miscredenti della peggior risma, oppresso dalla consapevolezza della terribile colpa che aveva macchiato l’onore della Sua amata Fede, dolorosamente conscio della terribile sciagura che aveva colpito i suoi paladini e dei gravi pericoli che incombevano sugli altri suoi seguaci, in quell’ora così critica e in tali spaventose circostanze, il «Più Grande Spirito», come Egli Stesso lo chiamò – simboleggiato nelle Dispensazioni zoroastriana, mosaica, cristiana e maomettana dal Sacro Fuoco, dal Roveto Ardente, dalla Colomba e dall’Angelo Gabriele rispettivamente – discese sull’agonizzante anima di Bahá’u’lláh rivelandosi a Lui nelle sembianze di una «Damigella». 30
?SHOGHI EFFENDIDurante i giorni in cui giacevo nella prigione di ?ihrán, sebbene il tormentoso peso delle catene e l’aria impregnata di fetore Mi permettessero ben poco riposo, pure nei rari momenti di assopimento sentivo come se qualcosa fluisse dal sommo del Mio capo sul Mio petto, proprio come un impetuoso torrente che si precipitasse sulla terra dall’alto di un eccelso monte. Ogni membro del Mio corpo era, in seguito a ciò, tutto un fuoco. In tali momenti la Mia lingua declamava cose che nessun uomo potrebbe sopportare di udire.
?BAHÁ’U’LLÁH 6Mentr’ero immerso nelle tribolazioni udii una mirabile, dolcissima voce che Mi chiamava sopra il Mio capo. Volgendo il viso, vidi una Damigella, incarnazione della rimembranza del nome del Mio Signore, sospesa nell’aria davanti a Me. Così giubilante era nell’anima che dal suo volto splendeva l’ornamento del beneplacito di Dio e le sue guance ardevano dello splendore del Misericordiosissimo. Essa levò fra terra e cielo un invito che ammutoliva il cuore e la mente degli uomini. Comunicò al mio essere interiore ed esteriore notizie che rallegrarono la Mia anima e le anime dei servi onorati di Dio. Additando il Mio capo, si rivolse a tutti coloro che sono in cielo e a tutti coloro che sono in terra dicendo: «In nome di Dio! Questo è il Prediletto dei mondi, eppure ancora non lo comprendete. Questa è la Beltà di Dio fra voi e il potere della Sua Sovranità in voi, se soltanto capiste. Questo è il Mistero di Dio e il Suo Tesoro, la Causa di Dio e la Sua gloria per tutti coloro che sono nei regni della Rivelazione e della creazione, se foste di coloro che intendono».
?BAHÁ’U’LLÁH 7Una notte, in sogno, s’udirono da ogni parte queste grandiose parole: «In verità Noi Ti daremo la vittoria con l’ausilio Tuo e della Tua Penna. Non addolorarTi di ciò che T’è accaduto e non temere, perché sei salvo. Fra non molto Dio susciterà i tesori della terra: uomini che Ti aiuteranno mediante te stesso ed il Tuo Nome con quale il quale Dio ha vivificato il cuore di coloro che Lo hanno riconosciuto».
?BAHÁ’U’LLÁH 8Non ero che un uomo come gli altri, addormentato sul Mio giaciglio, quand’ecco, le brezze del Gloriosissimo furono alitate su di Me e M’insegnarono la sapienza di tutto ciò che è stato. Questo non procede da Me, ma da Uno che è Onnipotente ed Onnisciente. Ed Egli M’ingiunse di levar la voce fra terra e cielo, e a causa di ciò Mi accaddero cose che fecero versar lacrime a ogni uomo perspicace. Non ho studiato le discipline correnti fra gli uomini, né sono entrato nelle loro scuole. Chiedi nella città in cui ho dimorato, acciocché tu possa ben assicurarti che non sono di coloro che mentiscono. Questa non è che una foglia mossa dai venti della volontà del tuo Signore, l’Onnipotente, il Lodatissimo. Può essa ferma restare, quando i venti tempestosi soffiano? No, per Colui Che è il Signore dei Nomi e degli Attributi! Essi la muovono a loro piacimento. Ciò che è perituro è un nulla al cospetto di Colui Che è il Sempiterno. Il Suo appello soggiogatore M’ha raggiunto, inducendoMi a dire fra tutte le genti le Sue lodi. In verità, ero come morto, quando fu pronunziato il Suo comando. La mano della volontà del Tuo Signore, il Compassionevole, il Clemente, M’ha trasformato.
?BAHÁ’U’LLÁH 9L’Astro della Guida eterna Mi è testimone. Se fosse stato in Mio potere, non avrei mai acconsentito a distinguermi fra gli uomini, poiché il Nome che porto disdegna completamente di associarsi a questa generazione dalla lingua contaminata e dal cuore falso. E ogni qual volta ho deciso di tacere e restar fermo ecco la voce dello Spirito Santo dalla mia destra scuotermi, e lo Spirito Supremo apparirmi innanzi, e Gabriele pormi sotto la Sua ombra, e lo Spirito della Gloria agitarsi nel mio petto e comandarmi di sorgere e rompere il silenzio. Se aveste udito puro e orecchie attente, vi accorgereste certamente che tutte le membra del mio corpo, anzi, tutti gli atomi del mio essere proclamano e attestano questo appello: «Dio è Colui oltre al quale non v’è altro Dio e Colui la Cui beltà è ora palese è il riflesso della Sua gloria per tutti coloro che sono in cielo e in terra».
?BAHÁ’U’LLÁH 10Che un tempo così breve abbia separato questa potentissima Rivelazione dalla Mia precedente Rivelazione, è un segreto che nessun uomo può capire, un mistero tale che nessuna mente può scandagliare. La sua durata è stata preordinata e nessuna creatura umana potrà mai scoprirne la ragione, a meno che, e fino a che, essa sia edotta del contenuto del Mio Libro Celato.
?BAHÁ’U’LLÁH 11Mio Dio, mio Maestro, mia Suprema Speranza e Mèta del mio desìo! Vedi e senti i sospiri di questo Vilipeso, da questo oscuro pozzo che le vane immaginazioni dei Tuoi avversari hanno costruito e da questa cieca fossa che le oziose fantasie dei malvagi fra le Tue creature hanno scavato. Per la Tua Bellezza, o Tu la Cui gloria è svelata dinanzi al viso degli uomini! Non sono insofferente nelle afflizioni che mi toccano nel mio amore per Te, né nelle avversità che patisco sulla Tua via. No, col Tuo potere, le ho scelte per me stesso e me ne glorio fra le Tue creature che Ti sono vicine e i Tuoi servi che Ti sono interamente devoti.
T’imploro, tuttavia, o Tu Che dai luce al mondo e sei il Signore delle nazioni, in questo stesso istante in cui con le mani della speranza mi afferro all’orlo del manto della Tua misericordia e della Tua munificenza, di perdonare i Tuoi servi che si sono librati nell’atmosfera della Tua vicinanza, hanno volto il viso verso gli splendori della luce del Tuo Sembiante, si sono diretti verso l’orizzonte del Tuo beneplacito, si sono avvicinati all’oceano della Tua misericordia, che per tutta la vita hanno proclamato la Tua lode e sono stati infiammati dal fuoco dell’amore per Te. Decreta per loro, o Signore mio Dio, prima e dopo la morte, ciò che s’addice alla sublimità della Tua munificenza e all’ec-cellenza del Tuo tenero amore.
?BAHÁ’U’LLÁH 12Lodato Tu sia, o mio Dio! Come posso ringraziarTi per avermi preferito e prescelto fra tutti i Tuoi servi affinché Ti rivelassi, quando tutti si erano allontanati dalla Tua bellezza! Attesto, mio Dio, che se Tu mi avessi dato mille vite e io le offrissi tutte sulla Tua via, ancora non avrei ricambiato il più piccolo dei doni che, per Tua grazia, mi hai elargito.
Giacevo addormentato sul giaciglio dell’io, quando ecco mi risvegliasti coi divini accenti della Tua voce, mi rivelasti la Tua bellezza e mi permettesti di ascoltare le Tue parole, di riconoscere il Tuo Essere, di proclamare la Tua lode, di celebrare le Tue virtù e d’esser saldo nell’amarTi. Alla fine caddi prigioniero nelle mani dei ribelli fra i Tuoi servi.
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Ti supplico, o Sovrano dei regni della creazione, Autore di tutti i nomi, di scrivere il mio nome assieme a quelli di coloro che dall’eternità incedono adoranti attorno al Tabernacolo della Tua maestà e si tengono saldamente alla corda della Tua tenera misericordia.
In verità, Tu sei l’Aiuto nel pericolo, Colui Che esiste da Sé.
?BAHÁ’U’LLÁH 13Glorificato sei Tu, o Signore mio Dio! Guarda questo vilipeso che, sebbene si sia rifiutato di trarre un solo respiro senza il Tuo permesso e il Tuo comando, è stato duramente afflitto dagli oppressori fra le Tue creature e dagl’infedeli fra i Tuoi nemici. Ero addormentato nel mio letto, o mio Dio, quand’ecco, le dolci brezze della Tua grazia e della Tua amorosa gentilezza sono passate su di me e mi hanno risvegliato con il potere della Tua sovranità e dei Tuoi doni, comandandomi di sorgere dinanzi ai Tuoi servi, d’innalzare la Tua lode e glorificare la Tua parola. Al che la maggior parte della Tua gente mi ha oltraggiato. Giuro per la Tua gloria, o mio Dio! Consapevole come sono che hai Tu Stesso annunziato loro questa Rivelazione nelle Pergamene del Tuo comandamento e nelle Tavole del Tuo decreto e che, in ogni parola da Te inviata alle Tue creature e alla Tua gente, hai fatto un patto con loro riguardo questo Giovane, non ho mai pensato che avrebbero compiuto tali azioni.
Sono pertanto confuso, o mio Dio, e non so come agire verso di loro. Ogni qual volta taccio e smetto di celebrare le Tue meravigliose virtù, il Tuo Spirito mi costringe a gridare dinanzi a tutti coloro che sono in cielo e sulla terra e ogni qual volta resto immoto, i soffi che spirano dalla destra del Tuo volere e del Tuo proposito passano su me, mi ridestano e scopro di essere come una foglia in balia dei venti del Tuo decreto, trasportata ovunque Tu permetta o comandi. Ogni uomo illuminato che consideri ciò che ho rivelato si convince che la Tua Causa non è nelle mie mani, ma nelle Tue, e riconosce che le redini del potere non sono nel mio pugno, ma nel Tuo, e sono soggette al Tuo sovrano potere. Eppure, vedi, o mio Dio, come gli abitanti del Tuo regno si siano schierati contro di me e mi abbiano inflitto in ogni momento della mia vita ciò che fa tremare le realtà dei Tuoi prediletti e dei Tuoi fidi.
Ti supplico, pertanto, o mio Dio, per il Tuo Nome con il quale hai guidato i Tuoi amanti alle acque vive della Tua grazia e dei Tuoi favori e attratto coloro che Ti bramano al Paradiso della Tua vicinanza e della Tua presenza, di aprire gli occhi della Tua gente, sì che in questa Rivelazione riconosca la manifestazione della Tua trascendente unità e l’albeggiare delle luci del Tuo sembiante e della Tua beltà. Purificali dunque, o mio Dio, da tutte le oziose immaginazioni e le vane fantasie, sì che aspirino le fragranze della santità dalla veste della Tua Rivelazione e del Tuo comandamento e cessino d’infliggermi ciò che privi le loro anime delle fragranze degl’infiniti pegni della Tua misericordia, alitate nei giorni di Colui Che è la Manifestazione di Te Stesso e l’Aurora della Tua Causa, sì che non perpetrino ciò che susciti la Tua ira e la Tua collera.
?BAHÁ’U’LLÁH 14Sin dal giorno in cui mi creasti col Tuo comando, o mio Dio, e mi risvegliasti con le dolci brezze delle Tue tenere misericordie, mi sono rifiutato di volgermi ad altri che Te e, in forza della Tua sovranità e del Tuo governo, mi sono levato ad affrontare i Tuoi nemici e ho convocato tutta l’umanità alle rive dell’oceano della Tua unicità e al cielo della Tua gloriosissima unità. Per tutta la vita non ho tentato di proteggermi dalla malvagità dei ribelli fra le Tue creature, ma ho cercato di esaltare il Tuo nome tra la Tua gente e per questo ho sofferto ciò che nessuna delle Tue creature ha mai sofferto.
Quanti giorni, o mio Dio, ho trascorso in completa solitudine con i trasgressori fra i Tuoi servi e quante notti, o mio Benamato, sono stato relegato prigioniero nelle mani dei ribelli fra le Tue creature! Nel pieno delle angosce e delle tribolazioni ho continuato a celebrare la Tua lode davanti a tutti coloro che sono nel Tuo cielo e sulla Tua terra e non ho cessato di esaltare la Tua mirabile gloria nei regni della Tua Rivelazione e della Tua creazione, sebbene tutto ciò che sono stato capace di mostrare sia stato inferiore alla grandezza e alla maestà della Tua unicità e indegno della Tua esaltazione e della Tua onnipotenza.
?BAHÁ’U’LLÁH 15Lodato sia il Tuo nome, o mio Dio! Sono così rapito dalle brezze che spirano dalla Tua presenza che ho dimenticato me stesso e tutto ciò che possiedo. Questo non è che un segno dei portenti della Tua grazia e dei Tuoi munifici favori che mi sono stati concessi. Ti rendo lode, mio Dio, per avermi prescelto fra tutte le Tue creature, per aver fatto di me l’Alba della Tua forza e la Manifestazione della Tua possanza, per avermi dato il potere di rivelare i Tuoi segni e le prove della Tua maestà e della Tua potenza, che nessuno, in cielo o in terra, può mostrare.
Mio Signore, T’imploro per il Tuo più fulgido Nome di far conoscere al mio popolo ciò che destinasti loro. Preservali, dunque, nella fortezza della Tua custodia e nel Tabernacolo della Tua infallibile protezione, sì che non ne appaia ciò che divida i Tuoi servi. Radunali, mio Signore, sulle rive di quest’Oceano, ogni goccia del quale proclama che Tu sei l’Iddio oltre al Quale non v’è altro Dio, il Gloriosissimo, il Più Saggio.
Svela loro, mio Signore, la maestà della Tua Causa, sì che non dubitino della Tua sovranità e della forza della Tua possanza. Giuro per la Tua gloria, o Tu Che sei il Diletto dei mondi! Se avessero compreso il Tuo potere, si sarebbero sicuramente rifiutati di proferire ciò che non disponesti per loro nel cielo del Tuo volere.
Infondi in loro, o mio Signore, il sentimento della propria impotenza dinanzi a Colui Che è la Manifestazione del Tuo Essere e insegna loro a riconoscere la pochezza della propria natura di fronte agl’infiniti segni della Tua autosufficienza e della Tua ricchezza, sì che si stringano attorno alla Tua Causa, si aggrappino all’orlo della Tua misericordia e si afferrino alla corda del compiacimento al Tuo volere.
Tu sei il Signore dei mondi e fra tutti coloro che mostrano misericordia sei il Più Misericordioso.
?BAHÁ’U’LLÁH 16Nel dicembre 1852 Bahá’u’lláh fu rilasciato dalla prigione e immediatamente informato del decreto imperiale che Lo esiliava dalla Persia. Nel frattempo, le Sue ricchezze erano state confiscate e la Sua casa e i Suoi possedimenti saccheggiati. Gli fu concesso solo un mese per riprenderSi dai debilitanti effetti della reclusione nel Síyáh-Chál e partire per un paese di Sua scelta. Egli ricusò la protezione che il governo russo gli aveva offerto attraverso il suo ministro, principe Dolgorukov e decise invece di recarSi a Baghdád, in ‘Iráq.
Il 12 gennaio 1853 Bahá’u’lláh e la Sua famiglia lasciarono ?ihrán, scortati da un ufficiale del corpo di guardia imperiale e da un rappresentante della Legazione Russa. Gli esuli viaggiarono a cavallo sulle montagne innevate della Persia occidentale, male equipaggiati per i rigori dell’inverno e per le traversie di un difficile viaggio.
Nei giorni in cui questo Vilipeso era dolorosamente afflitto in prigione» è un’altra testimonianza chiarificatrice rivelata dalla Sua Penna «il ministro dello stimatissimo governo (di Russia) – possa Dio, glorificato ed esaltato sia, assisterlo! – si adoperò al massimo per ottenere la Mia scarcerazione. Più volte fu ottenuto il permesso per la Mia liberazione, ma alcuni degli ‘ulamá della città lo impedirono. Infine, la Mia libertà fu concessa grazie alla sollecitudine e ai tentativi di Sua Eccellenza il Ministro… Sua Maestà Imperiale, il Più Grande Imperatore31 – possa Dio, esaltato e glorificato sia, assisterlo! – Mi offrì protezione per amor di Dio, una protezione che ha suscitato l’invidia e l’inimicizia degli sciocchi della terra».
?BAHÁ’U’LLÁH 17Mio Dio, Mio Maestro, Mio Desìo!… Hai creato quest’atomo di polvere con il perfetto potere della Tua possanza e L’hai nutrito con le Tue mani che nessuno può incatenare… Gli hai destinato prove e tribolazioni che nessuna lingua può descrivere, nessuna delle Tue Tavole adeguatamente raccontare. La gola che abituasti al tocco della seta, hai alla fine stretta con robuste catene e il corpo che hai blandito con broccati e velluti, hai poi sottoposto all’abiezione di una segreta. Il Tuo decreto Mi ha incatenato con infiniti ceppi e Mi ha posto attorno al collo catene che nessuno può spezzare. Alcuni anni son trascorsi durante i quali le afflizioni Mi son piovute addosso come scrosci di misericordia… Quante le notti durante le quali il peso delle catene e dei ceppi non Mi ha concesso alcun riposo e quanti i giorni durante i quali pace e tranquillità Mi furono negate a causa di ciò con cui le mani e le lingue degli uomini Mi hanno affitto! Il pane e l’acqua che Tu, con la Tua misericordia che tutto pervade, hai elargito agli animali dei campi, li hanno per qualche tempo negati a questo servo e le cose che si rifiutarono di infliggere a coloro che si sono separati dalla Tua Causa, hanno permesso che fossero inflitte a Me, finché, alla fine, il Tuo decreto fu irrevocabilmente fissato e il Tuo comando ha intimato a questo servo di partire dalla Persia, accompagnato da uomini di tempra fragile e da bambini in tenera età, in questa stagione in cui il freddo è così intenso che non si può nemmeno parlare e il ghiaccio e la neve sono così abbondanti che è impossibile muoversi.
?BAHÁ’U’LLÁH 18Accompagnarono Bahá’u’lláh nel Suo viaggio a Baghdád la moglie, Navvab, poi conosciuta come «la Foglia Più Eccelsa», il figlio di nove anni, ‘Abbás, poi insignito del titolo «il Più Grande Ramo» e conosciuto come ‘Abdu’l-Bahá, la figlia di sette anni Bahíyyih, poi conosciuta come «la Più Grande Santa Foglia» e i due fedeli fratelli di Bahá’u’lláh, Mirza Músá e il sedicenne Mirza Mu?ammad-Qulí. Un figlio di due anni, Mihdí, cui venne poi dato il titolo di «Purissimo Ramo», fu affidato alle cure della nonna di Navvab. Il gruppo era scortato da un ufficiale del corpo di guardia imperiale e da un rappresentante della Legazione Russa.
Gli esuli arrivarono a Baghdád l’8 aprile del 1853. Pochi giorni dopo si trasferirono a tre miglia dalla città, a Ká?imayn, dove sorgono i santuari del settimo e dell’ottavo Imám dell’Islam Sciita. Il console persiano venne a rendere omaggio e suggerì che, dato il fanatismo dei residenti e dei pellegrini che visitavano i mausolei, Bahá’u’lláh avrebbe potuto trovare più gradevole il vecchio quartiere nella città di Baghdád. Circa un mese dopo si trovò una casa e Bahá’u’lláh e la Sua famiglia ritornarono in città.
L’editto che esiliava Bahá’u’lláh a Baghdád, spiega Shoghi Effendi, apriva «un nuovo e glorioso capitolo nella storia del primo secolo bahá’í». Questo nuovo capitolo mise in moto un processo graduale e progressivo che «ha dato inizio a una delle epoche più movimentate e importanti della storia religiosa del mondo. Essa coincide con l’inizio di un ministero protrattosi per un periodo di quasi quarant’anni, un ministero che, in virtù del potere creativo, della forza purificatrice, delle influenze risanatrici e dell’irresistibile operazione delle forze direttrici e modellatrici del mondo che sprigionò, emerge ineguagliato negli annali religiosi dell’intera razza umana. Esso segna la fase iniziale d’una serie di esili, prolungatisi per un periodo di quattro decenni e terminati soltanto con la morte di Colui Che era l’Oggetto di quel crudele editto».
Uscito di prigione, questo Vilipeso secondo gli ordini di Sua Maestà lo Scià – possa Dio, esaltato Egli sia, proteggerlo – Si recò in ‘Iráq, scortato da ufficiali al servizio degli onorati e stimati governi di Persia e Russia. Ivi giunto, con l’aiuto di Dio e della Sua divina Grazia e misericordia, rivelammo come pioggia copiosa i Nostri versetti e li inviammo in varie parti del mondo. Con i Nostri saggi consigli e amorevoli ammonimenti esortammo tutti gli uomini, e in particolare queste genti, e proibimmo loro di suscitare sedizioni, dissensi, dispute e conflitti. Perciò e per grazia di Dio, ostinazione e follia si tramutarono in devozione e comprensione e le armi divennero strumenti di pace.
?BAHÁ’U’LLÁH 1Lasciammo Teheran per ordine del Re e col suo permesso trasferimmo la Nostra residenza in ‘Iráq. Se avevo trasgredito nei suoi confronti, perché mai Mi liberò? E se ero innocente di ogni colpa, perché Ci hai inflitto tali tribolazioni quali nessuno di coloro che professano la tua fede ha mai sofferto? Forse qualcuno dei Miei atti, dopo il Mio arrivo in ‘Iráq, è stato tale da sovvertire l’autorità del governo? Chi può affermare di aver trovato qualcosa di reprensibile nel Nostro comportamento? Domanda tu stesso al suo popolo, sì che tu possa essere fra coloro che hanno visto la verità.
?BAHÁ’U’LLÁH 2Al Nostro arrivo in ‘Iráq trovammo la Causa di Dio immersa in cupa apatia e immota la brezza della divina rivelazione. Molti credenti eran abbattuti ed estenuati, anzi completamente morti e perduti. Poi ci fu un secondo squillo di Tromba, e la Lingua della Magnificenza proferì queste parole benedette: «Per la seconda volta abbiamo dato fiato alla Tromba». Così il mondo intero fu ridestato dalle aure salutari della rivelazione e della divina ispirazione.
?BAHÁ’U’LLÁH 3Appena Bahá’u’lláh arrivò a Baghdád nella comunità di esuli si aprì una crisi interna, i cui primi segni avevano incominciato a mostrarsi dopo il martirio del Báb. Al centro di questa crisi c’era il fratellastro di Bahá’u’lláh, Mirza Ya?yá.
Poiché i numerosi accenni al Promesso erano così chiari e trasparenti e la Sua Dispensazione doveva essere breve, il Báb aveva giudicato superfluo scegliere un successore. Aveva però nominato Mirza Ya?yá capo nominale della comunità Bábí per distogliere l’attenzione da Bahá’u’lláh e lasciarLo libero di promuovere la Causa in relativa sicurezza.
La crescente venerazione che i Bábí mostravano verso Bahá’u’lláh, nel Quale alcuni già riconoscevano il Promesso, stuzzicò la gelosia che Mirza Ya?yá già da tempo nutriva nei confronti del Fratello maggiore. Sentendo la necessità di imporsi a causa dell’indebolimento della sua posizione, egli strinse un’alleanza con Siyyid Mu?ammad di I?fahán, che Shoghi Effendi definisce «Anticristo della Rivelazione Bahá’í» e descrive come un perfido e «scellerato furfante» che manipolò la vanità di Mirza Ya?yá per soddisfare le proprie ambizioni. I due uomini, agendo di concerto, iniziarono una campagna di sottile critica nella quale stravolsero interpretazioni e commentari di Bahá’-u’lláh e fecero circolare voci sulle Sue azioni, dipingendoLo come un usurpatore, seminando il dubbio nei Suoi confronti e creando controversie e divisioni fra i Bábí.
Questo Vilipeso è stato perennemente afflitto e non ha trovato luogo sicuro ove esaminare gli scritti di Colui Che è l’Eccelso [il Báb] o di chiunque altro. Circa due mesi dopo il Nostro arrivo in ‘Iráq, secondo gli ordini di Sua Maestà lo Scià di Persia – possa Dio assisterlo – Mirza Ya?yá Ci raggiunse. Gli dicemmo: «Noi siamo stati qui mandati in ottemperanza agli ordini del Re; è consigliabile che tu rimanga in Persia. Manderemo Nostro fratello Mirza Músá in altro luogo. Non avendo il decreto reale menzionato i vostri nomi, potete levarvi e servire in qualche modo». Successivamente, questo Vilipeso lasciò Baghdád32 e per due anni Si ritirò dal mondo. Al Nostro ritorno, trovammo che egli non era partito, ma aveva rimandato la partenza. Questo Vilipeso ne fu molto rattristato. Dio attesta e Ci è testimone che Ci siamo sempre prodigati per propagare questa Causa. N‚ catene, né legami, né ceppi, né prigioni sono riusciti a impedirCi di rivelare il Nostro Essere. In quella terra proibimmo ogni misfatto e ogni azione empia e indecorosa. Notte e dì, abbiamo inviato in ogni luogo le Nostre Tavole. Non abbiamo avuto altro intento se non quello di edificare le anime degli uomini e di esaltare la Parola benedetta.
?BAHÁ’U’LLÁH 4Ovunque questo Vilipeso andasse, Mirza Ya?yá Lo seguì. Tu stesso33 sei testimone e ben sai che tutto quello che si è detto è la verità. Ma il Siyyid di I?fáhán lo abbindolò subdolamente ed insieme commisero atti che furono cagione di grandissima costernazione. Dovresti informarti dai funzionari del governo su come Mirza Ya?yá si comportò in quella terra. A parte tutto questo ti scongiuro in nome di Dio, l’Unico, l’Incomparabile, il Signore della Forza, l’Onnipossente, di esaminare attentamente le comunicazioni indirizzate in suo nome al Punto Primo, affinché tu possa vedere chiaro come il sole le prove di Colui Che è la Verità. Inoltre, dalle parole del Punto del Bayán – possano tutte le anime, fuorché la Sua, essere sacrificate per amor Suo – promanò quel che nessuno schermo può oscurare e che né i veli della gloria né quelli interposti da coloro che si sono traviati possono nascondere. I veli son stati, per certo, squarciati dalle dita del volere del tuo Signore, il Forte, Colui Che tutto soggioga, l’Onnipotente. Sì, orrenda è la sorte di coloro che Mi hanno invidiato e calunniato.
?BAHÁ’U’LLÁH 5In ogni modo vogliamo sperare che la gente del Bayán sia illuminata, si libri nel regno dello spirito e vi risieda, discerna la Verità e riconosca con chiaro intuito l’ingannevole menzogna. Oggigiorno, però, si diffondono tali sentori di gelosia che – giuro per l’Educatore di tutti gli esseri visibili e invisibili – dal principio della creazione del mondo – che pur non ha principio – fino ad oggi mai si erano sollevati, né più si solleveranno per l’avvenire tanto odio, invidia, malignità. Poiché uomini che non hanno mai aspirato la fragranza della giustizia hanno issato lo stendardo della sedizione e fatto lega contro di Noi. Vediamo da ogni parte minacciose lance e in ogni direzione scorgiamo punte di frecce. Ciò benché non Ci siamo mai gloriati di nulla, né abbiamo cercato di anteporCi a chicchessia. Siamo stati per tutti il compagno più cortese, l’amico più tollerante e affezionato. Fra i poveri abbiamo cercato la loro compagnia e, fra gli eccelsi e i dotti, siamo stati umili e sottomessi. Giuro su Dio, sul vero, unico Dio! Per quanto gravi siano stati i mali e le sofferenze inflittiCi dalla mano del nemico e dalla gente del Libro, pure, tutto svanisce nel nulla al confronto di quello che abbiamo subìto per mano di coloro che si professano Nostri amici.
?BAHÁ’U’LLÁH 6I giorni delle prove sono ora giunti. Oceani di discordia e di tribolazione si sollevano e i Vessilli del Dubbio sono intenti in tutti gli angoli a suscitare guai e a condurre gli uomini alla perdizione… Non lasciate che voci di soldati della negazione spargano dubbi fra voi, non permettete a voi stessi di divenire incuranti di Colui Che è la Verità, perché simili contese sono state suscitate in ogni Dispensazione. Ma Dio instaurerà la Sua Fede e manifesterà la Sua Luce, sebbene i fomentatori di discordia la aborriscano… Vegliate ogni giorno sulla Causa di Dio… Tutti sono prigionieri nel Suo pugno. Non v’è posto per alcuno ove fuggire. Non pensate che la Causa di Dio sia cosa da prendersi alla leggera, in cui ognuno possa soddisfare i propri capricci. In vari luoghi diverse anime hanno, attualmente, avanzato la medesima rivendicazione. S’avvicina il momento in cui… ciascuno di loro perirà e andrà perduto, anzi, diverrà un nulla, cosa dimenticata come polvere.
?BAHÁ’U’LLÁH 7Sai bene, o mio Dio, che ero considerato uno della gente del Bayán, che mi associavo a loro in amore e fratellanza, li richiamavo a Te giorno e notte, con le meraviglie della Tua Rivelazione e della Tua ispirazione, e che ho subito per mano loro ciò che gli abitanti delle città della Tua creazione non sono capaci di raccontare. Giuro per la Tua possanza, o mio Benamato! Ogni mattina quando mi sveglio mi trovo bersagliato dai dardi della loro invidia e ogni notte, quando mi corico per riposare, scopro che sono caduto vittima delle lance del loro odio. Sebbene Tu mi abbia reso noti i segreti dei loro cuori e mi abbia posto al di sopra di loro, mi sono rifiutato di svelare le loro azioni e li ho trattati con pazienza, consapevole dell’ora da Te fissata. E quando la Tua promessa si avverò e l’ora stabilita giunse, sollevasti impercettibilmente il velo dell’occultamento ed, ecco, tutti gli abitanti dei regni della Tua Rivelazione e della Tua creazione vacillarono e tremarono, eccetto quelli da Te creati col fuoco del Tuo amore, il soffio del Tuo zelo, l’acqua della Tua amorosa gentilezza e la creta della Tua grazia. Questi son coloro che sono glorificati dalle Schiere celesti e dagli abitanti delle Città dell’eternità.
Ti rendo, perciò, lode, o mio Dio, perché hai preservato coloro che hanno riconosciuto la Tua unità e distrutto coloro che Ti hanno assegnato soci e li hai divisi gli uni dagli altri con un’ulteriore parola proceduta dalla bocca del Tuo volere e sgorgata dalla penna del Tuo scopo. Al che i Tuoi servi, creati per la parola del Tuo comando e generati dal Tuo volere, cavillarono con me e mi contrastarono così duramente che Ti ripudiarono, respingendo i Tuoi segni e insorgendo contro di Te.
La Tua gloria mi è testimone, o mio Benamato! La mia penna è incapace di descrivere ciò che le loro mani hanno perpetrato contro Colui Che è la Manifestazione della Tua Causa, l’Alba della Tua Rivelazione e l’Oriente della Tua ispirazione. Per tutto questo Ti rendo lode. Giuro per la Tua gloria, o mio Dio! Il mio cuore anela alle cose da Te ingiunte nel cielo del Tuo decreto e nel regno del Tuo comando. Poiché qualunque cosa mi accada sulla Tua via è la delizia dell’anima mia e la mèta del mio desìo. Questo, invero, è da attribuirsi a null’altro che al Tuo potere e alla Tua possanza.
O mio Dio, sono colui che per l’amore che Ti porta è stato capace di fare a meno di tutti coloro che sono in cielo e sulla terra. Armato di quest’amore, non temo nessuno, anche se tutti i popoli del mondo si unissero per ferirmi. Potesse il mio sangue, in questo stesso istante, essere sparso sulla faccia della terra davanti a Te e potessi Tu vedermi nella condizione in cui hai visto quei Tuoi servi che si sono avvicinati a Te e quelle Tue creature giuste che sono state da Te prescelte!
Ti rendo grazie, o mio Dio, perché hai deciso con il potere del Tuo decreto e continuerai a decidere con il Tuo comando e il Tuo scopo irrevocabili. Ti supplico, o mio Benamato, per il Tuo Nome col quale innalzasti le insegne della Tua Causa e diffondesti gli splendori della luce del Tuo sembiante, di far scendere su di me e su quei Tuoi servi che Ti sono interamente devoti tutto il bene che decretasti nelle Tue Tavole. Ponici, dunque, su seggi di verità, alla Tua presenza, o Tu nelle Cui mani è il regno di tutte le cose!
Tu sei, in verità, l’Onnipotente, il Gloriosissimo, il Misericordiosissimo.
?BAHÁ’U’LLÁH 8Oceani di tristezza si sono sollevati su di Me e nessuno potrebbe sopportare di berne una sola goccia. Tale è il Mio dolore che la Mia anima si è quasi dipartita dal Mio corpo... Presta orecchio, o Kamál, «alla voce di questa misera, questa negletta formica, che si è nascosta nel nido, il cui desiderio è di allontanarsi da voi e di scomparire dalla vostra vista, a causa di ciò che le mani degli uomini hanno operato. In verità, Dio è stato testimone fra Me e i Suoi servi». E ancora: «Guai a Me! Guai a Me!… tutto quello che ho visto, dal giorno in cui per la prima volta ho bevuto puro latte dal seno di Mia madre sino ad ora, è stato cancellato dalla Mia memoria, in conseguenza di ciò che le mani della gente hanno commesso
?BAHÁ’U’LLÁH 9Il diluvio di Noè non è che la misura delle lacrime che ho versato e il fuoco di Abramo un’effervescenza della Mia anima. Il dolore di Giacobbe non è che un riflesso delle Mie pene e le afflizioni di Giobbe una frazione delle Mie calamità
?BAHÁ’U’LLÁH 10O Dio, mio Dio! Non restare lontano da me, perché tribolazione su tribolazione s’è addensata su di me. O Dio, mio Dio! Non mi abbandonare a me stesso, perché il massimo dell’avversità m’ha sopraggiunto. Dammi da bere puro latte tratto dal seno del Tuo tenero amore, perché la sete m’ha del tutto consumato. All’ombra delle ali della Tua misericordia riparami, poiché tutti i miei avversari, di comune accordo, mi si sono avventati contro. Tienimi vicino al trono della Tua maestà, dinanzi alla rivelazione dei segni della Tua gloria, giacché l’afflizione mi ha dolorosamente toccato. Con i frutti dell’Albero della Tua Eternità nutrimi, poiché m’ha colto estrema debolezza. Dalle coppe della gioia, offerte dalle mani delle Tue tenere misericordie, alimentami, poiché infiniti dolori m’hanno ghermito. Con l’abito ricamato della Tua onnipotente sovranità vestimi, poiché la povertà m’ha completamente spogliato. Cullato dal tubare della Colomba della Tua Eternità, fammi dormire, poiché le più nere afflizioni m’hanno colpito. Dinanzi al trono della Tua unicità, fra i bagliori della bellezza del Tuo sembiante, fammi dimorare, poiché timore e tremore m’hanno violentemente sopraffatto. Nell’oceano della Tua indulgenza, di fronte ai continui moti del leviatano della gloria, immergimi, perché i miei peccati m’hanno condannato.
?BAHÁ’U’LLÁH 11Una mattina al risveglio, la famiglia di Bahá’u’lláh scoprì che Egli Se n’era andato. Oppresso dal dolore per le maligne accuse mosse da Mirza Ya?yá e da Siyyid Mu?ammad e preoccupato dalla spaccatura che la loro campagna diffamatoria stava creando nella comunità Bábí, il 10 aprile 1854, senza informare nessuno, Bahá’u’lláh lasciò Baghdád per le remote solitudini del Kurdistán, accompagnato solo da un attendente musulmano che fu subito aggredito e ucciso dai predoni.
La partenza di Bahá’u’lláh per il Kurdistán ricorda i ritiri di altre Manifestazioni di Dio in preparazione alla prosecuzione della loro Missione Profetica. Come Mosè rimase nel deserto di Paran, Gesù trascorse quaranta giorni e quaranta notti nel deserto e Mu?ammad Si rifugiò nelle grotte del monte Hira, così Bahá’u’lláh Si ritirò sulle montagne del Kurdistán, dove visse in solitudine per due anni.
Indossata la veste del dervisio (darvísh), portando Seco solo un cambio di vestiti e una ciotola per le elemosine e preso il nome di Darvísh Mu?ammad-i-Írání, Bahá’u’lláh percorse a piedi circa duecento miglia nelle remote regioni del Kurdistán. Per molti mesi visse sulla montagna di Sar-Galú, distante tre giorni di viaggio dal più vicino luogo abitato.
La Sua solitudine fu interrotta quando un uomo, seguendo le istruzioni ricevute in sogno dal profeta Mu?ammad, Lo trovò. Poco dopo fece visita a Bahá’u’lláh il capo di un ordine religioso del villaggio di Sulaymáníyyih, che, dopo ripetute insistenze, Lo convinse a prendere residenza in un seminario teologico del villaggio. A poco a poco gli abitanti del villaggio incominciarono a capire che Darvísh Mu?ammad possedeva doni e poteri speciali e il magnetismo della Sua personalità e la profondità del Suo sapere fecero di Lui l’oggetto dell’ammirazione di nobili e umili, giovani e vecchi, Curdi, Arabi e Persiani. «In breve tempo» dice ‘Abdu’l-Bahá «il Kurdistán fu magnetizzato dal Suo amore... Un’aura di maestà aleggiava attorno a Lui come un sole del meriggio. Era molto riverito e amato dappertutto».
Ben presto la fama di Darvísh Mu?ammad giunse fino a Baghdád. La famiglia di Bahá’u’lláh fu subito convinta che Darvísh Mu?ammad era Bahá’u’lláh. ‘Abdu’l-Bahá, il figlio dodicenne di Bahá’u’lláh, e Mirza Músá, fratello di Bahá’u’lláh, inviarono due uomini che Lo implorassero di ritornare. Anche Mirza Ya?yá, la cui vera personalità era ora stata riconosciuta dai superstiti Bábí più eminenti, Gli scrisse, supplicandoLo di ritornare.
I torti che ho subito hanno cancellato dalla Tavola del creato quelli subiti dal Mio primo Nome [il Báb]... Dalla Terra di ?á [?ihrán], dopo innumerevoli afflizioni, per ordine del Tiranno di Persia raggiungemmo l’‘Iráq, dove, dopo i ceppi dei nemici, fummo afflitti dalla perfidia degli amici. Sa Dio cosa Mi accadde poi! Alla fine abbandonai la Mia casa e tutto quello che vi si trovava e rinunciai alla vita e a tutto ciò che le appartiene, e solo e senza amici decisi di ritirarMi. Vagai per i deserti della rassegnazione, viaggiando in tal guisa che nel Mio esilio ogni occhio Mi compianse e tutte le cose create versarono lacrime di sangue a causa della Mia angoscia. Miei compagni furono gli uccelli dell’aria e miei amici gli animali dei campi... Per la giustizia di Dio! Ho sopportato quello che né oceani, né onde, né frutti, né cosa creata, presente o futura, ha sopportato o potrà mai sopportare.
?BAHÁ’U’LLÁH 12Subito dopo il Nostro arrivo,34 Ci recammo fra le montagne del Kurdistán, dove, per un certo periodo, conducemmo una vita di assoluta solitudine. Cercammo rifugio sulla cima di una montagna remota che si trovava a quasi tre giorni di distanza dal più vicino insediamento umano. Mancava ogni comodità. Rimanemmo completamente isolati dai Nostri simili finché un certo Shaykh Ismá‘íl non scoprì la Nostra dimora, portandoCi il cibo che Ci abbisognava.
?BAHÁ’U’LLÁH 13Nei primi giorni dopo il Nostro arrivo in questo paese,35 scorgendo i segni di imminenti avvenimenti, decidemmo di ritirarCi prima che accadessero. Ci recammo nel deserto e là, isolati e soli, per due anni conducemmo vita di completa solitudine. Dai Nostri occhi scorrevano lacrime d’angoscia e nel cuore sanguinante ondeggiava un oceano di atroce sofferenza. Più di una sera non avemmo di che sostentarCi e più di un giorno il Nostro corpo non trovò riposo. In nome di Colui Che ha il Mio essere fra le Sue mani! Nonostante questi rovesci di afflizioni e le incessanti calamità, l’anima Nostra era colma di gioia beata e tutto il Nostro essere provava una felicità ineffabile, poiché, nella solitudine, non conoscevamo torto o vantaggio, salute o malattia di nessun’anima. Soli, comunicavamo col Nostro spirito, dimentichi del mondo e di quanto contiene. Non sapevamo però che l’intreccio dei fili del destino divino sfugge alle più vaste concezioni mortali e che le frecce del Suo decreto trascendono i più arditi disegni umani. Nessuno può sfuggire al cappio ch’Egli tende e nessun’anima può affrancarsi se non sottomettendosi al Suo volere. Per la giustizia di Dio! Il Nostro ritiro non contemplava ritorno e la Nostra separazione non sperava riunione. Unico scopo del Nostro esilio era quello di evitare di divenire ragione di discordia fra i fedeli, fonte di turbamento per i compagni, ragione d’oltraggio per una qualsiasi anima, o causa di sofferenza per un qualsiasi cuore. Oltre a queste non avevamo altre intenzioni e al di fuori di questo non avevamo altro fine. Eppure ognuno tramava secondo il proprio desiderio e seguiva le proprie vane fantasie, finché dalla Mistica Sorgente venne l’appello che Ci ordinò di ritornare là donde eravamo venuti. Sottomettendo la Nostra volontà alla Sua, ci conformammo alla Sua ingiunzione.
?BAHÁ’U’LLÁH 14Per due anni o poco meno ho evitato tutto fuorché Dio e ho chiuso gli occhi a tutto eccetto Lui, caso mai si spegnesse il fuoco dell’odio e si riducesse il calore della gelosia
?BAHÁ’U’LLÁH 15Lode a Te, o Signore Mio Dio, per le meravigliose rivelazioni del Tuo imperscrutabile decreto e per la molteplicità dei dolori e delle prove che Mi hai destinato. Una volta Mi hai consegnato nelle mani di Nimrod, un’altra hai permesso che Mi perseguitasse la verga di Faraone. Tu solo, con la Tua sapienza che tutto abbraccia e per opera della Tua Volontà, puoi giudicare le incalcolabili afflizioni che ho sofferto dalle loro mani. Mi hai, poi, gettato nella prigione riservata agli empi per la sola ragione che Mi sono spinto a sussurrare all’orecchio dei privilegiati cittadini del Tuo Regno un vago cenno della visione con la quale Mi avevi ispirato, per mezzo della Tua sapienza, rivelandoMene il significato con la forza della Tua potenza. E ancora hai decretato che fossi decapitato dalla spada degli infedeli. Sono poi stato crocefisso per avere svelato agli occhi degli uomini le gemme celate della Tua gloriosa unità e rivelato i segni meravigliosi del Tuo potere sovrano ed eterno. Quali amare umiliazioni mi sono successivamente state inflitte nella pianura di Karbilá! Come Mi sono sentito isolato fra la Tua gente! In quale stato di abbandono sono stato ridotto in quella terra! Non contenti di queste nefandezze, i Miei persecutori Mi hanno decapitato e, portando la Mia testa impalata di terra in terra, ne hanno fatto sfoggio sotto gli occhi delle moltitudini dei miscredenti e l’hanno deposta sui seggi dei perversi e degli infedeli. Poi sono stato appiccato e il Mio petto è stato bersagliato dagli strali della maligna crudeltà dei Miei nemici. Le Mie membra sono state crivellate dalle pallottole e il Mio corpo è stato straziato. Infine vedi come in questo Giorno i Miei perfidi nemici abbiano fatto lega contro di Me e complottino continuamente per instillare nell’anima dei Tuoi servi il veleno dell’odio e della malizia. Con tutte le forze tramano per raggiungere il loro scopo... Pur penosa la Mia sorte, o Dio, Mio Benamato, Ti rendo grazie e il Mio Spirito Ti è grato per tutto ciò che Mi è avvenuto sul sentiero del Tuo compiacimento. Sono soddisfatto di quello che hai predisposto per Me e accolgo con gioia le pur gravi pene e tribolazioni che sono destinato a soffrire.
?BAHÁ’U’LLÁH 16Se non avessi riconosciuto che la Causa benedetta del Punto Primo era sul punto di essere completamente annientata e che tutto il sacro sangue versato sulla via di Dio sarebbe stato sparso invano, non avrei mai acconsentito a ritornare al popolo del Bayán e li avrei abbandonati ad adorare gli idoli che le loro immaginazioni avevano creato.
?BAHÁ’U’LLÁH 17Non v’è penna che possa narrare ciò che vedemmo al Nostro ritorno! Eran trascorsi due anni durante i quali i Nostri nemici avevano lottato incessantemente e assiduamente per sterminarCi, come tutti possono testimoniare. Nonostante ciò, nessuno dei fedeli si era levato a difenderCi, nessuno si era sentito dispos-to ad aiutarCi e liberarCi. No, invece di difenderCi, quali piogge di continui dolori le loro parole e i loro atti hanno riversato sulla Nostra anima! restiamo fra loro, la vita in mano, interamente rassegnati al Suo volere; con l’amorosa assistenza di Dio e con la Sua grazia, possa questa Lettera rivelata e manifestata immolare la vita in sacrificio sul sentiero del Punto Primo, il Verbo più eccelso! Per Colui per il Cui comando lo Spirito ha parlato, se non fosse stato per questo desiderio intenso della Nostra anima, non Ci saremmo trattenuti in questa città neppure un momento di più.
?BAHÁ’U’LLÁH 18Trovammo non più che un manipolo di anime, deboli e scoraggiate, anzi completamente perdute e morte. La Causa di Dio aveva cessato di essere sulla bocca della gente, né vi era alcun cuore ricettivo al Suo messaggio.
?BAHÁ’U’LLÁH 19Ritornati a Baghdád, con Nostro grande stupore trovammo che la Causa del Báb era stata dolorosamente negletta, che la sua influenza s’era indebolita e che perfino il suo nome era quasi caduto nell’oblio. Sorgemmo a ravvivare la Sua Causa e a salvarla dalla decadenza e dalla corruzione. In un momento in cui il timore e la perplessità si erano impossessati dei Nostri compagni, riaffermammo, con intrepidità e determinazione, le sue verità essenziali e invitammo tutti coloro che si erano intiepiditi ad abbracciare con entusiasmo la Fede che avevano così penosamente trascurato. Lanciammo il Nostro appello ai popoli del mondo e li invitammo a fissare lo sguardo sulla luce della Sua Rivelazione.
?BAHÁ’U’LLÁH 20Il ritorno di Bahá’u’lláh da Sulaymáníyyih a Bagdad segna una svolta della massima importanza nella storia del primo secolo bahá’í. Le sorti della Fede, dopo aver toccato il fondo, stavano ora incominciando a risollevarsi ed erano destinate a procedere, stabilmente e maestosamente, verso una nuova vetta, associata questa volta alla Dichiarazione della Sua Missione, la vigilia del Suo esilio a Costantinopoli. Con il Suo ritorno a Bagdad, veniva ora fissato un solido ancoraggio, quale la Fede non aveva mai conosciuto nella sua storia...
Ora finalmente... i Bábí potevano concentrare le loro speranze e le loro mosse attorno a Colui Che (qualunque fossero le loro opinioni quanto al Suo rango) credevano capace di garantire la stabilità e l’integrità della loro Fede. L’orientamento che la Fede aveva così assunto e la stabilità del centro verso il quale ora gravitava continuarono, in una forma o nell’altra, a essere le sue eccezionali caratteristiche, delle quali non sarebbe mai più stata privata
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Nei sette anni che trascorsero fra la ripresa del Suo impegno e la dichiarazione della Sua missione profetica... non sarebbe esagerato dire che, sotto il nome e nella forma di una risorta comunità Bábí, era nata e andava lentamente prendendo forma la comunità bahá’í, sebbene il suo Creatore apparisse ancora come uno dei più eminenti discepoli del Báb e come tale continuasse ancora ad operare. Fu un periodo durante il quale il prestigio del capo nominale della comunità andò sempre più affievolendosi, mentre impallidiva di fronte al sorgente splendore di Colui Che era il vero Capo e Liberatore. Fu un periodo durante il quale maturarono e furono raccolti i primi frutti di un esilio dotato di incalcolabili potenzialità. Fu un periodo che passerà alla storia come un momento durante il quale il prestigio di quella comunità ricreata crebbe enormemente, la sua morale fu riformata, il suo riconoscimento di Colui Che ne riabilitava le sorti fu entusiasticamente dichiarato, la sua letteratura si arricchì grandemente e le sue vittorie sui nuovi avversari furono universalmente riconosciute.36
?Shoghi EffendiVia via che i segni della trasformazione operata da Bahá’u’lláh nella comunità Bábí di Baghdád e di tutta la Persia diventavano sempre più evidenti, crebbe anche la gelosia del clero islamico. Shaykh ‘Abdu’l-?usayn, eminente teologo, in combutta con Mirza Buzurg Khán, il console persiano, imbastì numerosi complotti per insidiare Bahá’u’llá? Fra l’altro c’era l’accusa che Bahá’u’lláh stava tramando un’insurrezione contro lo Scià e aveva centomila uomini pronti a prendere le armi al Suo comando. Vi fu anche un tentativo di farLo estradare a ?ihrán e mettere in prigione. Da parte sua, il console persiano commissionò l’uccisione di Bahá’u’lláh solo per scoprire che, in presenza di Bahá’u’lláh, il sicario aveva perso completamente la testa.
Ottenuta dallo Scià l’autorizzazione ad arruolare i teologi locali nella sua campagna contro Bahá’u’lláh, Shaykh ‘Abdu’l-?usayn convocò una riunione di preti, che espressero il desiderio di combattere la guerra santa contro i Bábí di Baghdád. Ma il sacerdote più importante fra loro, un uomo noto per la tolleranza e la saggezza, si rifiutò di partecipare al complotto e non approvò la dichiarazione. Concordarono allora di sottoporre a Bahá’u’lláh tramite un emissario vari quesiti perché Egli desse dei chiarimenti. Quando il rappresentante ritornò con risposte soddisfacenti, i teologi lo rimandarono a chiedere a Bahá’u’lláh di compiere un miracolo. «Sebbene non abbiate alcun diritto di chiederlo» Bahá’u’lláh disse al rappresentante «poiché Dio dovrebbe mettere alla prova le creature e non le creature mettere alla prova Dio, tuttavia permetto e accolgo questa richiesta». Disse poi ai teologi di accordarsi su un miracolo e di promettere che dopo che Egli lo avesse compiuto avrebbero tutti accettato la verità della Sua Causa. I teologi non riuscirono ad arrivare a una decisione e lasciarono cadere la cosa. Il loro inviato fece circolare ampiamente la notizia in Persia e giunse perfino a raccontarla di persona al ministro degli affari esteri.
Per dodici anni rimanemmo a Baghdád.37 Nonostante il Nostro grande desiderio che venisse convocata una vasta riunione di teologi e di uomini equanimi, così che fosse possibile distinguere il vero dal falso e dimostrare appieno la verità, il provvedimento non fu preso... Similmente, mentre eravamo in ‘Iráq, desiderammo incontrarCi con i teologi persiani. Appena lo seppero, fuggirono e dissero: «In verità, è chiaro che è un mago». Questa è la parola che in altri tempi uscì dalla bocca di altri come loro. Essi [i teologi] protestarono contro ciò che costoro dissero, eppure oggi ripetono anche loro ciò che fu detto prima di loro e non capiscono. Per la Mia vita! Sono come cenere agli occhi del tuo Signore. S’Egli volesse, su di loro soffierebbero venti tempestosi e li trasformerebbero in polvere. Il tuo Signore, in verità, fa ciò che Gli piace.
?BAHÁ’U’LLÁH 21Gli ‘ulamá devono riunirsi e, di comune accordo, scegliere un miracolo e mettere per iscritto che, dopo il suo compimento, non avranno più dubbi su di Me e che tutti riconosceranno e confesseranno la verità della Mia Causa. Appongano i sigilli su questo documento e Me lo portino. Questo è il criterio che devono accettare: se il miracolo si compie, nessun dubbio resterà in loro; altrimenti, saremo incolpati di impostura.
?BAHÁ’U’LLÁH 22O Penna dell’Antico dei Giorni, dì alle nazioni quel che accadde in ‘Iráq. Dì loro del messaggero che la congregazione dei teologi di quel paese aveva delegato a incontrarCi, il quale, giunto in Nostra presenza, C’interrogò su certe scienze, al che rispondemmo in virtù della sapienza innata che possediamo. In verità, il Tuo Signore è a conoscenza delle cose invisibili. «Attestiamo», disse, «che la sapienza che Tu possiedi è tale che nessuno può competere con Te. Tale sapienza è, però, insufficiente a giustificare lo stadio eccelso che la gente Ti attribuisce. Se dici la verità, produci ciò che le forze unite dei popoli della terra non riuscirebbero a produrre». Così era stato irrevocabilmente decretato alla corte della presenza del tuo Signore, il Gloriosissimo, l’Amoroso.
«Testimone! Che cosa vedi?», Egli restò interdetto. E quando tornò in sé, disse: « Credo veramente in Dio, il Gloriosissimo, il Lodatissimo». «Va dalla gente e dì loro: “DomandateGli qualunque cosa vi piaccia. Egli ha il potere di fare ciò che vuole. Nulla, del passato o del futuro, può ostacolare la Sua Volontà”. Dì: “O accolta di teologi! Scegliete qualunque soggetto vi piaccia e chiedete al vostro Signore, l’Iddio di Misericordia, di rivelarvelo. Se esaudisce il vostro desiderio, per virtù della Sua sovranità, credete allora in Lui e non siate di coloro che respingono la Sua verità”». «L’alba della comprensione è apparsa», egli disse, «e la testimonianza del Misericordiosissimo è compiuta». Si alzò e tornò da coloro che l’avevano mandato, per ordine di Dio, il Gloriosissimo, il Benamato.
I giorni trascorsero senza che ritornasse. Alla fine giunse un altro messaggero a informarCi che avevano rinunciato allo scopo originario. In verità, è gente spregevole. Questo è ciò che accadde in ‘Iráq e di ciò che rivelo sono Io Stesso testimone. L’avvenimento fu riportato dappertutto, eppure non si trovò nessuno che ne comprendesse il significato. Così avevamo comandato. Se solo lo sapeste!
?BAHÁ’U’LLÁH 23L’ascendente di Bahá’u’lláh sui teologi non fece altro che rafforzare la determinazione di Shaykh ‘Abdu’l-?usayn e di Mirza Buzurg Khán di sbarazzarsi di Lui. Dopo nove mesi di tentativi per screditarLo e di incessanti raccomandazioni allo Scià e al suo ambasciatore a Costantinopoli affinché Lo allontanassero da Baghdád, finalmente riuscirono nel loro intento. Lo Scià ordinò al ministro degli esteri di chiedere al sultano turco ‘Abdu’l-‘Azíz di esiliare Bahá’u’lláh da Baghdád perché la Sua permanenza nella città costituiva una minaccia per la sicurezza del governo persiano.
Ottenuta l’approvazione del Sultano, il primo ministro turco ‘Alí Páshá, inviò una lettera a Námiq Páshá, governatore di Baghdád, invitando diplomaticamente Bahá’u’lláh a trasferire la Sua residenza a Costantinopoli, ospite del governo ottomano. Námiq Páshá, grande ammiratore di Bahá’u’lláh, fu così disturbato dagli intrighi che solo dopo tre mesi e cinque successive sollecitazioni da parte di ‘Alí Páshá si senti obbligato riferire la cosa a Bahá’u’llá?
Secondo la richiesta di Námiq Páshá, Bahá’u’lláh fece visita alla moschea situata davanti alla Sede del Governo. Lì venne a incontrarLo il vicegovernatore. Bahá’u’lláh dopo essere stato informato dell’invito del governo turco, acconsentì, ma Si rifiutò di accettare la somma di denaro offertaGli. Poiché il vicegovernatore fece pressioni perché non rifiutasse i fondi, per non offendere le autorità, Bahá’u’lláh cedette, ma più tardi nella giornata distribuì il denaro ai poveri.
Per undici anni abitammo in quella terra, finché arrivò il Ministro rappresentante del tuo governo, il cui nome la Nostra penna detesta menzionare, che si era dato al vino, che seguiva le sue brame, che commetteva malvagità ed era corrotto e corruppe l’‘Iráq. Ne può far fede la maggior parte degli abitanti di Baghdad, se vuoi informartene ed esser di coloro che cercano la verità. Fu lui che carpì iniquamente le sostanze del prossimo, che dimenticò tutti i comandamenti di Dio e perpetrò tutto ciò che Dio aveva proibito. Infine, seguendo i suoi desideri, si scagliò contro di Noi e percorse le vie dell’ingiustizia. Nella sua lettera indirizzata a te, egli Ci accusò e tu lo credesti e lo seguisti sulla sua strada senza chiedergli nessuna prova o testimonianza degna di fede. Non chiedesti spiegazioni, né cercasti di indagare o di accertarti della cosa, perché la verità potesse essere distinta dalla menzogna ai tuoi occhi e tu potessi essere illuminato nel tuo giudizio. Scopri personalmente che sorta di uomo era, interrogando i Ministri che in quel tempo erano in ‘Iráq, nonché il Governatore della Città (Baghdad) e il suo primo Consigliere, affinché ti sia rivelata la verità e tu sia bene informato.
Dio Ci è testimone! Non abbiamo mai avversato lui o altri. Abbiamo osservato in ogni condizione i precetti di Dio e non siamo mai stati fomentatori di disordini. Lo attesta lui stesso. Sua intenzione era quella d’impadronirsi di Noi e di rimandarCi in Persia per accrescere così la sua fama e la sua reputazione. Tu hai commesso lo stesso crimine e allo stesso scopo. Agli occhi di Dio, il Signore sovrano di tutto, l’Onnisciente, siete allo stesso livello.
?BAHÁ’U’LLÁH 24Vidi38 i Profeti e i Messaggeri riunirsi e sedersi attorno a Me. Gemevano, piangevano e si lamentavano a gran voce. Stupito ne chiesi loro la ragione, al che lamenti e pianti aumentarono ancora, e mi dissero: «Piangiamo per Te, Sommo Mistero, Tabernacolo d’Immortalità!» E piansero di un tal pianto che piansi anch’Io con loro. Allora l’alto Consesso si rivolse a Me dicendo: «…Fra breve vedrai con i Tuoi occhi ciò che nessun Profeta ha mai veduto… sii paziente, sii paziente»… Continuarono a parlarMi per tutta la notte fino all’avvicinarsi dell’alba.
?BAHÁ’U’LLÁH 25Che lo Spirito debba uscire dal corpo dell’Iraq è invero un meraviglioso segno per tutti coloro che sono in cielo e tutti coloro che sono sulla terra. Fra breve vedrete questo Divino Giovane cavalcare il destriero della vittoria. Allora i cuori degli invidiosi saranno scossi dal tremore.
?BAHÁ’U’LLÁH 26Miei compagni, affido alla vostra custodia questa città di Baghdád nello stato in cui la vedete ora, mentre dagli occhi di amici ed estranei, che affollano i tetti delle case, le strade e i mercati, scorrono lacrime come pioggia di primavera e Io parto. A voi spetta ora di vigilare affinché le vostre azioni e il vostro comportamento non offuschino la fiamma d’amore che brilla nel petto dei suoi abitanti.
?BAHÁ’U’LLÁH 27I nemici di Bahá’u’lláh pensavano che il Suo esilio da Baghdád avrebbe comportato la Sua umiliazione. Ma avvenne il contrario. La notizia della Sua imminente partenza suscitò un tumulto nella città. «Un assembramento di persone d’ambo i sessi e di tutte le età» scrive Shoghi Effendi
amici ed estranei, arabi, curdi e persiani, notabili ed ecclesiastici, ufficiali e mercanti, e molti delle classi più umili, poveri, orfani, proscritti, alcuni sorpresi, altri affranti, molti in lagrime e spaventati, certi spinti da curiosità o segreta soddisfazione, s’affollarono vicino alla Sua casa sperando di dare un ultimo fugace sguardo a Colui Che per dieci anni, con l’in-segnamento e l’esempio, aveva esercitato un’influenza così potente su un così gran numero degli eterogenei abitanti della città.
Le acclamazioni accordate a Bahá’u’lláh trasformarono la gioia dei Suoi nemici in mortificazione e rammarico. Il governatore, Námiq Páshá, disse a Bahá’u’lláh: «"Prima insistevano per la Vostra partenza. Ma ora insistono ancora di più che Voi restiate”».
Il 22 aprile 1863, ventisei giorni dopo aver ricevuto da ‘Alí Páshá l’invito di lasciare Baghdád, Bahá’u’lláh uscì dalla Sua casa ed entrò nel Giardino di Najíbíiyyih, dove rimase dodici giorni. Un’indicazione dell’autorità divina che Egli personificava fu il táj (corona) finemente ricamato che ora indossava. A ondate successive, amici e compagni giunsero alla Sua presenza e Si congedarono da Lui. Fra loro vi furono Námiq Páshá e il muftí di Baghdád.
Queste le circostanze del momento che Bahá’u’lláh scelse per annunciare pubblicamente la Sua missione profetica. Shoghi Effendi descrive l’importante evento.
L’arrivo di Bahá’u’lláh nel giardino di Najíbíyyih, chiamato poi dai Suoi seguaci Giardino di Ri?ván, segna l’inizio di quella che è stata poi riconosciuta come la più santa e più significativa di tutte le festività bahá’í, la festività che commemora la Dichiarazione della Sua Missione ai Suoi compagni. Una così importante Dichiarazione può ben essere considerata il logico coronamento di quel rivoluzionario processo da Lui iniziato al Suo ritorno da Sulaymáníyyih e il preludio della definitiva proclamazione di quella Missione al mondo e ai suoi capi da Adrianopoli...
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Delle esatte circostanze che accompagnarono quella storica Dichiarazione siamo, purtroppo, solo scarsamente informati. Le parole che Bahá’u’lláh realmente pronunciò in quell’occasione, la forma della Sua Dichiarazione, la reazione che produsse, l’effetto su Mirza Ya?yá, l’identità di coloro che ebbero il privilegio di ascoltarLo sono avvolti in un’oscurità che i futuri storici potranno difficilmente penetrare.
Ma quel che rimane sono le Tavole della Penna Suprema che rivelano l’importanza dell’annuncio e trasmettono il senso della gioia che colmò le anime dei presenti.
La Primavera divina è giunta, o Eccelsa Penna, poiché la Festività del Misericordiosissimo s’avvi-cina rapidamente. Sorgi e magnifica il nome di Dio al cospetto dell’intera creazione e celebra la Sua lode, in tal guisa che tutte le cose create ne siano rigenerate e rinnovate. Parlane senza posa. L’astro della beatitudine brilla sull’orizzonte del Nostro nome, il Beato, poiché il regno del nome di Dio è stato abbellito dell’ornamento del nome del tuo Signore, il Creatore dei cieli. Sorgi innanzi alle nazioni della terra, àrmati del potere di questo Nome Massimo e non essere di coloro che indugiano.
Mi pare che tu ti sia fermata e non ti muova sulla Mia Tavola. Ti ha forse disorientata lo splendore del divino Sembiante, o ti hanno colmata di dolore i vani discorsi dei caparbi paralizzando così il tuo moto? Bada che nulla ti distolga dall’esaltare la grandezza di questo Giorno – il Giorno in cui il Dito della maestà e del potere ha infranto il suggello del Vino del Ricongiungimento e ha chiamato tutti coloro che sono nei cieli e sulla terra. Preferisci indugiare mentre la brezza annunciatrice del Giorno di Dio ha già spirato su di te, o sei di quelli che sono separati da Lui come da un velo?
Non ho mai permesso ad alcun velo, o Signore di tutti i nomi e Creatore dei cieli, d’impedirmi di riconoscere le glorie del Tuo Giorno – il Giorno che è lampada di Guida per il mondo intero e segno dell’Antico dei Giorni per tutti quelli che vi dimorano. Il mio silenzio dipende dai veli che hanno accecato gli occhi delle Tue creature impedendo loro di vederTi e il mio mutismo è causato dagli ostacoli che hanno impedito alla Tua gente di riconoscere la Tua verità. Tu sai che cosa è in me, ma io non so che cosa è in Te. Tu sei l’Onnisciente, Colui Che conosce tutto. Per il Tuo nome che eccelle su tutti gli altri nomi! Se il Tuo supremo e irresistibile decreto mi raggiungesse, mi darebbe il potere di vivificare le anime di tutti gli uomini col Tuo eccelso Verbo che ho udito pronunziare dalla Tua Lingua di possanza nel Tuo Regno di gloria. Mi consentirebbe di annunziare la rivelazione del Tuo fulgido sembiante per il quale ciò che era celato agli occhi degli uomini è stato palesato nel Tuo nome, il Perspicuo, il Protettore sovrano, Colui Che esiste da Sé.
Potresti scoprire altri che Me, o Penna, in questo Giorno? Cos’è avvenuto della creazione e delle sue manifestazioni? Cosa dei nomi e del loro regno? Dove sono andate tutte le cose create visibili e invisibili? Cos’è avvenuto dei segreti celati dell’universo e delle sue rivelazioni? Ecco: l’intera creazione è scomparsa! Null’altro rimane se non il Mio Volto, l’Eterno, il Risplendente, il Gloriosissimo.
Questo è il Giorno in cui null’altro si vede fuor che gli splendori della Luce che risplende dal volto del Tuo Signore, il Benigno, il Generosissimo. In verità, abbiamo fatto spirare ogni anima in virtù della Nostra irresistibile sovranità che tutto soggioga e poi, in segno di grazia verso gli uomini, abbiamo chiamato all’esistenza una nuova creazione. Io sono, invero, il Generosissimo, l’Antico dei Giorni.
Questo è il Giorno in cui il mondo invisibile esclama: «Grande, o terra, è la tua benedizione poiché sei stata fatta piedistallo del tuo Dio e scelta quale sede del Suo potente trono». Il regno della gloria esclama: «Ti sia sacrificata la mia vita, poiché Colui Che è il Benamato del Misericordiosissimo ha stabilito su di te la Sua sovranità per il potere del Suo Nome che è stato promesso a tutte le cose, del passato e del futuro». Questo è il Giorno in cui ogni cosa profumata ha attinto la fragranza dall’effluvio della Mia veste, una veste che ha esalato profumo sull’intera creazione. Questo è il Giorno in cui le impetuose acque della vita eterna sono scaturite dalla Volontà del Misericordiosissimo. Accorrete con tutto il cuore e con tutta l’anima e bevete a sazietà, o Coorti dei regni superni!
Dì: Egli è la Manifestazione di Colui Che è l’Inconoscibile, l’Invisibile degli Invisibili, se solo lo capiste! Egli è Colui Che ha svelato innanzi a voi la Gemma celata e custodita, se solo la cercaste! Egli è il Benamato di tutte le cose, del passato e del futuro. Se solo poneste il cuore e la speranza in Lui!
Abbiamo udito la tua supplica, o Penna, e scusiamo il tuo silenzio. Che cosa ti ha confusa così profondamente?
L’ebbrezza della Tua presenza, o Benamato di tutti i mondi, mi ha colta impossessandosi di me.
Sorgi e proclama all’intera creazione le novelle che Colui Che è il Misericordiosissimo ha volto i passi verso il Ri?ván e vi è entrato. Poi guida le genti nel giardino della delizia di cui Dio ha fatto il Trono del Suo Paradiso. Ti abbiamo scelta perché tu sia la nostra Tromba più possente, il cui squillo segnalerà la resurrezione dell’intera umanità.
Dì: Questo è il Paradiso sul cui fogliame il nèttare della Parola ha impresso la testimonianza: «Colui Che era celato agli occhi degli uomini Si è rivelato, cinto di sovranità e potenza!». Questo è il Paradiso, il fruscio delle cui foglie proclama: «O abitatori dei cieli e della terra! È apparso ciò che non era mai apparso prima. Colui Che dall’eternità aveva nascosto il Volto alla vista della creazione è ora venuto». Dalla sussurrante brezza che spira fra i suoi rami si leva il grido: «Colui Che è il Signore sovrano di tutto Si è manifestato: il Regno è di Dio!»., mentre dalle sue acque scorrenti si ode il mormorio: «Tutti gli occhi si rallegrano, poiché Colui Che nessuno aveva veduto, il Cui segreto nessuno aveva penetrato, ha sollevato il velo della gloria e scoperto il volto della Bellezza».
In questo Paradiso e dall’alto delle sue più eccelse stanze, le Ancelle del Cielo hanno gridato esclamando: «Esultate, o abitatori dei regni superni, poiché nel cuore dei cieli le dita di Colui Che è l’Antico dei Giorni suonano la Più Grande Campana in nome del Gloriosissimo. Le mani della munificenza hanno offerto la coppa della vita eterna. Avvicinatevi e bevete a sazietà. Bevete con pura delizia, voi che siete incarnazioni della brama, voi che siete personificazioni del desiderio veemente!».
Questo è il Giorno in cui Colui Che è il Rivelatore dei nomi di Dio è uscito dal Tabernacolo della gloria e ha proclamato a tutti coloro che sono nei cieli e sulla terra: «Riponete le coppe del Paradiso e tutte le acque vivificatrici che vi sono contenute, poiché, ecco, le genti di Bahá sono entrate nella dimora beata della Presenza divina e hanno libato il vino del ricongiungimento dal calice della bellezza del loro Signore, Colui Che tutto possiede, l’Altissimo».
Dimentica il mondo della creazione, o Penna, e volgiti verso il volto del tuo Signore, il Signore di tutti i nomi. Adorna, dunque, il mondo con l’orna-mento dei favori del tuo Signore, il Re dei giorni eterni. Sentiamo la fragranza del Giorno in cui Egli, il Desiderio di tutte le nazioni, ha fatto brillare lo splendore della luce dei Suoi più eccelsi nomi sui regni dell’invisibile e del visibile, avvolgendoli nel fulgore dei luminari dei Suoi più amabili favori, favori che nessuno può valutare eccetto Lui, Che è il Protettore onnipotente dell’intera creazione.
Non guardare le creature di Dio se non con occhio benevolo e misericordioso, poiché la Nostra amorevole provvidenza ha pervaso tutte le cose create e la Nostra grazia ha abbracciato la terra e i cieli. Questo è il Giorno in cui i veri servi di Dio gustano le acque vivificatrici del ricongiungimento, il Giorno in cui coloro che Gli sono vicini possono dissetarsi al fiume dolcemente scorrente dell’immortalità e coloro che credono nella Sua unità possono bere il vino della Sua Presenza, riconoscendo in Lui il Supremo e Ultimo Fine di tutto, in Cui la Lingua della Maestà e della Gloria lancia l’appello: «Il Regno è Mio. Io sono, per Mio diritto, il suo Sovrano».
Attira i cuori degli uomini col richiamo di Colui Che è l’unico, il solo Benamato. Dì: Questa è la Voce di Dio, se porgeste orecchio. Questa è l’Alba della Rivelazione di Dio, se lo sapeste. Questo è l’Oriz-zonte da cui sorge la Causa di Dio, se lo riconosceste. Questa è la Sorgente del comandamento di Dio, se giudicaste equamente. Questo è il Segreto palese e celato, se lo intuiste. O popoli del mondo! Gettate via nel Mio nome, che trascende ogni altro, ciò che possedete e immergetevi in quest’Oceano nelle cui profondità sono celate le perle della saggezza e della parola, un oceano che si solleva nel Mio nome, il Misericordioso. Così v’istruisce Colui che ha con Sé il Libro Primigenio.
L’Amatissimo è giunto. Nella mano destra ha il Vino suggellato del Suo nome. Felice l’uomo che si volge a Lui, ne beve a sazietà ed esclama: «Sia lode a Te, o Rivelatore dei segni di Dio!». Per la giustizia dell’Onnipotente! Ogni cosa celata si è palesata per il potere della verità. Tutti i favori di Dio sono stati inviati come pegno della Sua grazia. Le acque della vita eterna sono state offerte agli uomini in tutta la loro pienezza. Ogni coppa è stata offerta dalla mano del Benamato. Avvicinati e non indugiare neppure per un breve istante.
Beati coloro che, librandosi sulle ali della rinunzia, hanno raggiunto lo stadio che, come Dio ha disposto, prende sotto la sua ombra la creazione intera, coloro che né vane fantasie di sapienti, né moltitudini di eserciti terreni hanno potuto far deviare dalla Sua Causa. Chi di voi, o uomini, rinunzierà al mondo e si avvicinerà a Dio, il Signore di tutti i nomi? Dove si troverà colui che, per il potere del Mio nome che trascende tutte le cose create, getterà via ciò che gli uomini possiedono e si aggrapperà con tutta la sua forza a ciò che Dio, Che conosce l’invisibile e il visibile, gli ha ingiunto di osservare? Così la Sua generosità è stata inviata agli uomini, la Sua testimonianza si è compiuta e la Sua prova ha brillato sull’Orizzonte della misericordia. Ricca è la ricompensa che sarà guadagnata da colui che ha creduto ed esclamato: «Lodato sii Tu, o Benamato di tutti i mondi! Magnificato sia il Tuo nome, o Desiderio d’ogni cuore che comprende!».
Esulta di suprema gioia, o gente di Bahá, nell’evocare il ricordo del Giorno di felicità suprema, il Giorno in cui la Lingua dell’Antico dei Giorni ha parlato nel lasciare la Sua Dimora per recarSi nel Luogo dal quale ha diffuso sull’intera creazione gli splendori del Suo nome, il Misericordiosissimo. Dio Ci è testimone. Se rivelassimo i segreti celati di questo Giorno, tutti coloro che dimorano in terra e nei cieli cadrebbero in deliquio e morrebbero, tranne coloro che Dio, l’Onnipotente, l’Onnisciente, il Più Sapiente, volesse salvare.
Tale è l’effetto inebriante delle parole di Dio su Colui Che è il Rivelatore delle Sue indubbie prove, che la Sua Penna non può più muoversi. Con queste parole Egli conclude la Sua Tavola: «Non v’è altro Dio che Me, l’Eccelso, il Più Potente, il Più Eccellente, l’Onnisciente».
?BAHÁ’U’LLÁH 28Il 3 maggio 1863, quando Bahá’u’lláh partì dal Giardino di Ri?ván per Costantinopoli (ora Istanbul), Gli furono mostrati lo stesso amore e la stessa venerazione del giorno in cui aveva lasciato la casa di Baghdád per il giardino. A cavallo di un magnifico stallone roano rosso, passò in trionfo in mezzo a una folla di sostenitori assiepati attorno a Lui, mentre alcuni si gettavano sulla strada davanti al cavallo, altri s’inchinavano, gli baciavano gli zoccoli, gli abbracciavano i garretti. Analoghi atti di devozione si verificarono nei villaggi e nelle città che attraversò durante il viaggio. Conformemente a un ordine scritto emanato da Námiq Páshá, i funzionari locali Gli andavano incontro alla periferia della città o del villaggio quando arrivava e Lo scortavano fuori città quando partiva. Nabíl scrive che «Secondo l’unanime testimonianza di coloro che incontrammo nel corso di quel viaggio, lungo questa strada sulla quale c’era un continuo andirivieni di governatori e mushír fra Costantinopoli e Bagdad, non si era mai visto prima nessuno viaggiare in tale condizione, dispensando a tutti tanta ospitalità ed elargendo a ciascuno tanta parte di generosità».
Lo accompagnavano nel viaggio cinquantaquattro persone, compresi i membri della Sua famiglia, numerosi compagni, una guardia di soldati a cavallo, circa cinquanta muli e cavalli e sette howda? ‘Abdu’l-Bahá che aveva allora diciannove anni diresse e sovrintese l’intera operazione. I viaggiatori coprivano una distanza media di venticinque o trenta miglia al giorno. Dopo tre giorni di viaggio sul Mar Nero, il 16 agosto 1863 Bahá’u’lláh e il Suo seguito arrivarono al porto di Costantinopoli, dove le autorità turche Lo accolsero con tutti gli onori. Sulla banchina erano in attesa alcuni carri per trasportarLo con la famiglia nella casa di Shamsí Big, l’ufficiale cui il governo aveva assegnato il compito di ospitarLo.
Per la grazia di Dio e per la Sua forza non ho implorato l’aiuto di alcuno nel passato, né voglio chiedere aiuto ad alcuno in avvenire. È Lui Che Mi ha aiutato col potere della verità nei giorni dell’esilio in ‘Iráq. È Lui Che Mi ha circondato della Sua protezione al tempo in cui la gente della terra Mi osteggiava. È Lui Che Mi ha consentito di lasciare la città ammantato di una maestà che nessuno, tranne i negatori e i maligni, può disconoscere.
?BAHÁ’U’LLÁH 1La codardia e la falsità dimostrate da Mirza Ya?yá a ?ihrán e a Baghdád continuarono a caratterizzare il suo comportamento durante il viaggio verso Costantinopoli. Quando Mirza Ya?yá seppe che Bahá’u’lláh era stato esiliato in quella città, il suo primo pensiero fu quello di fuggire in India o in Abissinia (ora Etiopia). Bahá’u’lláh gli consigliò nuovamente di andare in Persia a divulgare gli scritti del Báb, ma anche questo lo spaventava, perché sapeva che le autorità persiane erano decise a eliminare i Bábí. Chiese a Bahá’u’lláh di poter restare a Baghdád, ma poi propose di precederLo a Mosul,39 nel timore che una volta che Bahá’u’lláh e il Suo seguito avessero lasciato la Città, le autorità si sarebbero rivolte contro di loro uccidendoli o consegnandoli al governo persiano. Procuratosi un passaporto falso sotto falso nome, partì da Baghdád e si unì alla carovana di Bahá’u’lláh a Mosul. Per strada di giorno viaggiava da solo e di notte si univa alla carovana, facendo finta di non conoscere nessuno, né Bahá’u’lláh né altri, stando per conto suo e sostenendo la nuova identità. Suo unico confidente nella carovana era Siyyid Mu?ammad.
Il giorno in cui Bahá’u’lláh arrivò a Costantinopoli, Nabíl sentì per caso Mirza Ya?yá che diceva a Siyyid Mu?ammad: «Se non avessi deciso di nascondermi, se avessi rivelato la mia identità, gli onori accordati a Lui [Bahá’u’lláh] oggi sarebbero stati anche miei».
Affidammo ad alcune persone lo specifico incarico di raccogliere gli scritti del Punto Primo. Quando ciò fu fatto, invitammo Mirza Ya?yá e Mirza Vahháb-i-Khurásání, noto come Mirza Javád, ad incontrarsi in un certo luogo. Secondo le Nostre istruzioni, essi completarono il compito di trascrivere due copie delle opere del Punto Primo. Giuro su Dio! A causa dei Suoi costanti impegni con gli uomini, questo Vilipeso non ha guardato questi libri, né ha mai posato gli occhi su questi scritti. Quando partimmo, essi erano nelle mani di quelle due persone. Ci si accordò che sarebbero stati affidati a Mirza Ya?yá, il quale si sarebbe recato in Persia e li avrebbe divulgati in tutto il Paese. Per richiesta dei Ministri del Governo Ottomano, questo Vilipeso Si trasferì nella loro capitale. Giunto a Mosul, trovammo Mirza Ya?yá che, partito prima di Noi, là Ci attendeva. In breve, lasciati i libri e gli scritti a Baghdád, egli venne a Costantinopoli, unendosi a questi servi. Dio è ora testimone delle cose che accaddero a questo Vilipeso, perché dopo tutti i Nostri strenui sforzi, egli [Mirza Ya?yá] abbandonò gli scritti unendosi agli esiliati. Questo Vilipeso fu a lungo oppresso da infinita pena, fino al momento in cui per vie che nessuno, eccetto l’unico vero Dio, conosce, spedimmo gli scritti in altro luogo e in altro Paese; infatti, in ‘Iráq è necessario controllare attentamente ogni mese tutte le carte, perché altrimenti si deteriorano e si distruggono. Ma Dio li preservò e li fece giungere in un luogo da Lui preordinato. In verità, Egli è il Protettore, il Soccorritore.
?BAHÁ’U’LLÁH 2Con l’arrivo di Bahá’u’lláh a Costantinopoli, capitale del-l’Impero Ottomano e sede del Califfato (acclamata dai Musulmani «Cupola dell’Islam», ma da Lui biasimata come il luogo nel quale era stato insediato il «trono della tirannia») può dirsi aperto il più spaventoso e disastroso, ma anche il più glorioso capitolo della storia del primo secolo bahá’í. Aveva ora inizio un periodo nel quale indicibili privazioni e prove inaudite si alternarono ai più nobili trionfi spirituali. L’astro del ministero di Bahá’u’lláh stava per toccare lo zenit. Gli anni più importanti dell’Età eroica della Sua Dispensazione erano vicini. Il catastrofico processo, previsto fin dal lontano anno sessanta dal Suo Precursore nel Qayyúmu’l-Asmá’, stava per essere messo in moto.40
?SHOGHI EFFENDIAl Nostro arrivo Ci accadde per mano dei malvagi ciò che i libri del mondo non potranno mai degnamente raccontare. Al che gli abitatori del Paradiso e coloro che dimorano entro i recessi della santità si lamentarono; eppure i popoli sono avviluppati in uno spesso velo.
?BAHÁ’U’LLÁH 3O Servo, narra, quel che vedesti quando arrivasti nella Città, affinché la Tua testimonianza resti fra gli uomini e sia di ammonimento per coloro che credono. Al Nostro arrivo nella Città trovammo governatori e anziani riuniti a trastullarsi come fanciulli con la creta. Non vedemmo nessuno abbastanza maturo per apprendere da Noi le verità che Dio Ci aveva insegnato o idoneo alle Nostre meravigliose parole di saggezza. Il Nostro occhio interiore pianse amaramente per loro, per le loro mancanze e la loro completa negligenza delle cose per cui erano stati creati. Questo è quanto osservammo in quella Città e abbiamo voluto annotarlo nel Nostro Libro perché serva da ammonimento a loro e al resto dell’umanità.
?BAHÁ’U’LLÁH 4Gli stessi timori che avevano indotto i diplomatici e i teologi persiani di Baghdád a sollecitare l’allontanamento di Bahá’u’lláh sussistevano anche fra le autorità diplomatiche persiane a Costantinopoli. Temendo che gli eventi accaduti a Baghdád si ripetessero e che Bahá’u’lláh Si conquistasse la simpatia o addirittura l’alleanza di influenti funzionari del governo turco, le autorità persiane cercarono di farLo esiliare in un angolo remoto dell’Impero.
Quando Bahá’u’lláh arrivò a Costantinopoli, l’amba-sciatore persiano Mirza ?usayn Khán, che aveva avuto una parte importante nell’ottenere l’approvazione del Sultano all’editto che esiliava Bahá’u’lláh a Costantinopoli, mandò due Persiani altolocati a far visita a Bahá’u’lláh a suo nome. Egli si aspettava che Bahá’u’lláh ricambiasse la cortesia e venisse a fargli visita, ma ben presto scoprì che Bahá’u’lláh non ne aveva alcuna intenzione. In quei giorni era d’uso che i personaggi importanti in visita a Costantinopoli, appena arrivati in città, andassero a trovare dirigenti d’alto rango, ministri del governo e diplomatici di altri paesi. Durante quegli incontri i questuanti esternavano bisogni, sollecitavano favori, stringevano accordi e offrivano doni, nell’intento di procurarsi l’appoggio delle autorità per migliorare la propria posizione. I Persiani erano particolarmente noti per questo. Bahá’u’lláh Si rifiutò di lasciarSi coinvolgere in quegli intrighi e scambi di favori e mantenne un atteggiamento corretto e indipendente. Kamál Páshá e pochi altri furono così impertinenti da ricordarGli l’usanza.
Sua Eccellenza il defunto Mirza ?usayn Khán, Mushíru’d-Dawlih – possa Dio perdonarlo – ha conosciuto questo Vilipeso. Senza dubbio, egli deve aver fornito alle Autorità un circostanziato resoconto sull’arrivo di questo Vilipeso presso la Porta Sublime e sulle cose che disse e fece. Il giorno del Nostro arrivo, il funzionario governativo incaricato di ricevere e intrattenere i visitatori ufficiali venne a riceverCi e Ci scortò al luogo ove gli era stato comandato di condurCi. In verità, il Governo mostrò verso questi perseguitati la massima cortesia e considerazione. Il giorno seguente, vennero a visitarCi il principe Shujá’u’d-Dawlih, accompagnato da Mirza S.afá, quale rappresentante del defunto Mushíru’d-Dawlih, il Ministro [accreditato alla Corte Imperiale]. Ci fecero visita anche altri, fra i quali parecchi ministri del Governo Imperiale, compreso il defunto Kamál Páshá. Completamente fiducioso in Dio e affatto incurante dei Propri bisogni personali e di ogni altra considerazione materiale, questo Vilipeso soggiornò in quella città per un periodo di quattro mesi. Tutti conoscono e videro le Sue azioni e nessuno può negarle eccetto coloro che Lo odiano e non dicono il vero. Chi ha riconosciuto Dio non riconosce altri che Lui. Non abbiamo mai gradito – né Ci aggrada ora – menzionare queste cose.
Tutti gli alti dignitari persiani che arrivavano nella città [Costantinopoli] si adoperavano con il massimo zelo per sollecitare presso ogni porta quante più concessioni e doni possibile. Ma questo Vilipeso, se non ha fatto nulla che torni a gloria della Persia, ha almeno agito in modo tale da non arrecarle infamia. Il defunto Eccellentissimo [Mushíru’d-Dawlih] – possa Dio esaltare il suo stadio – non fu mosso, nel suo agire, da amicizia verso questo Vilipeso, fu piuttosto guidato dal proprio sagace discernimento e dal desiderio di compiere quel servizio che intimamente divisava di rendere al suo Governo. Io attesto che egli fu sì fedele nel servire il Governo, che nella sua sfera di attività non vi fu frode e la disonestà fu tenuta in non cale. Fu lui il responsabile dell’arrivo di questi perseguitati nella Più Grande Prigione [‘Akká] e, dacché fu ligio al dovere, merita il Nostro encomio.
?BAHÁ’U’LLÁH 5Rammenta il Tuo arrivo nella Città (Costantinopoli) e come i Ministri del Sultano, ritenendoTi ignaro delle loro leggi e norme, Ti credettero un ignorante. Dì: Sì, in nome del Mio Signore! Sono ignorante di tutto tranne di ciò che Dio, per Suo generoso favore, S’è compiaciuto d’insegnarMi. Lo attestiamo fermamente e lo confessiamo senza esitazione.
Dì: Se le leggi e le norme cui vi attenete sono opera vostra, non le seguiremo in alcun modo. Così Mi è stato ordinato da Colui Che è il Più Saggio, l’Onnisciente. Questo è stato il Mio costume in passato e tale rimarrà per il futuro, mercé il potere di Dio e per la Sua possanza. Quest’è, invero, la via giusta e diritta. Se le leggi son dettate da Dio, datene allora le prove, se siete di coloro che dicono la verità. Dì: Abbiamo scritto tutto ciò che Ti è stato imputato e tutto ciò che Ti hanno fatto, in un Libro che non trascura di annotare l’opera di alcuno, per quanto insignificante egli sia.
Dì: O Ministri di Stato, v’incombe di attenervi ai precetti di Dio e di dimenticare le vostre leggi e le vostre norme e di essere, così, fra coloro che sono ben guidati. Questo è meglio per voi di tutto ciò che possedete, se solo lo sapeste! Se trasgredite il comandamento di Dio, né uno iota né una briciola di tutte le vostre opere sarà ben accetta ai Suoi occhi. Fra poco scoprirete le conseguenze di ciò che avete fatto in questa vana vita e ne sarete ripagati. Questa è per certo la verità, l’innegabile verità.
?BAHÁ’U’LLÁH 6Un giorno Kamál Páshá, mentre si trovava a Costantinopoli, fece visita a questo Vilipeso. La conversazione volse sul tema di ciò che è proficuo all’uomo. Dicendo egli di aver imparato molte lingue, Noi gli facemmo notare: «Avete sprecato la vita. Voi e gli altri funzionari del Governo dovete indire una riunione e scegliere una delle varie lingue e anche una delle scritture esistenti, oppure creare un nuovo idioma e una nuova grafia, da insegnare ai bambini nelle scuole di tutto il mondo. Così essi ne imparerebbero solo due, quella materna e l’altra che tutti i popoli del mondo parlerebbero. Se gli uomini si attenessero rigorosamente a ciò che è stato detto, tutta la terra sarebbe considerata un unico Paese e la gente alleggerita e liberata dalla necessità di imparare e insegnare diverse lingue». Davanti a Noi fu d’accordo e dimostrò perfino grande gioia e piena soddisfazione. Gli dicemmo allora di sottoporre questo progetto all’attenzione dei funzionari e dei ministri del Governo, al fine di poterlo mettere in atto nei vari Paesi. Ma, sebbene sia tornato spesso a visitarCi dopo questo incontro, tuttavia mai più egli toccò quell’argomento, eppure ciò che avevamo suggerito avrebbe portato concordia e unità fra i popoli del mondo.
?BAHÁ’U’LLÁH 7Il rifiuto di Bahá’u’lláh di entrare nello scambio di visite e di favori con i ministri del Sultano dette all’ambasciatore persiano Mirza ?usayn Khán l’arma che gli occorreva per ottenere che Bahá’u’lláh fosse esiliato in un angolo remoto dell’impero turco. Descrisse Bahá’u’lláh come una persona orgogliosa e arrogante, ostile all’autorità costituita e convinta di essere al di sopra della legge. Questo atteggiamento, affermava Mirza ?usayn Khán, era stato il motivo delle divergenze sorte fra Bahá’u’lláh e il governo persiano. Mirza ?usayn Khán presentò questa falsa immagine di Bahá’u’lláh ai ministri del Sultano, a funzionari religiosi e altri eminenti personaggi. Meno di quattro mesi dopo che Bahá’u’lláh era arrivato nella città e un solo giorno dopo che Mirza ?usayn Khán aveva chiesto il Suo allontanamento, fu emanato un editto che Lo esiliava ad Adrianopoli (oggi Edirne).
L’editto fu consegnato dallo stimato cognato di ‘Alí Páshá, il primo ministro. Ma Bahá’u’lláh Si rifiutò di ricevere l’inviato e delegò ‘Abdu’l-Bahá e Mirza Músá, promettendo che avrebbe risposto entro tre giorni. Lo stesso giorno rivelò una Tavola indirizzata al sultano ‘Abdu’l-’Azíz. La mattina dopo Shamsí Big la consegnò ad ‘Alí Páshá assieme a un messaggio che diceva che essa «era stata inviata da Dio». «Non so cosa contenesse quella lettera» riferì Shamsí Big «perché il Gran Visir, non appena l’ebbe esaminata attentamente, diventò cadaverico e osservò: “È come se il Re dei Re trasmettesse i suoi ordini al più umile vassallo, regolandone la condotta”. Così penoso era il suo stato che mi ritirai dalla sua presenza».
La Tavola di Bahá’u’lláh al Sultano aprì la fase iniziale della proclamazione ai sovrani, che proseguì in Adrianopoli e si concluse con la rivelazione del Kitáb-i-Aqdas in ‘Akká. Sebbene il testo della Tavola sia sconosciuto, se ne possono dedurre il tono e la sostanza da altre Tavole che Bahá’u’lláh rivelò per il sultano ‘Abdu’l-‘Azíz e i suoi ministri e per ?ájí Mirza ?usayn Khán, nelle quali Egli li rimprovera per la loro immaturità e incompetenza.
Dapprima Bahá’u’lláh andò in collera e Si rifiutò di conformarSi all’ordine del Sultano. Si dice abbia detto ai Suoi compagni: «Desiderate vuotare la coppa del martirio? Non vi può essere un momento migliore di questo per offrire la vita sulla via del Signore. La nostra innocenza è chiara ed evidente e non hanno alternativa che dichiarare la propria ingiustizia». Uno dei compagni scrisse: «tutti noi, in perfetta felicità, fedeltà, unità e distacco, eravamo desiderosi di conseguire quell’alto stadio e Dio mi è testimone che aspettavamo gioiosamente il martirio». Ma Mirza Ya?yá e pochi altri esitarono e costui, facendo da portavoce, chiese a Bahá’u’lláh di accettare l’editto. Percependo la possibilità di una spaccatura fra i Bábí, Bahá’u’lláh acconsentì con riluttanza a lasciare la capitale. Ma commentò che era stata perduta un’occasione d’oro: «Se, pochi come siamo, avessimo resistito e fossimo caduti martiri nel centro del cuore del mondo, l’effetto di questo martirio si sarebbe fatto sentire in tutti i mondi di Dio. Ed è anche possibile che non ci sarebbe accaduto nulla».
Ancora una volta Bahá’u’lláh, la Sua famiglia e i Suoi compagni s’incamminarono verso una terra d’esilio. Gli esuli ebbero ben poco tempo per prepararsi al viaggio e non disponevano di indumenti adatti al freddo. Partirono in una nevosa mattina di dicembre nel bel mezzo di un gelo di rigidità inaudita. Viaggiarono su carri e animali da soma, accompagnati da funzionari turchi, mentre i bagagli furono accatastati su carri trainati da buoi. Abituati al caldo iracheno, gli esuli ebbero molta difficoltà a sopportare il gran freddo. Per procurarsi l’acqua durante il viaggio non ebbero altra risorsa che accendere un fuoco su un fiume gelato per sciogliere il ghiaccio. Uno degli esuli ricorda di aver incontrato alcune persone morte assiderate.
Siate equi nel giudicare, o Ministri di Stato! Cosa abbiamo commesso che giustifichi il Nostro esilio? Quale offesa ha autorizzato la Nostra espulsione? Siamo stati Noi Che vi abbiamo cercati, ma, ecco, vi siete rifiutati di riceverCi! In nome di Dio! Questa è una grave ingiustizia che avete perpetrato, un’ingiustizia che non ha eguali fra le ingiustizie terrene. Ne è testimone l’Onnipotente...
Sappiate che il mondo, le sue vanità e i suoi ornamenti svaniranno. Nulla durerà tranne il Regno di Dio, che non appartiene ad altri che a Lui, il Sovrano Signore di tutto, l’Aiuto nel Pericolo, il Gloriosissimo, l’Onnipotente. I giorni della vostra vita passeranno e tutte le cose di cui ora vi occupate e vi vantate periranno e sarete sicuramente convocati da una schiera dei Suoi angeli a comparire nel luogo ove le membra dell’intera creazione tremeranno e le carni d’ogni oppressore rabbrividiranno. Vi sarà chiesto conto di ciò che le vostre mani hanno operato in questa vostra vana vita e sarete ricompensati delle vostre azioni. Questo è il giorno che inevitabilmente vi sopraggiungerà, l’ora che nessuno può differire. Lo ha attestato la Lingua di Colui Che dice la verità e conosce tutte le cose.
?BAHÁ’U’LLÁH 8Quale profitto traeste, tu e coloro che sono come te, dall’uccidere, anno dopo anno, tanti oppressi e dall’infliggere loro molteplici dolori, quando essi si sono centuplicati e voi vi sentite completamente smarriti, non sapendo come liberarvi la mente da questo angoscioso pensiero… La Sua Causa trascende qualunque piano meditate. Sappiatelo bene: anche se tutti i governi della terra si unissero per togliere la vita a Me e a tutti coloro che portano questo Nome, questo Fuoco Divino non si spegnerebbe mai. E invece la Sua Causa avvolgerà tutti i sovrani della terra, anzi tutto ciò che è stato creato dall’acqua e dalla creta… Qualunque cosa Ci accada ancora, grande sarà il Nostro profitto ed evidente il danno che li affliggerà.
?BAHÁ’U’LLÁH 9Essi ci espulsero dalla tua città [Costantinopoli] con un’umiliazione alla quale nessuna umiliazione sulla terra può paragonarsi… Né la Mia famiglia, né coloro che Mi accompagnavano avevano gli indumenti necessari per proteggersi dal freddo in quel clima glaciale». E ancora: «Gli occhi dei Nostri nemici piansero per Noi e, oltre a loro, quelli di ogni persona di discernimento.
?BAHÁ’U’LLÁH 10O Luogo situato sulle sponde dei due mari! In verità, il trono della tirannia è stato stabilito su di te e la fiamma dell’odio accesa nel tuo seno, in tal guisa che l’Accolta Celeste e coloro che gravitano attorno all’Eccelso Trono hanno levato gemiti e lamenti. Vediamo in te lo stolto dominare sul saggio e l’oscurità vantarsi contro la luce. In verità, sei pieno di palese orgoglio. T’ha insuperbito il tuo splendore esterno? Per Colui Che è il Signore dell’umanità! Presto perirà e le tue figlie e le tue vedove e tutte le genti che dimorano in te gemeranno. Così t’informa l’Onnisciente, il Sapientissimo.
?BAHÁ’U’LLÁH 11Dopo dodici giorni di faticoso viaggio attraverso la neve, la pioggia e la tempesta, il 12 dicembre 1863 Bahá’u’lláh e i Suoi compagni arrivarono a Adrianopoli (Edirne), città che Bahá’u’lláh definì nella Tavola di A?mad in arabo «remota prigione».
Dopo essere rimasti tre notti in un caravanserraglio, Bahá’u’lláh e la Sua famiglia furono confinati in una casa adatta solo come residenza estiva. Si ottennero ben presto ambienti più spaziosi. Coloro che erano rimasti nel caravanserraglio si trasferirono nella prima casa, mentre un’abitazione attigua a quella di Bahá’u’lláh fu presa in affitto per Mirza Músá, Mirza Ya?yá e le loro famiglie. Ma questi alloggi erano troppo piccoli e freddi e infestati da insetti. Il clima insolitamente rigido, che perdurò per mesi con nevicate fino a primavera inoltrata, li rese ancora più scomodi. Circa dieci mesi dopo si trovò una residenza che incontrò l’approvazione di Bahá’u’llá? Era un edificio a tre piani nel centro della città, un magnifico palazzo con trenta stanze, conosciuto come la casa di Amru’lláh (il Comando di Dio).
L’astro della rivelazione di Bahá’u’lláh stava salendo. Dalla Sua penna fluivano incessantemente Tavole pervase di potere e autorità. Ma prima che il Suo ministero toccasse lo zenit con la rivelazione delle Tavole che proclamavano la Sua missione profetica ai sovrani e ai governanti del mondo, una crisi di gravità inaudita scosse le fondamenta della nuova Fede ed eclissò temporaneamente il fulgore della sua luce. Shoghi Effendi la descrive come il «primo grande sconvolgimento interno» che «minacciò di provocare un’irreparabile frattura nelle file» di «una comunità appena risollevatasi».
La crisi che fermentava sin dai primi giorni dell’esilio di Bahá’u’lláh a Baghdád fu causata dall’insanabile gelosia di Mirza Ya?yá e del suo astuto complice, Siyyid Mu?ammad, che aveva seguito Bahá’u’lláh ad Adrianopoli. A Baghdád Mirza Ya?yá aveva guardato con crescente frustrazione l’ammirazione che funzionari e cittadini sempre più mostravano verso Bahá’u’llá? Ora in Adrianopoli notò il medesimo rispetto e la stessa deferenza verso Bahá’u’llá? Vide anche che la comunità Bábí accettava sempre più la funzione profetica di Bahá’u’lláh e che i pellegrini che giungevano in Adrianopoli avevano per Lui una venerazione sconfinata. Questi segni della supremazia di Bahá’u’lláh lo spinsero a commettere atti di tradimento che arrecarono a Bahá’u’lláh infinito dolore e costituirono il più duro colpo che Gli sia stato inferto nella Sua vita.
Rendendosi conto che non aveva ora speranza di soddisfare il proprio desiderio di potere, sobillato da Siyyid Mu?ammad e imbaldanzito dai costanti sforzi compiuti da Bahá’u’lláh per coprire le sue numerose trasgressioni e crimini, Mirza Ya?yá decise di togliere la vita a Bahá’u’llá? Sebbene Questi avesse cercato di nascondere ai compagni il suo tentativo, ulteriori atti d’inganno e tradimento Lo costrinsero a troncare ogni legame con il fratellastro minore, cui aveva fatto da tutore dopo la morte del padre, quando Mirza Ya?yá aveva nove anni. Questa «suprema separazione», come Bahá’u’lláh chiama la rottura dei rapporti, sconcertò e confuse i credenti che nulla sapevano del comportamento di Mirza Ya?yá, lese il prestigio della Fede e gratificò e incoraggiò i suoi nemici. L’angoscia che arrecò a Bahá’u’lláh è rispecchiata nel termine da Lui usato per definire questo periodo, Ayyám-i-Shidád, i «Giorni del Tormento».
I «Giorni del Tormento» –AHIMÈ, AHIMÈ, per ciò che Mi è accaduto! In nome di Dio! Per mano di colui che ho nutrito [Mirza Ya?yá], giorno e notte su Me si è abbattuto ciò che ha fatto gemere lo Spirito Santo e gli abitatori del Tabernacolo della Grandezza di Dio, Signore di questo meraviglioso Giorno.
?BAHÁ’U’LLÁH 1IN VERITÀ, LA MIA PENNA commisera il Mio Essere e la Mia Tavola piange amaramente a cagione di ciò che Mi è accaduto per mano di colui [Mirza Ya?yá] su cui vegliammo durante lunghi anni e che, notte e dì, servì alla Mia presenza, finché non fu indotto a errare da uno dei Miei servi di nome Siyyid Mu?ammad... E ivi per mano di ambedue, Mi accaddero cose che han fatto lamentare ognun che intende, e gemere gli illuminati, e scorrere lacrime ai giusti.
Preghiamo Dio di aiutare benevolmente coloro che sono stati fuorviati ad essere giusti ed equanimi e di farli accorti di ciò che hanno trascurato. In verità, Egli è il Generosissimo, il Più Benefico. O Mio Signore, non interdire ai Tuoi servi l’accesso alla porta della Tua grazia e non scacciarli lungi dalla corte della Tua presenza. Aiutali a dissipare le nebbie delle oziose fantasie e a squarciare i veli delle vane illusioni e speranze. In verità, Tu sei Colui Che tutto possiede, l’Eccelso. Non vi è altro Dio che Te, l’Onnipotente, il Benigno.
?BAHÁ’U’LLÁH 2TUTTI SANNO CHE Siyyid Mu?ammad non era altro che uno dei Nostri servitori. Nei giorni in cui, per richiesta del Governo Imperiale Ottomano, Ci recammo nella Capitale, egli Ci accompagnò. In seguito commise cose che – lo giuro su Dio – hanno fatto piangere la penna dell’Altissimo e gemere la Sua Tavola. Perciò lo cacciammo via; dopodiché egli si mise in combutta con Mirza Ya?yá, facendo ciò che mai tiranno fece. Lo abbandonammo dicendogli: «Vattene, o ignavo!»
?BAHÁ’U’LLÁH 3ALCUNI GLI41 CEDETTERO, pochi dei Nostri servi sono grati. Costoro Egli ammonì in tutte le Sue Tavole – anzi in ogni passo dei Suoi meravigliosi Scritti – di non darsi, nel Giorno della Rivelazione promessa, a nessun’altra cosa, in cielo o in terra. «O genti!», Egli disse, «Mi sono rivelato per la Sua Manifestazione e ho fatto scendere su di voi il Mio Libro, il Bayán, per il solo scopo di dimostrare la verità della Sua Causa. Temete Iddio e non lottate con Lui come il popolo del Corano hanno lottato contro di Me. In qualunque momento sentiate parlare di Lui, accorrete a Lui e attenetevi a qualunque cosa Egli vi riveli. Nulla fuorché Lui potrà giovarvi, no, neanche se produceste dalla prima all’ultima le testimonianze di tutti coloro che vi hanno preceduti».
E quando, dopo qualche anno, il cielo del decreto divino si squarciò e la Beltà del Báb apparve fra le nubi dei nomi di Dio adorna di una nuova veste, questa stessa gente insorse malignamente contro di Lui, Lui la Cui Luce avvolge tutte le cose create. Violarono il Suo Patto, respinsero la Sua verità, lottarono contro di Lui, cavillarono con i Suoi segni, considerarono falsità la Sua testimonianza e si unirono alla compagnia degli infedeli. Infine decisero di toglierGli la vita. Ecco lo stato di coloro che sono irrimediabilmente nell’errore!
E quando si resero conto di non poter raggiungere il loro scopo, si misero a complottare contro di Lui. Guardate come ogni momento escogitino nuovi espedienti per nuocerGli, per colpire e disonorare la Causa di Dio. Dì: Guai a voi! Nel nome di Dio! Le vostre macchinazioni vi coprono d’infamia. Il vostro Signore, Dio di misericordia, può ben fare a meno delle Sue creature. Nulla può accrescere o diminuire ciò che Egli possiede. Se credete, crederete a vostro vantaggio e se non credete, sarete voi a soffrire. Giammai mano d’infedele potrà profanare l’orlo della Sua Veste!
O Mio servo che credi in Dio! Per la giustizia dell’Onnipotente! Se ti narrassi la storia delle cose che Mi sono accadute, le anime e le menti degli uomini non potrebbero sopportarne il peso. Dio Mi è testimone! Sii accorto e non seguire le orme di questa gente. Medita diligentemente sulla Causa del tuo Signore. Sforzati di conoscerLo per mezzo del Suo Essere e non per mezzo d’altri. Poiché nessuno, eccetto Lui, potrà mai giovarti. Ne fanno fede tutte le cose create, se potessi capirlo!
?BAHÁ’U’LLÁH 4O SIGNORE, SONO COLUI che col cuore, l’anima, le membra, la lingua interiore ed esteriore attesta la Tua unità e unicità e rende testimonianza che Tu sei Dio, che non v’è altro Dio all’infuori di Te. Traesti l’uomo all’esistenza perché Ti conoscesse e servisse la Tua Causa, sì che il suo stadio potesse essere innalzato sulla tua terra e la sua anima nobilitata in virtù delle cose che hai rivelato nelle Tue Scritture, nei Tuoi Libri e Tavole. Eppure appena Ti palesasti e rivelasti i Tuoi segni, essi si discostarono da Te e Ti ripudiarono e respinsero ciò che svelasti innanzi ai loro occhi mediante il potere della Tua forza e della Tua possanza. Insorsero per recarTi nocumento, per spegnere la Tua luce e soffocare la fiamma che divampa nel Tuo Roveto Ardente. La loro iniquità si fece tanto infame che tramarono per spargere il Tuo sangue e violare il Tuo onore. E così agì colui che avevi allevato con la mano del Tuo tenero amore, protetto dalla malvagità dei ribelli fra le Tue creature e degli ostinati fra i Tuoi servi, al quale avevi assegnato il compito di trascrivere i Tuoi santi versetti innanzi al Tuo trono.42
Ahimè! Ahimè! le cose che operò egli nei Tuoi giorni! fino a violare il Tuo Patto e il Tuo Testamento, a respingere i Tuoi santi Scritti, rivoltarsi e perpetrare ciò che fece gemere i cittadini del Tuo Regno. Ma aveva appena visto infrangersi le sue speranze e sentito l’odore del completo fallimento, quando, levata la voce, proferì ciò che fece trasecolare i Tuoi eletti, che Ti son d’accanto, e gli ospiti del padiglione della gloria.
Mi vedi, o mio Dio, spasimare pel dolore come un pesce gettato nella polvere. Liberami, abbi misericordia di me, o Tu il Cui aiuto tutti invocano, o Tu Che tieni in pugno le redini del potere su donne e uomini tutti.
?BAHÁ’U’LLÁH 5Mirza Ya?yá era già ricorso all’omicidio per eliminare persone che giudicava nemiche. Durante il ritiro di Bahá’u’lláh nel Kurdistán, aveva commissionato l’assassinio di Dayyán, uno dei più eminenti seguaci del Báb, da lui temuto e invidiato. Aveva inoltre causato l’assassinio di Mirza ‘Alí-Akbar, cugino del Báb, e chiesto l’uccisione di altri importanti Bábí nel tentativo di eliminare ogni concorrenza al primato nella comunità Bábí. Ma questa volta le conseguenze delle sue azioni furono immediate e gravi. Invece di ripristinare il suo defunto primato, ne fu irrimediabilmente decretata la fine.
Mirza Ya?yá incominciò ad architettare l’uccisione di Bahá’u’lláh circa un anno dopo l’arrivo in Adrianopoli. Con falsi pretesti carpì a Mirza Músá, fedele fratello di Bahá’u’lláh, alcune informazioni sugli effetti di certe erbe e veleni. Poi incominciò a invitare nella sua casa Bahá’u’lláh, cosa che non era nelle sue abitudini. Un giorno Gli servì una tazza di te avvelenato. Bahá’u’lláh stette molto male. Fu chiamato un medico per curarLo, ma le Sue condizioni erano così gravi che questi diagnosticò che il caso era disperato, si prosternò ai Suoi piedi e se ne andò senza prescrivere alcun rimedio. In pochi giorni il medico si ammalò e morì. Ma prima di morire aveva detto a Mirza Áqá Ján, l’amanuense di Bahá’u’lláh, che Dio aveva esaudito le sue preghiere. In verità, Bahá’u’lláh lasciò intendere che il medico aveva sacrificato la vita perché Lui vivesse.
La malattia durò un mese e fu accompagnata da forti dolori e febbre alta, ma alla fine Bahá’u’lláh guarì. E tuttavia i suoi postumi Gli lasciarono un tremito alle mani per il resto della vita.
COLUI CHE PER MESI e anni educai con la mano della Mia amorevole gentilezza si era levato per toglierMi la vita.
?BAHÁ’U’LLÁH 6HAI PERPETRATO CONTRO tuo Fratello ciò che nessuno ha mai perpetrato contro un altro.
?BAHÁ’U’LLÁH 7NON C’È PUNTO DEL MIO corpo che non sia stato toccato dai dardi delle tue macchinazioni.
?BAHÁ’U’LLÁH 8LE CRUDELTÀ CHE I MIEI oppressori Mi hanno inflitto M’hanno sopraffatto e fatto incanutire. Se ti presentassi davanti al Mio trono, stenteresti a riconoscere l’Antica Bellezza, poiché la freschezza del Suo sembiante s’è alterata e il Suo splendore è offuscato a causa dell’oppressione degli infedeli.
?BAHÁ’U’LLÁH 9Quando, malgrado gli sforzi di Bahá’u’lláh per tenerla nascosta, si diffuse la notizia che Mirza Ya?yá aveva tentato di ucciderLo, costui sostenne invece che Bahá’u’lláh aveva tentato di avvelenare lui, ma per errore aveva preso il veleno Lui Stesso. Poi cercò di convincere un attendente ad assassinare Bahá’u’lláh nei bagni pubblici. Sebbene Bahá’u’lláh avesse ordinato all’attendente di non parlare a nessuno dell’incidente, l’attendente era così furioso che non riuscì a frenarsi. Quando il segreto fu rivelato, Mirza Ya?yá negò le proprie intenzioni e imputò il progettato assassinio all’attendente.
La situazione era giunta a un punto critico. Bahá’u’lláh decise che era arrivato il momento di comunicare formalmente a Mirza Ya?yá la Sua missione. Mirza Áqá Ján fu incaricato di consegnare a Mirza Ya?yá la Súriy-i-Amr (la Tavola del Comando), che esponeva a chiare lettere la natura dello stadio di Bahá’u’lláh, e di esigere una risposta definitiva. Mirza Ya?yá chiese un giorno di tempo per preparare la risposta e gli fu concesso. Rispose, scrive Shoghi Effendi, con una «controdichiarazione che specificava l’ora e il minuto in cui aveva ricevuto una rivelazione indipendente, che comportava che i popoli della terra d’Oriente e d’Occidente si sottomettessero completamente a lui». La risposta di Mirza Ya?yá, dice Shoghi Effendi, produsse
una rottura aperta e definitiva tra Bahá’u’lláh e Mirza Ya?yá, una rottura che segna una delle date più nere della storia bahá’í. Desiderando placare il feroce astio che bruciava nel petto dei Suoi nemici e garantire a tutti gli esuli la completa libertà di scegliere tra Lui e loro, Bahá’u’lláh Si ritirò con la famiglia nella casa di Ri?á Big (22 shavvál 1282 dell’Egira43) presa in affitto per Suo ordine e per due mesi Si rifiutò di frequentare amici o estranei, compresi i compagni. Ordinò ad Áqáy-i-Kalím44 di dividere tutto il mobilio, i letti, il vestiario e gli utensili che si trovavano nella Sua residenza e di mandarne la metà nell’abita-zione di Mirza Ya?yá, di consegnargli alcune reliquie che aveva a lungo ardentemente desiderato, come sigilli, anelli e manoscritti autografi del Báb, e di assicurarsi che ricevesse per intero la sua parte dell’assegno stanziato dal governo per il mantenimento degli esuli e delle loro famiglie. Inoltre diede istruzioni ad Áqáy-i-Kalím affinché ordinasse ad alcuni compagni, di sua scelta, di assistere Mirza Ya?yá nelle compere per parecchie ore al giorno e affinché lo assicurasse infine che qualsiasi cosa da quel momento in poi fosse arrivata a suo nome dalla Persia sarebbe stata consegnata nelle sue mani.
DÌ: O YA?YÁ [AZAL],45 PRODUCI un solo versetto, se possiedi un sapere da Dio infuso. Queste parole furono in passato proferite dal Mio Araldo, Che in quest’ora proclama: «In verità, in verità Io sono il primo ad adorarLo». Sii giusto, fratello Mio! Se ti mettessero a confronto con lo spumeggiante oceano della Mia favella saresti capace di esprimerti? Potresti sciogliere la lingua, se ti trovassi innanzi alla squillante voce della Mia Penna? Hai il minimo potere davanti alle rivelazioni della Mia onnipotenza? Ti scongiuro in nome di Dio, giudica equamente, e ricorda il tempo in cui stavi alla presenza di questo Vilipeso e Noi ti dettavamo i versetti di Dio, l’Aiuto nel Pericolo, Colui Che esiste da Sé. Bada che la sorgente della menzogna non ti allontani dalla palese Verità.
?BAHÁ’U’LLÁH 10CIÒ CHE È USCITO DALLA TUA penna ha fatto sì che i Sembianti della Gloria fossero prostrati nella polvere, ha squarciato il Velo della Magnificenza nel Sublime Paradiso e dilaniato il cuore dei favoriti assisi sui seggi più eccelsi
?BAHÁ’U’LLÁH 11Per ordine e per il potere di Colui Che è la Sorgente primigenia della Più Grande Giustizia, il «Più Grande Idolo»46 era stato espulso dalla comunità del Più Grande Nome, confuso, aborrito e distrutto. Ripulita da questa contaminazione, liberata da questa orribile possessione, l’infante Fede di Dio poteva ora proseguire e, malgrado le agitazioni che l’avevano sconvolta, dimostrarsi capace di combattere altre battaglie, di raggiungere più alte vette e vincere più grandi vittorie.47
?SHOGHI EFFENDIShoghi Effendi spiega che sebbene si fosse «dichiaratamente prodotta una temporanea rottura » nella Fede neonata «e i suoi annali [fossero stati] macchiati per sempre»
il suo spirito era ben lontano dall’essere spezzato e questo così detto scisma non poteva smembrare la sua struttura. A salvaguardia di quella Fede c’era il Patto del Báb, del quale si è già parlato, con le sue immutabili verità, le sue incontrovertibili profezie e i ripetuti ammonimenti, che ne assicurava l’integrità, ne dimostrava l’incorruttibilità e ne perpetuava l’influenza.
Pur affranto dal dolore, ancora sofferente dei postumi dell’attentato alla Sua vita e consapevole che probabilmente un ulteriore esilio era imminente, e tuttavia imperturbato nonostante il colpo inferto alla Sua Causa e i pericoli da cui essa era circondata, Bahá’u’lláh, ancor prima che la crisi fosse superata, Si levò con incomparabile potenza a proclamare a coloro che in Oriente e in Occidente impugnavano le redini della suprema autorità temporale la Missione che Gli era stata affidata. Era destino che, proprio grazie a questa proclamazione, l’astro della Sua Rivelazione brillasse all’apice della gloria e la Sua Fede manifestasse la pienezza del Suo divino potere.
La «massima separazione» fu presto seguita da un periodo di rivelazione senza paralleli. «I versetti divini piovevano in tal numero» notò uno dei compagni di Bahá’u’lláh «che era impossibile registrarli. Mirza Áqá Ján li scriveva così come venivano dettati, mentre il Più Grande Ramo48 era continuamente occupato a trascriverli. Non c’era un momento da perdere». Diversi segretari li trascrivevano giorno e notte, ma non riuscivano a tener dietro alla velocità con cui essi fluivano.
SONO TALI LE EFFUSIONI… delle nuvole della Divina Munificenza che nello spazio di un’ora è stato rivelato l’equivalente di un migliaio di versetti.
?BAHÁ’U’LLÁH 12COSÌ GRANDE È LA GRAZIA elargita in questo Giorno che, ammesso fosse possibile trovare un amanuense capace di compiere il lavoro, in un solo giorno e in una sola notte dal cielo della divina santità sarebbe stato inviato l’equivalente del Bayán Persiano
?BAHÁ’U’LLÁH 13In quei giorni fu rivelato l’equivalente di tutto ciò ch’era stato precedentemente inviato ai Profeti.
?BAHÁ’U’LLÁH 14CIÒ CHE È GIÀ STATO RIVELATO in questa terra [Adrianopoli], i segretari non sono in grado di trascriverlo ed è perciò rimasto, perlopiù, non trascritto.
?BAHÁ’U’LLÁH 15Bahá’u’lláh aveva già informato i compagni della Sua missione profetica nel Giardino di Ri?ván la vigilia della Sua partenza da Baghdád e aveva annunciato la Sua missione ai Bábí della Persia inviando Tavole e insegnanti da Adrianopoli. Ora Si dedicò all’annuncio della Sua missione ai sovrani, ai governanti e ai leader del mondo, un processo cui aveva dato inizio a Costantinopoli rivelando una Tavola al sultano ‘Abdu’l-’Azíz dopo essere stato informato che il Sultano e i suoi principali ministri avevano deciso di esiliarLo in Adrianopoli. Nella Súriy-i-Mulúk (Tavola ai Re), rivelata nel settembre e ottobre del 1867, Bahá’u’lláh Si rivolse ai sovrani dell’Oriente e dell’Occidente, al Sultano di Turchia e ai suoi ministri, ai sovrani della Cristianità, agli ambasciatori francese e persiano, ai capi musulmani e al popolo di Costantinopoli, al popolo persiano e ai filosofi del mondo. Definita da Shoghi Effendi «la più importante Tavola rivelata da Bahá’u’lláh», la Súriy-i-Mulúk segnò il culmine del periodo di intensa e prodigiosa attività che seguì immediatamente la separazione di Mirza Ya?yá da Bahá’u’lláh e fu seguita dalla rivelazione di altre ponderose Tavole a monarchi e leader.
O RE DELLA TERRA! TENDETE l’orecchio alla voce di Dio, che chiama da questo sublime Albero carico di frutti, germogliato dalla Collina Cremisi, sulla Sacra Pianura, intonando le parole: «Non v’è altro Dio che Lui, il Possente, il Potentissimo, il Saggio»... Temete Dio, o accolta di re, e non privatevi di questa sublime grazia. Gettate via dunque le cose che possedete e afferratevi saldamente all’Impugnatura di Dio, l’Eccelso, il Grande. Volgete il cuore verso il Volto di Dio e abbandonate ciò che i vostri desideri vi hanno imposto di seguire e non siate di coloro che periscono. Racconta, o Servo, la storia di ‘Alí [il Báb], quando Egli venne loro con verità, portando il Suo glorioso e ponderoso libro e tenendo nelle mani una testimonianza e una prova e santi e benedetti pegni provenienti da Dio. Ma voi, o re, non avete dato ascolto al Ricordo di Dio nei Suoi giorni e non vi siete lasciati guidare dalle luci che sorsero e risplendettero alte sull’orizzonte di un fulgido Cielo. Non esaminaste la Sua Causa quando farlo sarebbe stato meglio per voi che possedere tutto quello su cui brilla il sole, se solo lo capiste! Rimaneste indifferenti finché i teologi di Persia – quei crudeli – pronunziarono giudizio contro di Lui e ingiustamente Lo uccisero. Il Suo spirito ascese a Dio e gli occhi degli abitatori del Paradiso e gli angeli a Lui vicini piansero amaramente per questa crudeltà. Attenti a non essere indifferenti d’ora innanzi come lo foste nel passato. Ritornate dunque a Dio, il vostro Artefice, e non siate fra gl’incuranti.... Il Mio volto è emerso dai veli e ha riversato il suo splendore su tutto ciò che si trova in cielo e sulla terra; eppure, non vi siete vòlti verso di Lui, sebbene foste creati per Lui, o accolta di re! Seguite perciò quel che vi dico, e ascoltatelo col cuore, e non siate di coloro che se ne sono allontanati. Poiché la vostra gloria non consiste nella sovranità, ma nella vicinanza a Dio e nell’osservanza del Suo comandamento, così com’è stato inviato nelle Sue Tavole sacre e custodite. Se uno di voi governasse su tutta la terra e tutto ciò che si trova in essa e su di essa, sui mari, sulle terre, le montagne e le pianure, e pur non fosse rammentato da Dio, tutte queste cose non gli sarebbero di alcun profitto, se solo lo sapeste.... Sorgete, dunque, e tenete saldi i piedi, fate ammenda per ciò che vi è sfuggito e poi volgetevi verso la Sua santa Corte, sulle rive del Suo possente Oceano, così che vi siano rivelate le perle della sapienza e della saggezza che Dio ha tenuto in serbo nella conchiglia del Suo radioso cuore.... Attenti a non impedire che la brezza divina spiri sui vostri cuori, la brezza per la quale i cuori di coloro che si sono vòlti a Lui possono essere vivificati...
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Se non darete ascolto ai consigli che vi abbiamo rivelati in questa Tavola con impareggiabile e inequivocabile linguaggio, il castigo divino vi assalirà da ogni parte e contro di voi sarà pronunziata la sentenza della Sua giustizia. Quel giorno non avrete alcun potere per resisterGli e riconoscerete la vostra impotenza. Abbiate pietà di voi stessi e dei vostri sottoposti. Giudicateli secondo i precetti che Dio ha prescritto nella Sua Tavola santissima ed eccelsa, una Tavola in cui Egli ha assegnato a ogni cosa una misura stabilita, in cui ha dato con chiarezza una spiegazione di tutte le cose e che è in se stessa un monito per coloro che credono in Lui.
Esaminate la Nostra Causa, informatevi su quanto Ci è accaduto e decidete secondo giustizia fra Noi e i Nostri nemici e siate di coloro che agiscono equamente con il vicino...
Vent’anni son trascorsi, o Re, durante i quali ogni giorno abbiamo assaporato l’agonia di una nuova tribolazione. Nessuno di coloro che Ci hanno preceduto ha sopportato ciò che abbiamo sopportato Noi. Se solo lo capiste! Coloro che sono insorti contro di Noi Ci hanno messo a morte, hanno sparso il Nostro sangue, depredato le Nostre proprietà e offeso il Nostro onore. Benché foste a conoscenza della maggior parte delle Nostre pene, pure non avete fermato la mano dell’aggressore. Non è, forse, vostro primo dovere frenare la tirannia dell’oppressore e trattare equamente i vostri sudditi, perché il vostro alto senso di giustizia sia pienamente dimostrato a tutta l’umanità?
Dio ha affidato alle vostre mani le redini del governo dei popoli, perché li governiate con giustizia, salvaguardiate i diritti degli oppressi e puniate i malfattori. Se trascurate il dovere che Dio vi ha prescritto nel Suo Libro, i vostri nomi saranno annoverati fra quelli degli ingiusti ai Suoi occhi. Grande sarà davvero il vostro errore. Vi attenete a ciò che la vostra fantasia ha architettato e vi gettate alle spalle i comandamenti di Dio, l’Eccelso, l’Inaccessibile, l’Irresistibile, l’Onnipotente? Gettate via quel che possedete e afferratevi a ciò che Dio vi ha comandato di osservare! Cercate la Sua grazia, poiché chi la cerca percorre la Sua retta Via!
Considerate lo stato in cui Ci troviamo e osservate i mali e le angustie che Ci han colpiti. Non vi disinteressate di Noi, neppure per un momento, e giudicate con equità fra Noi e i Nostri nemici. Ciò sarà per voi, certamente, di palese vantaggio. In tal guisa vi raccontiamo la Nostra storia e vi narriamo ciò che Ci è accaduto perché possiate liberarCi dai Nostri mali e alleggerire il Nostro fardello. Chi vuole consoli le Nostre angustie e per chi non vuole, ebbene, il Mio Signore è sicuramente il Migliore dei Soccorsi.
?BAHÁ’U’LLÁH 16ASCOLTA, O RE,49 LE PAROLE di Colui che dice la verità, Colui Che non ti chiede di ricompensarlo con le cose che Dio ha voluto concederti, Colui Che percorre senza errare la retta Via. È Lui Che ti invita a Dio, il tuo Signore, Che ti mostra la strada giusta, il cammino che mena alla vera felicità, acciocché tu sia fra coloro che saran beati.
Attento, o Re, non circondarti di ministri che seguono i desideri di un’indole corrotta, e si sono gettati dietro le spalle ciò che è stato affidato alle loro mani, e tradiscono apertamente il loro ufficio. Sii generoso con gli altri come Dio lo è stato con te e non abbandonare gl’interessi del tuo popolo alla mercé di quei ministri. Non perdere il timor di Dio e sii di coloro che agiscono con rettitudine. Circòndati di ministri da cui aspiri fragranza di fede e di giustizia, consultati con loro e scegli ciò che [ti appare migliore] ai tuoi occhi è meglio, e sii di coloro che agiscono generosamente...
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Se porgessi ascolto alle Mie parole e osservassi il Mio consiglio, Dio t’innalzerebbe a una posizione così eminente che nessuna macchinazione umana sulla terra potrebbe toccarti o nuocerti. Osserva, o Re, dal profondo del cuore e con tutto il tuo essere, i precetti di Dio e non calcare le vie dell’ oppressore. Afferra le redini degli affari del tuo popolo e tienile saldamente nella stretta del tuo potere ed esamina personalmente tutto ciò che lo concerne. Non ti sfugga nulla, poiché in questo consiste il bene più grande.
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Non permettere che l’abietto governi e domini coloro che son nobili e degni d’onore e non lasciare che i magnanimi siano alla mercé di individui spregevoli e insignificanti, poiché questo è ciò che abbiamo notato al Nostro arrivo nella Città [Costantinopoli], ne facciamo testimonianza. Fra i suoi abitanti trovammo alcuni in possesso di fortune colossali, che vivevano in mezzo a eccessive ricchezze, mentre altri versavano nella più sordida miseria e nella più nera povertà. Ciò non s’addice alla tua sovranità ed è indegno del tuo rango.
Accetta il Mio consiglio e sforzati di governare con equità, sì che Dio esalti il tuo nome e diffonda la fama della tua giustizia in tutto il mondo. Attento a non rendere potenti i ministri a spese dei sudditi. Temi i sospiri dei poveri e dei giusti che ad ogni sorgere del giorno lamentano la propria sorte e sii per loro un sovrano benevolo. In verità, essi sono i tuoi tesori sulla terra. A te quindi il compito di proteggere i tuoi tesori dagli assalti di coloro che desiderano derubarti. Informati dei loro affari e ogni anno, anzi, ogni mese, accertati delle loro condizioni e non essere di coloro che sono incuranti del dovere....
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Abbi cura di non affidare gli affari di stato completamente in mano altrui. Nessuno meglio di te può compiere le tue funzioni. In tal guisa ti delucidiamo le Nostre parole di saggezza e facciamo discendere su te ciò che può farti passare dalla sinistra dell’oppressione alla destra della giustizia e avvicinarti al risplendente oceano dei Suoi favori. Questa è la via seguita dai re che ti hanno preceduto, coloro che agirono equamente verso i sudditi e percorsero strade d’incorruttibile giustizia...
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Il tuo orecchio accolga, o Re, le parole che ti abbiamo indirizzato. Che gli oppressori desistano dalla tirannia e gli artefici d’ingiustizia siano separati da coloro che professano la tua fede. Per la giustizia di Dio! Tali sono le tribolazioni che abbiamo sofferto che nessuna penna, nel descriverle, può non essere sopraffatta dall’angoscia. Nessuno di coloro che veramente credono e sostengono l’unità di Dio può sopportarne il racconto. Così grandi sono state le Nostre sofferenze che perfino gli occhi dei Nostri nemici hanno versato lacrime per Noi e, oltre a loro, quelli d’ogni persona dotata di discernimento. E siamo stati soggetti a tutte queste prove, malgrado la Nostra iniziativa di avvicinarCi a te e di invitare la gente a rifugiarsi sotto la tua ombra, perché tu fossi una fortezza per coloro che credono e sostengono l’unità di Dio.
Ti ho mai disobbedito, o Re? Ho mai trasgredito ad alcuna delle tue leggi? Forse che alcuno dei ministri che ti rappresentavano in ‘Iráq ha le prove per dimostrare la Mia slealtà verso di te? No: in nome di Colui Che è il Signore di tutti i mondi! Neppure per un breve attimo Ci siamo ribellati a te o a un tuo ministro. Mai, a Dio piacendo, pur sottoposti a prove ben più dure di quelle subite nel passato, Ci rivolteremo contro di te.
Giorno e notte, sera e mattina, preghiamo Dio per te, perché ti aiuti benevolmente ad ubbidirGli e a osservare la Sua legge, perché ti protegga dalle schiere dei malvagi. Fa’ perciò come ti piace e trattaCi come si confà al tuo grado e s’addice alla tua sovranità. Non dimenticare la legge di Dio in ogni cosa che desideri ottenere, adesso e nei giorni avvenire. Dì: Sia lode a Dio, il Signore di tutti i mondi!
?BAHÁ’U’LLÁH 17IMMAGINI, O MINISTRO dello Sháh50 nella Città [Costantinopoli], che Io tenga in pugno la sorte definitiva della Causa di Dio? Credi che la Mia prigionia, o l’onta che Mi è stata inflitta, o persino la Mia morte e il Mio completo annientamento possano deviarne il corso? Ben misero è ciò che hai immaginato in cuor tuo! In verità, sei di coloro che seguono le vane chimere architettate dal cuore. Non v’è altro Dio che Lui. Egli ha il potere di manifestare la Sua Causa, di esaltare la Sua testimonianza e di affermare qualunque cosa sia Suo Volere, di elevarla a una posizione così eminente che né le tue mani né le mani di coloro che si sono allontanati da Lui potranno mai toccarla o nuocerle.
Credi di avere il potere di ostacolare la Sua Volontà, di impedirGli di eseguire il Suo giudizio o di esercitare la Sua sovranità? Pretendi che vi sia qualcosa nei cieli o in terra che possa resistere alla Sua Fede? No, per Colui Che è la Verità Eterna! Nulla nell’intera creazione può opporsi al Suo Disegno. Liberati dunque dalla mera bizzarria che insegui, poiché una mera bizzarria non potrà mai prendere il posto della verità. Sii di coloro che si sono pentiti sinceramente e sono ritornati a Dio, il Dio Che ti ha creato, nutrito e fatto ministro fra coloro che professano la tua fede.
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Soffermati soltanto un attimo a riflettere, o Ministro, e sii equo nel giudicare. Che cosa abbiamo fatto che ti giustifichi per averCi diffamato presso i Ministri del Re, per aver seguito i tuoi desideri, per aver travisato la verità, per averCi calunniato? Non ci siamo incontrati mai prima del giorno in cui fu commemorato il martirio dell’Imám ?usayn, in casa di tuo padre. In quell’occasione nessuno ebbe l’oppor-tunità, conversando o prendendo la parola, di far conoscere agli altri le proprie idee e le proprie credenze. Se sei sincero, puoi far fede della verità delle Mie parole. Non ho preso parte a nessun’altra riunione in cui tu abbia potuto conoscere il Mio pensiero o nella quale altri abbiano potuto farlo. Come hai potuto, dunque, pronunziare una sentenza contro di Me, senza aver udito la Mia testimonianza dalle Mie labbra? Non hai sentito ciò che ha detto Dio, esaltata sia la Sua gloria: «Non dire a chi ti accoglie con un saluto: “Tu non sei un credente”». «Non respingere coloro che mattina e sera invocano il loro Signore, bramosi di contemplare il Suo volto». Hai davvero trascurato ciò che il Libro di Dio ha prescritto eppure ti reputi un credente!
Malgrado ciò che hai fatto, Io non ti serbo rancore – e Dio Me ne è testimone – né lo serbo verso altri, benché da te e da altri riceviamo tali offese che nessun credente nell’unità di Dio potrebbe sopportare. La Mia Causa non è in altre mani che in quelle di Dio e la Mia fiducia è in Lui soltanto. Ben presto i tuoi giorni finiranno, come finiranno quelli di coloro che ora con manifesto orgoglio si vantano di essere superiori al prossimo Presto sarete radunati alla presenza di Dio, e vi sarà chiesto conto delle vostre azioni, e sarete ripagati per ciò che le vostre mani hanno operato, e orrenda sarà la dimora dei malvagi!
Nel nome di Dio! Se ti rendessi conto di ciò che hai fatto, invero piangeresti amaramente la tua sorte e cercheresti rifugio in Dio e ti struggeresti e ti lamenteresti tutti i giorni della tua vita, finché Dio non ti avesse perdonato, poiché Egli è, invero, il Più Generoso, il Più Munifico. E invece persisterai nell’in-differenza fino alla morte, poiché ti sei dato alle vanità del mondo con tutto il cuore, tutta l’anima e tutto il tuo intimo essere. Dopo la tua dipartita, scoprirai ciò che ti abbiamo rivelato e troverai tutte le tue azioni registrate nel Libro in cui sono segnate le opere di tutti coloro che dimorano sulla terra, siano esse maggiori o minori del peso di un atomo. Fa, perciò, attenzione al Mio consiglio e ascolta il Mio discorso con l’orecchio del cuore e non essere incurante delle Mie parole, altrimenti sarai fra coloro che respingono la Mia verità.
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Rivolgendoti queste parole non intendiamo alleggerire il peso del Nostro dolore o indurti a intercedere per Noi presso qualcuno. No, per Colui Che è il Signore di tutti i mondi! Ti abbiamo esposta tutta la questione perché, rendendoti conto di ciò che hai fatto, tu desista dall’infliggere ad altri il male che hai inflitto a Noi, e sii tra coloro che si sono sinceramente pentiti innanzi a Dio, Che ha creato te e tutte le cose, e perché in futuro tu agisca con discernimento. Questo ti gioverà più di tutto quello che possiedi e del tuo ministero, i cui giorni sono contati.
?BAHÁ’U’LLÁH 18O TEOLOGI DELLA CITTÀ!51 Siamo venuti a voi con la verità, mentre ne eravate incuranti. Si direbbe che siate come morti, avvolti in sudari di egoismo. Non avete cercato la Nostra presenza, mentre il farlo sarebbe stato meglio per voi di tutto quel che fate... Sappiate che, se i vostri capi – ai quali portate rispetto, dei quali vi gloriate, che menzionate giorno e notte, dalle cui orme cercate guida – fossero vissuti in questi giorni, avrebbero gravitato attorno a Me e non si sarebbero separati da Me, né la sera, né la mattina. Ma voi non avete vòlto il viso verso il Mio sembiante, sia pure per un attimo, vi siete insuperbiti e non vi siete curati di questo Vilipeso, Che è stato così afflitto da uomini, che L’hanno trattato come han voluto. Non avete indagato sulle Mie condizioni, né vi siete informati delle cose che Mi sono accadute. Avete così tenuto lontani da voi i venti della santità e le brezze della munificenza, che spirano da questo luminoso e limpido Sito. Pare che vi siate attaccati alle cose esteriori e abbiate dimenticato quelle interiori e che diciate quel che non fate. Siete amanti dei nomi e sembra che vi siate dati ad essi. Per questo menzionate i nomi dei vostri capi. Ma se qualcuno come loro, o superiore a loro, venisse a voi, lo fuggireste. Con il loro nome avete esaltato voi stessi, vi siete assicurati la posizione, vivete e prosperate. E se i vostri capi riapparissero, non rinuncereste al primato, non vi volgereste a loro, né drizzereste il volto verso di loro. Vi abbiamo trovati, come abbiamo trovato la maggior parte degli uomini, ad adorare nomi che menzionate durante i giorni della vostra vita e dei quali vi occupate. Ma non appena i portatori di quei nomi appaiono, li ripudiano e girano le spalle... Sappiate che, in questo giorno, Dio non accetterà da voi né pensieri, né ricordo di Lui, né devozioni, né veglie, a meno che non siate rinnovati nella stima di questo Servo, se solo lo capiste!
?BAHÁ’U’LLÁH 19AMMONISCI E INFORMA LA GENTE, o Servo,52 di ciò che Ti abbiamo inviato, non Ti turbi timore, non esser di coloro che esitano. S’avvicina il giorno in cui Dio esalterà la Sua Causa e magnificherà la Sua testimonianza agli occhi di tutti coloro che sono nei cieli e di tutti coloro che sono in terra. Riponi, in ogni circostanza, tutta la Tua fiducia nel Tuo Signore, fissa lo sguardo su di Lui e allontanaTi da tutti coloro che ripudiano la Sua verità. Sia Dio, il Tuo Signore, il Tuo unico Soccorso e Aiuto. Ci siamo impegnati di assicurarTi il trionfo sulla terra e di esaltare la Nostra Causa al di sopra di tutti gli uomini – benché non si trovi alcun sovrano che voglia rivolgere il viso verso di Te...
?BAHÁ’U’LLÁH 20Rivelate la Súriy-i-Mulúk e altre Tavole a sovrani e leader, Bahá’u’lláh rivelò le preghiere per il Digiuno e la Tavola del Ramo, che presagiva il futuro rango di ‘Abdu’l-Bahá quale Centro del Suo Patto. Altri importanti avvenimenti degli ultimi anni del Suo soggiorno in Adrianopoli furono l’adozione dei termini «Bahá’í» e «gente di Bahá» al posto di «gente del Bayán», termine che da allora in poi fu usato per indicare i seguaci di Mirza Ya?yá. Similmente il saluto «Alláh-u-Abhá» (Dio è Gloriosissimo) sostituì «Alláh-u-Akbar» (Dio è Grandissimo). Inoltre Nabíl-i-A‘?am, portando doni per la moglie del Báb, fece un pellegrinaggio a nome di Bahá’u’lláh a Shíráz e a Bagh-dád, recitando le due Tavole del Pellegrinaggio alle Case del Báb e di Bahá’u’lláh in quelle città, che Bahá’u’lláh aveva recentemente rivelate, atti che segnarono l’inizio di una delle più sacre osservanze bahá’í.
Agli sviluppi interni della nuova religione si affiancò il crescente plauso tributato a Bahá’u’lláh dai cittadini di Adrianopoli. Così grande era la loro venerazione che quando Egli passava per le strade e i bazar o entrava in una riunione, tutti smettevano di parlare e s’inchinavano davanti a Lui. Un venerdì quando Si recò nella moschea, folle di gente accalcate lungo la via Lo acclamarono, si prosternarono ai Suoi piedi e fermarono il traffico. Quando entrò nella moschea, il predicatore, che parlava alla congregazione dal pulpito, si fermò a metà frase, incapace di ricordare quello che voleva dire.
Anche i consoli di stanza in Adrianopoli e i funzionari locali tenevano Bahá’u’lláh in alta considerazione. Fra questi i più importanti furono tre successivi governatori assegnati ad Adrianopoli, uno dei quali era un ex primo ministro. La sconfinata venerazione del popolo adrianopolitano, combinata con un crescente afflusso di pellegrini, il tono di sfida delle Tavole di Bahá’u’lláh al Sultano e ai suoi ministri, una relazione esagerata fatta dal ministro degli esteri dopo una sua visita a Adrianopoli e le accuse mosse da Mirza Ya?yá e dai suoi seguaci, secondo i quali Bahá’u’lláh stava cospirando con leader bulgari e ministri europei per conquistare Costantinopoli, spinsero il Sultano a prendere il drastico provvedimento di isolare Bahá’u’lláh nel tentativo di distruggere la Sua Fede.
Una mattina la casa di Bahá’u’lláh fu circondata dai soldati e sentinelle furono piazzate alle sue porte. I Suoi seguaci furono interrogati dalle autorità e fu detto loro di prepararsi a partire. Il governatore era così imbarazzato dalle decisioni del governo che lasciò la città e affidò a un subordinato l’incarico di presentare a Bahá’u’lláh l’editto del Sultano, che richiedeva che Bahá’u’lláh, i Suoi due fratelli Mirza Músá e Mirza Mu?ammad-Qulí e un servo fossero mandati ad ‘Akká e tutti gli altri a Costantinopoli. La prospettiva di una separazione riempì di grande ansietà i membri della famiglia di Bahá’u’lláh e i compagni. Un Bahá’í ne fu così sconvolto che cercò di uccidersi tagliandosi la gola con un rasoio.
I consoli stranieri, preoccupati per la decisione del governo, si riunirono nella casa di Bahá’u’lláh e si offrirono di intervenire, ma Egli declinò la loro offerta di aiuto. Il 12 agosto 1868, Bahá’u’lláh e la Sua famiglia, accompagnati da alcuni soldati assegnati dal governo locale, partirono da Adrianopoli su carri per un viaggio di quattro giorni fino a Gallipoli, lasciando la città in preda alla costernazione.
Durante il viaggio per Gallipoli, Bahá’u’lláh rivelò la Súriy-i-Ra’ís, indirizzata ad ‘Alí Páshá, il primo ministro turco. La Tavola redarguisce ‘Alí Páshá per il suo oltraggioso comportamento, predice il crollo dell’Impero Ottomano e profetizza che la Fede di Bahá’u’lláh si diffonderà in tutto il mondo.
A un certo punto del viaggio Bahá’u’lláh ordinò a ‘Umar Effendi, il maggiore cui era stato affidato il compito di mettere in atto l’esilio di Bahá’u’lláh ad ‘Akká, di organizzare un incontro con il Sultano, perché Egli potesse mostrare qualsiasi prova della verità della Sua fede il Sultano volesse richiedere. ‘Umar Effendi assicurò che avrebbe consegnato il messaggio, ma non pervenne alcuna risposta.
A Gallipoli circolavano molte voci. Nessuno sapeva dove Bahá’u’lláh sarebbe stato mandato e alcuni credevano che gli esuli sarebbero stati separati, dispersi o perfino messi a morte. Il timore di una separazione da Bahá’u’lláh provocò scene di grande dolore. Per le insistenze di Bahá’u’lláh e grazie all’intercessione di ‘Umar Effendi, l’editto del Sultano fu revocato ed emesso un nuovo ordine. Circa settanta esuli, ventitre dei quali erano donne, Siyyid Mu?mmad e uno dei suoi alleati dovevano andare ad ‘Akká con Bahá’u’lláh e i Suoi fratelli. Quattro esuli dovevano andare a Cipro con Mirza Ya?yá. «Così gravi erano i pericoli e le prove che Bahá’u’lláh dovette affrontare nel momento della partenza da Gallipoli» racconta Shoghi Effendi «che Egli avvertì i Suoi compagni che “questo viaggio sarebbe stato diverso da qualsiasi altro precedente” e che chiunque non si fosse sentito “abbastanza uomo da affrontare il futuro” avrebbe fatto meglio “a partire per qualunque posto volesse, sottraendosi così alle prove, perché, da quel momento in poi non avrebbe più potuto ritirarsi”, consiglio che i Suoi compagni decisero unanimemente d’ignorare».
I CONSOLI DI QUELLA CITTÀ [Adrianopoli] si riunirono alla presenza di questo Giovane nell’ora della Sua partenza ed espressero il desiderio di aiutarLo. In verità, Ci dimostrarono un palese affetto.
?BAHÁ’U’LLÁH 21DITE, QUESTO GIOVANE è partito da questa terra e sotto ogni albero e ogni pietra ha lasciato un pegno, che fra breve Dio mostrerà col potere della verità.
?BAHÁ’U’LLÁH 22LA PRIMA NOTTE GLI AMATI di Dio e i Suoi congiunti furono lasciati senza cibo... Il popolo circondò la casa, musulmani e cristiani piansero per Noi... Ci accorgemmo che il pianto del popolo del Figlio [i Crisitani] superava quello degli altri, un segno per coloro che meditano.
?BAHÁ’U’LLÁH 23C’È UNA QUESTIONE CHE, se ti53 sarà possibile, ti chiedo di sottoporre all’attenzione di Sua Maestà il Sultano: sia concesso a questo Giovane d’incontrarlo per dieci minuti, perché Sua Maestà possa chiedere [quello che vuole e che considera] qualunque cosa voglia e reputi testimonianza sufficiente e prova della veracità di Colui Che è la Verità. Se Dio Gli permetterà di produrla, liberi questi poveri perseguitati e li abbandoni a se stessi.
?BAHÁ’U’LLÁH 24EGLI54 PROMISE DI TRASMETTERE il messaggio e di portarCi la risposta. Ma non abbiamo più avuto notizie di lui. Anche se non s’addice a Colui Che è la Verità presentarSi davanti a una persona, quale che sia, in quanto tutti sono stati creati per obbedirGli, tuttavia, date le condizioni di questi figlioletti e del gran numero di donne tanto lontane dagli amici e dalla patria, Ci rassegnammo a questo. Ma ciononostante il risultato è stato nullo. ‘Umar è vivo e si può incontrarlo. Informati da lui, perché tu possa conoscere la verità.
?BAHÁ’U’LLÁH 25SAPPIATE CHE, DA TEMPO immemorabile, le prove e le tribolazioni sono state la sorte dei Prescelti e degli amati di Dio e di quelli fra i Suoi servi che si sono distaccati da tutto fuorché da Lui, coloro che né beni né traffici distraggono dal ricordo dell’Onnipotente, coloro che non parlano prima ch’Egli abbia parlato e al Suo comando operano. Tale è il metodo di Dio applicato in passato e tale rimarrà in avvenire. Benedetti coloro che sopportano con fermezza, coloro che sono pazienti nelle infermità e nelle privazioni, che non si lamentano di ciò che accade loro e percorrono la via della rassegnazione…
S’avvicina il giorno in cui Dio susciterà un popolo che rammenterà i Nostri giorni, che narrerà la storia dei Nostri patimenti, che chiederà la reintegrazione dei Nostri diritti a coloro che senza ombra di prova Ci hanno trattato con manifesta ingiustizia. Dio ha certamente il dominio sulla vita di coloro che Ci hanno fatto torto e ben conosce le loro azioni. Senza dubbio li colpirà per i loro peccati. In verità, Egli è il più severo dei giustizieri.
?BAHÁ’U’LLÁH 26PORGI ASCOLTO, O CAPO55 ... alla Voce di Dio, il Sovrano, l’Aiuto nel Pericolo, Colui Che esiste da Sé... Tu hai commesso, o Capo, ciò che ha fatto gemere, nel Più Esaltato Paradiso, Mu?ammad, l’Apostolo di Dio. Il mondo ti ha reso così orgoglioso che hai voltato le spalle al Viso dal Cui splendore le Schiere Superne sono state illuminate. Presto ti coglierà tangibile rovina... S’avvicina il giorno in cui la Terra del Mistero [Adrianopoli] e ciò che le sorge d’intorno si muteranno e sfuggiranno dalle mani del Re, e appariranno trambusti, e si leveranno voci di lamento, e da ogni parte si paleseranno segni di discordia, e si diffonderà il disordine a causa di ciò che è accaduto a questi prigionieri per mano delle schiere dell’oppressione. Il corso delle cose verrà alterato e le condizioni diverranno sì tristi da far gemere i granelli di sabbia sulle desolate colline e piangere gli alberi montagne, e tutte le cose verseranno sangue. Allora vedrai la gente in preda a estrema afflizione.
?BAHÁ’U’LLÁH 27TRA NON MOLTO IDDIO farà sorgere fra i re uno che aiuterà i Suoi amati. Egli, in verità, racchiude tutte le cose. Instillerà nei cuori l’amore per i Suoi amati. Questo, in verità, è il decreto irrevocabile di Uno Che è l’Onnipotente, il Benefattore.
?BAHÁ’U’LLÁH 28DOPO LA NOSTRA PARTENZA da Adrianopoli, sorse una discussione tra i funzionari governativi a Costantinopoli, se Noi e i Nostri compagni dovessimo essere gettati in mare oppure no. Dicerie su questa discussione giunsero in Persia e corse voce che Noi avessimo realmente subito quella sorte. Particolarmente nel Khurásán, i Nostri amici furono molto turbati. Mirza A?mad-i-Azghandí, appena apprese la notizia, si dice abbia affermato che non avrebbe mai potuto dar credito a quelle voci. «La Rivelazione del Báb», disse, «deve, se questo è vero, essere considerata del tutto priva di fondamento». La notizia che eravamo giunti in salvo nella città-prigione di ‘Akká rallegrò il cuore dei Nostri amici, rese più profonda l’ammirazione dei credenti del Khurásán per la fede di Mirza A?mad e accrebbe la loro fiducia in lui.
?BAHÁ’U’LLÁH 29Il 21 agosto 1868, Bahá’u’lláh, la Sua famiglia e i Suoi compagni lasciarono Gallipoli su un piroscafo diretto ad Alessandria, facendo tappa per due giorni a Smirne, nel cui ospedale fu trasportato uno dei compagni che era caduto ammalato. In Alessandria gli esuli furono trasbordati su un altro piroscafo. Dopo altre soste a Porto Said e a Jaffa, sbarcarono a Haifa il 31 agosto 1868. Quando Bahá’u’lláh pose piede sull’imbarcazione che Lo avrebbe portato a riva, uno dei quattro compagni condannati ad andare a Cipro con Mirza Ya?yá fu colto da tale disperazione che, gridando «Yá Bahá’u’l-Abhá»,56 si gettò in mare. Ripescato e rianimato con grande difficoltà, fu costretto dagli ufficiali a proseguire nel viaggio per Cipro.
I prigionieri trascorsero alcune ore in Haifa, dove furono contati e consegnati agli ufficiali del governo. Poi salirono su un’imbarcazione a vela per attraversare la baia di ‘Akká. Non c’era vento e ci vollero otto ore per attraversare la baia. Sofferenti per l’esposizione al caldo sole d’agosto, gli esuli arrivarono alla porta di mare. Non essendoci una banchina, gli uomini ricevettero l’ordine di camminare nell’acqua fino a riva, portando le donne sulle spalle. ‘Abdu’l-Bahá Si oppose e, trovata una sedia, insistette che le donne fossero trasportate a riva una per una. Essendo stati indotti a credere che Bahá’u’lláh e i Suoi seguaci fossero criminali della peggior risma, i cittadini e gli ufficiali di ‘Akká si radunarono presso la porta di mare per dileggiare ed esecrare gli esuli. Tale fu l’accoglienza accordata dalla gente di ‘Akká al Signore dell’Èra.
Capitolo 9 /L’arrivo di Bahá’u’lláh in ‘Akká aprì l’ultima fase, la più lunga, del Suo ministero, una fase che copre un terzo della Sua vita e più della metà del periodo della Sua missione profetica. Il Suo primo esilio a Baghdád Lo aveva portato vicinissimo alle città sante di Najaf e Karbilá e Lo aveva messo a stretto contatto con i principali sostenitori dell’Islam Sciita. Il Suo allontanamento a Costantinopoli Lo aveva condotto nella capitale dell’Impero Ottomano, dove proclamò il Suo messaggio al Sultano e ai leader dell’Islam sunnita. L’ultimo esilio Lo guidò in Terra Santa, una Terra santificata dai Profeti del Giudaismo e del Cristianesimo e associata al viaggio notturno di Mu?am-mad attraverso i sette cieli fino al trono di Dio. «E non si vede» dichiara ‘Abdu’l-Bahá «come Bahá’u’lláh avrebbe potuto essere costretto a lasciare la Persia e a piantare la Sua tenda in Terra Santa se non a causa delle persecuzioni dei Suoi nemici, della Sua condanna e del Suo esilio».
Arrivo ad ‘AkkáConosciuta oggi con il nome di Acri o ‘Akko, ‘Akká si trova all’estremità orientale del mar Mediterraneo, sulla punta settentrionale della Baia di Haifa, davanti alla città di Haifa, in Israele. È un’antica città fondata circa quattromila anni or sono. Dopo essere stata capitale del regno dei Crociati nel XIII secolo, porto mercantile francese nel XVI secolo e capitale di una provincia dell’Impero Ottomano nella seconda metà del XVIII secolo, ‘Akká attraversò un periodo di decadenza alla fine del XVIII e durante il XIX secolo, subendo devastanti attacchi da parte di Napoleone nel 1799, degli Egiziani nel 1832 e degli Inglesi nel 1840.
Nel 1868 quando Bahá’u’lláh vi arrivò, la città era molto decaduta. Era stata relegata allo stato di una colonia penale, la «Bastiglia del Medio Oriente», dove venivano confinati i più pericolosi criminali e nemici politici del governo turco. Circondata da un doppio sistema di bastioni e accessibile soltanto attraverso una porta di terra e una porta di mare, non aveva sorgenti d’acqua dolce. Era umida, infestata di pulci e appestata da malattie.
Sbarcati dal veliero sul quale avevano attraversato la baia di Haifa, gli esuli furono condotti nella caserma attraverso strade luride, buie e tortuose. Sopraffatta dalle condizioni disumane, dal cattivo odore e dal caldo di quel pomeriggio d’agosto, Bahíyyih Khánum, la santa figlia di Bahá’u’lláh, quando entrò nella prigione, svenne.
Bahá’u’lláh fu sistemato in una stanza squallida e maleodorante e i Suoi seguaci furono ammassati in un’altra, che aveva il pavimento coperto di fango. Dieci soldati furono posti di sentinella per sorvegliarli. Ad accrescere la loro sofferenza, gli esuli, arsi dalla sete dopo quella lunga giornata di esposizione al sole estivo, scoprirono ben presto che la sola acqua disponibile non era potabile. Le madri non riuscirono a sfamare i figli e i bambini piansero per ore. ‘Abdu’l-Bahá sollecitò ripetutamente la misericordia delle sentinelle e del governatore, ma invano. L’indomani mattina gli esuli ricevettero la prima razione di acqua e tre forme di pane salato, di pessima qualità, nero, immangiabile, che ebbero poi il permesso di scambiare al mercato con due pagnotte di qualità migliore.
In queste condizioni, tutti si ammalarono tranne ‘Abdu’l-Bahá e un altro. In pochi giorni morirono tre uomini. Gli ufficiali negarono ai prigionieri il permesso di lasciare la cittadella per seppellirli e le sentinelle pretesero di essere pagate prima di portar via le salme. Bahá’u’lláh ordinò di vendere il Suo tappeto da preghiera, l’unico oggetto di un certo valore che possedeva, per pagare le spese della sepoltura. Le sentinelle intascarono il denaro e seppellirono gli uomini con i vestiti che indossavano quando erano morti, senza cassa e senza lavare le salme o avvolgerle in un sudario.
Tre giorni dopo l’arrivo degli esuli, l’editto del Sultano fu letto ad alta voce nella moschea. Condannava all’er-gastolo Bahá’u’lláh, la Sua famiglia e i Suoi compagni e proibiva espressamente che s’incontrassero fra loro o che avvicinassero gli abitanti della città. I termini e le condizioni cui Bahá’u’lláh fu esposto quando fu internato nell’ «affliggente prigione» di ‘Akká furono durissimi, segnarono il culmine delle Sue sofferenze.
AL NOSTRO ARRIVO FUMMO salutati fummo salutati da vessilli di luce, sui quali la Voce dello Spirito si levò dicendo: «Ben presto tutto ciò che dimora sulla terra sarà arruolato sotto questi vessilli»
?BAHÁ’U’LLÁH 1SAPPI CHE GIUNTI IN questo Luogo, decidemmo di chiamarlo «la Più Grande Prigione». Benché in precedenza sottoposto in altra terra [Teheran] a catene e ceppi, pure Ci rifiutammo di chiamarla con questo nome. Dì: meditate su ciò, voi dotati di comprensione!
?BAHÁ’U’LLÁH 2A QUANTO SI DICE, è la più desolata città del mondo, quella che ha l’aspetto più squallido, il clima più detestabile e l’acqua più putrida. È come se fosse la metropoli dei gufi.
?BAHÁ’U’LLÁH 3LA PRIMA NOTTE TUTTI furono privati di cibi e di bevande… Pregarono per avere un po’ d’acqua ed ebbero un rifiuto
?BAHÁ’U’LLÁH 4NESSUNO SA QUELLO che Ci è accaduto, fuorché Dio, l’Onnipotente, l’Onnisciente… Dalla creazione del mondo sino ad oggi non s’è mai vista né udita una simile crudeltà.
?BAHÁ’U’LLÁH 5E PIÙ CRUDELE SI FECE la Nostra sorte di giorno in giorno, anzi di ora in ora, finché Ci trassero dalla prigione ov’eravamo e, con palese ingiustizia, Ci rinchiusero nella Più Grande Prigione. E se qualcuno chiedesse loro: «Per quali crimini sono stati imprigionati?» risponderebbero dicendo: «In verità, cercarono di sostituire alla Fede una nuova Religione!» Se preferite quel che è antico, perché mai allora avete accantonato ciò che vi era stato inviato nella Torah e nel Vangelo? Spiegatelo, o uomini! Per la Mia vita! Non v’è luogo ove possiate rifugiarvi in questo giorno. Se questo è il Mio crimine, allora Mu?ammad, l’Apostolo di Dio, l’ha commesso prima di Me, e prima di Lui lo commise Colui Che era lo Spirito di Dio [Gesù Cristo] e prima ancora Colui Che conversò con Dio [Mosè]. E se questo è il Mio peccato, aver esaltato la Parola di Dio e rivelato la Sua Causa, ebbene son Io davvero il più grande peccatore. E un tale peccato non baratterò con i regni del cielo e della terra.
?BAHÁ’U’LLÁH 6L’ANTICA BELLEZZA HA CONSENTITO di essere incatenata perché l’umanità si liberi dalla schiavitù e ha accettato di esser fatta prigioniera in questa formidabile Fortezza perché il mondo intero ottenga la vera libertà. Ha bevuto fino alla feccia il calice del dolore perché tutti i popoli della terra raggiungano la gioia eterna e siano colmi di contentezza. Questo è opera della misericordia del vostro Signore, il Compassionevole, il Misericordiosissimo. Abbiamo accettato di essere avviliti, o credenti nell’Unità di Dio, perché voi siate esaltati e abbiamo sofferto molteplici afflizioni perché voi possiate prosperare e fiorire. Colui Che è venuto a ricostruire il mondo intero, vedete come è stato costretto ad abitare nella più squallida delle città da coloro che hanno dato compagni a Dio!
?BAHÁ’U’LLÁH 7MEDITATE SUL MONDO e sullo stato dei suoi abitanti. Colui per amore del quale il mondo è stato chiamato all’esistenza è stato imprigionato nella più desolata della città [‘Akká], a causa di ciò che le mani dei caparbi hanno operato. Dall’ orizzonte della Sua città-prigione Egli invita l’umanità all’Alba di Dio, l’Eccelso, il Grande.
?BAHÁ’U’LLÁH 8OGNI OSSERVATORE IMPARZIALE ammetterà senza indugio che sin dall’alba della Sua Rivelazione questo Vilipeso ha invitato tutta l’umanità a volgersi verso l’Alba della Gloria e ha condannato la corruzione, l’odio, l’oppressione e la malvagità. Eppure, guardate cos’ha fatto la mano del tiranno! Nessuna penna osa descrivere la sua tirannide. Benché l’intento di Colui Che è la Verità Eterna sia stato quello di conferire vita eterna a tutti gli uomini e di garantire sicurezza e pace, pure, osserva com’essi si siano levati a spargere il sangue dei Suoi diletti e abbiano pronunziata contro di Lui sentenza di morte.
Gl’istigatori di questa oppressione sono gli stessi che, pur tanto stolti, sono reputati i più saggi fra i saggi. Tale è la loro cecità che con manifesta severità hanno gettato in questa tetra, inaccessibile e inaccessibile Prigione Colui per i servi della Cui soglia il mondo è stato creato. Ma, malgrado loro e coloro che hanno respinto la verità di questo «Grande Annuncio», l’Onnipotente ha trasformato questa Prigione nel Più Eccelso Paradiso, il Cielo dei Cieli.
?BAHÁ’U’LLÁH 9O TU, CHE SEI IL REGGITORE della terra e del cielo e l’Autore di tutti i nomi! Senti i miei lamenti salire a Te dalla cittadella di ‘Akká e vedi i miei compagni prigionieri caduti nelle mani degli artefici d’iniquità.
Per tutte le tribolazioni che ci sono toccate sulla Tua via Ti rendiamo grazie, nostro Signore. Potesse la mia vita terrena durare tanto da abbracciare la vita delle generazioni passate e future, o esser così lunga che nessuno sulla terra fosse in grado di misurarla, e ogni giorno, ogni momento una nuova tribolazione affliggermi per amor Tuo e del Tuo compiacimento!
Ma Tu sai, o mio Dio, che il mio desiderio si dissolve nel Tuo volere e che Tu hai irrevocabilmente decretato che la mia anima ascenda alle più eccelse magioni del Tuo Regno e giunga alla presenza del mio gloriosissimo Compagno.
Per la Tua grazia e per la Tua munificenza, affretta il mio trapasso, mio Signore, e su tutti coloro che Ti sono cari riversa ciò che li preservi da paura e tremore dopo la mia dipartita. Il potere Tu hai di fare qualunque cosa Ti piaccia. Non v’è altro Dio che Te, il Più Glorioso, il Più Saggio.
Vedi, mio Signore, che i Tuoi servi hanno lasciato le loro case nel desiderio d’incontrarTi e che gli empi hanno impedito loro di mirare il Tuo volto e d’incedere attorno al santuario della Tua magnificenza.57 Effondi la Tua fermezza e fa’ scendere su loro la Tua quiete, o mio Signore! In verità, Tu sei Colui Che sempre perdona, il Più Compassionevole.
?BAHÁ’U’LLÁH 10GLORIFICATO SEI TU, MIO DIO! Sai che il mio solo scopo nel rivelare la Tua Causa è stato di rivelare Te e non me e di manifestare la Tua, non la mia gloria. Sulla Tua via e per ottenere il Tuo beneplacito, ho disdegnato riposo, gioia, diletto. In ogni momento e condizione il mio sguardo è rimasto costantemente fisso sui Tuoi precetti e i miei occhi rivolti verso le cose che mi hai ordinato di osservare nelle Tue Tavole. Ogni mattina mi sono svegliato alla luce della Tua lode e del Tuo ricordo e sono giunto a sera respirando le fragranze della Tua misericordia.
E quando l’intera creazione fu vivificata e tutta la terra sconvolta, e allorché i dolci effluvi del Tuo nome, il Lodatissimo, avevano quasi cessato di spirare sui Tuoi reami e i venti della Tua misericordia si erano pressoché placati in tutti i Tuoi dominî, col potere della Tua possanza mi suscitasti fra i Tuoi servi e mi comandasti di palesare fra la gente la Tua sovranità. Perciò, rafforzato dal Tuo aiuto e dal Tuo potere, mi levai davanti a tutte le Tue creature e convocai a Te tutte le moltitudini, annunziai a tutti i Tuoi servi i Tuoi favori e i Tuoi doni, li invitai a volgersi verso questo Oceano, ogni goccia delle cui acque proclama a tutti coloro che sono in cielo e in terra che in verità Egli è Sorgente d’ogni vita, Vivificatore dell’intera creazione, Oggetto dell’adorazione di tutti i mondi, Prediletto d’ogni cuore che comprende, Desìo di tutti coloro che Ti son vicini.
I furiosi venti dell’odio dei malfattori che pur imperversarono su questa Lampada, non Gl’impedirono mai, nel suo amore per la Tua bellezza, di diffondere la fragranza della Tua luce. Quanto più aumentavano le trasgressioni perpetrate contro di Te, tanto più cresceva la mia brama di rivelare la Tua Causa. Quanto più s’inasprirono le tribolazioni – la Tua gloria mi è testimone – tanto più ampia misura della Tua sovranità e della Tua forza fu da me elargita alle Tue creature.
Infine i trasgressori mi gettarono nella città-prigione di ‘Akká e i miei congiunti furono fatti prigionieri a Baghdád.58 La forza della Tua possanza mi è testimone, mio Dio! Ogni affanno che mi è toccato sulla Tua via ha aumentato la mia gloria e accresciuto la mia letizia. Giuro per Te, Che sei il Re dei Re! Nessuno dei sovrani della terra ha il potere d’impedirmi di ricordarTi o di celebrare le Tue virtù. Anche se si alleassero – come fecero – contro di me e contro di me brandissero le spade più affilate e le più aguzze lance, non esiterei a magnificare il Tuo nome dinanzi a tutti coloro che sono nel Tuo cielo e sulla Tua terra. No, griderei: «O mio Diletto, ecco il volto che ho offerto per il Tuo, ecco lo spirito che ho sacrificato per il Tuo, ecco il sangue che mi scorre nelle vene e che per amor Tuo e sulla Tua via brama d’essere versato».
Pur dimorando, come vedi, mio Dio, in un luogo fra le cui mura non s’ode altra voce che quella dell’eco, chiuse tutte le porte degli agi e del benessere e apparentemente circondati da buio fitto, pure la mia anima è stata così infiammata d’amore per Te che nulla può spegnerne il fuoco o sMirzarvi la bruciante vampa del desiderio. Essa grida levando la voce fra i Tuoi servi e, in ogni momento e circostanza, li invita a Te.
Per il Tuo Più Grande Nome, T’imploro di aprire gli occhi dei Tuoi servi, sì che Ti vedano risplendere sull’orizzonte della Tua maestà e della Tua gloria, e gracchiare di corvo non li distragga dalla voce della Colomba della Tua sublime unicità, e putride acque non impediscano loro di gustare il puro vino della Tua munificenza e di bere dagli eterni rivoli dei Tuoi doni.
Riuniscili dunque attorno a questa Legge divina, il cui patto hai stretto con tutti i Tuoi Profeti e i Tuoi Messaggeri, le cui ordinanze hai vergato nelle Tue Tavole e nelle Tue Scritture. Innalzali inoltre a tali altezze onde riescano a udire il Tuo Invito.
Il potere Tu hai di fare quel che Ti piace. In verità, sei l’Inaccessibile, il Gloriosissimo.
?BAHÁ’U’LLÁH 11LODATO TU SIA, MIO DIO! Mi vedi rinchiuso in questa Prigione e sai che vi sono entrato solamente per amor Tuo, per la glorificazione della Tua parola e la proclamazione della Tua Causa. In questo momento T’invoco, o Tu Che sei il Signore di tutti i mondi, implorandoTi, per il Tuo indubitato Nome, di attrarre i cuori dei Tuoi servi verso l’Alba dei Tuoi più eccelsi titoli e l’Oriente dei Tuoi più splendidi segni.
Mio Dio, se non fosse per le tribolazioni che mi colgono sulla Tua via, come potrebbe il mio cuore gioire nei Tuoi giorni? E cosa potrebbe tingere il volto dei Tuoi prescelti agli occhi delle Tue creature, se non il sangue versato per amor Tuo? Giuro per la Tua potenza! L’ornamento che adorna il sembiante dei Tuoi diletti è il sangue che, nel loro amore per Te, gronda loro dalla fronte sul viso.
Mio Dio, vedi come ogni osso del mio corpo sia come un flauto che suona la musica della Tua ispirazione, rivelando i segni della Tua unicità e i chiari pegni della Tua unità. Mio Dio, Ti supplico, per il Tuo nome che illumina tutte le cose, di suscitare quei Tuoi servi che porgano orecchio alla voce delle melodie che salgono dalla destra del trono della Tua gloria. Fa’ dunque che bevano dalla mano della Tua grazia il vino della Tua misericordia, sì che esso rassicuri il loro cuore e li volga dalla sinistra delle futili fantasie e vane immaginazioni verso la destra della fiducia e della certezza.
Ora che li hai guidati fino alla porta della Tua grazia, o mio Signore, per la Tua munificenza, non li allontanare. E ora che li hai chiamati all’orizzonte della Tua Causa, per la Tua benevolenza e per il Tuo favore, non li tenere lontani da Te. Il potere Tu hai di fare quel che Ti piace. Non v’è altro Dio che Te, l’Onnisciente, Colui Che di tutto è informato.
?BAHÁ’U’LLÁH 12O MIO DIO! TU VEDI che il Signore di tutta l’umanità, rinchiuso nella Sua Più Grande Prigione, invoca il Tuo Nome, mira il Tuo volto, prclama ciò che ha estasiato i cittadini dei Tuoi regni della rivelazione e del creato. O mio Dio! Vedo il Mio Essere prigioniero nelle mani dei Tuoi servi, e pur la luce della Tua sovranità e le rivelazioni della Tua invincibile potenza rifulgono luminose dal Suo volto, dando a ognuno certezza che Tu sei Dio e che non v’è altro Dio all’infuori di Te. La forza del forte non può vanificarTi, né il potere dei potenti prevalere su di Te. In virtù della Tua sovranità che tutto abbraccia, Tu fai ciò che vuoi e in forza del Tuo decreto che pervade l’intera creazione, disponi come T’aggrada.
T’imploro per la Gloria della Tua Manifestazione e per la forza della Tua possanza, della Tua sovranità e della Tua eccellenza di accordare la vittoria a coloro che si sono levati per servirTi, che hanno aiutato la Tua Causa e si sono fatti umili innanzi allo splendore della luce del Tuo volto. O mio Dio, falli trionfare sui Tuoi nemici e rendili incrollabili nel Tuo servizio, affinché per loro mezzo siano dimostrate in tutti i Tuoi reami le prove del Tuo dominio e manifestati nelle Tue terre i pegni della Tua indomabile potenza. In verità il potere Tu hai di fare quello che vuoi; non v’è altro Dio che Te, l’Aiuto nel Pericolo, l’Esistente da Sé.
?BAHÁ’U’LLÁH 13Alle numerose tribolazioni che Bahá’u’lláh subì durante i primi due anni di reclusione in ‘Akká, dice Shoghi Effendi, si aggiunse
l’amaro cordoglio di un’improvvisa tragedia, la prematura perdita del nobile e pio Mirza Mihdí, il Purissimo Ramo, ventiduenne fratello di ‘Abdu’l-Bahá, amanuense e compagno d’esilio di Bahá’u’lláh fin dai giorni in cui ancor bambino era stato condotto da Teheran a Bagdad per raggiungere il Padre ritornato da Sulaymáníyyih. Una sera al crepuscolo passeggiava sul tetto della caserma rapito nelle abituali devozioni, quando cadde attraverso un abbaino incustodito su una cassa di legno che si trovava sul pavimento sottostante e che gli penetrò fra le costole producendo, ventidue ore dopo, la sua morte, il 23 rabí’u’l-avval 1287 dell’Egira (23 giugno 1870). La sua estrema supplica al Padre costernato fu che accettasse la sua vita come riscatto per coloro ai quali veniva negato di giungere alla presenza del Benamato
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Dopo essere stato lavato alla presenza di Bahá’u’lláh, egli, «che era stato creato dalla luce di Bahá», la cui «mansuetudine» la Penna Suprema aveva attestato e i «misteri» della cui ascensione quella stessa Penna aveva ricordato, fu portato via, scortato dalle guardie della fortezza, e deposto in un luogo oltre le mura della città vicino alla tomba di Nabí ?áli?, donde settant’anni dopo le sue spoglie furono trasferite assieme a quelle della sua illustre madre sulle pendici del monte Carmelo nei pressi della tomba della sorella e all’ombra del santo sepolcro del Báb.59
Quando coloro che avevano sepolto il corpo del Purissimo Ramo ritornarono nella prigione, la zona fu colpita da un terremoto che durò circa tre minuti, un evento che essi interpretarono come l’effetto della sepoltura di quella santa creatura. Bahá’u’lláh ne fa cenno in una Tavola di omaggio al Purissimo Ramo (vedi estratto 17).
Nella Sua preghiera e nelle Sue Tavole Bahá’u’lláh definisce la morte del Purissimo Ramo un atto di martirio, la descrive come un sacrificio che Egli Stesso ha fatto e la innalza, spiega Shoghi Effendi, «al rango dei grandi atti di espiazione come il sacrificio del figlio deciso da Abramo, la crocifissione di Gesù Cristo e il martirio dell’Imam ?usayn ».
Anche se non conosciamo le parole scambiate da Bahá’u’lláh e quell’amato figlio Mirza Mihdí mentre questi si trovava morente davanti a Lui, sappiamo che Bahá’u’lláh, Che aveva potere di vita e di morte, chiese a Mirza Mihdí se desiderava vivere e che accettò la sua richiesta di offrire la vita affinché le porte della prigione si aprissero ai pellegrini che desideravano entrare alla presenza del Padre.
Quattro mesi dopo, la mobilitazione delle truppe turche indusse le autorità a reclamare la caserma per scopi militari. Bahá’u’lláh e la Sua famiglia furono trasferiti in una casa nel quartiere occidentale della città e per i dieci mesi successivi abitarono in tre differenti case finché non si sistemarono in quella che divenne poi nota come la Casa di ‘Abbúd, dove rimasero per sette anni. Dal giorno in cui furono allontanati dalla caserma-prigione, i termini del confino si addolcirono progressivamente, finché da ultimo Bahá’u’lláh poté lasciare la colonia penale e vivere al di fuori delle sue mura in libertà e maestà.
Le misteriose forze sprigionate dal sacrificio del Purissimo Ramo continuano a esercitare la loro influenza sul mondo. Grazie al Suo sacrificio, spiega Shoghi Effendi, si realizzeranno l’unità delle nazioni e l’unità del genere umano.
LODATO SIA IL TUO NOME, Signore mio Dio! Mi vedi in questo giorno rinchiuso in prigione, caduto nelle mani dei Tuoi avversari e vedi mio figlio [il Purissimo Ramo] riverso nella polvere davanti al Tuo volto. Egli è il Tuo servo, mio Signore, che facesti consanguineo di Colui Che è la Manifestazione del Tuo Essere e l’Alba della Tua Causa.
Quando nacque, ebbe a soffrire perché fu separato da Te, secondo quanto per lui disposto nel Tuo irrevocabile decreto. E allorché vuotò la coppa del ricongiungimento a Te, fu gettato in prigione perché credeva in Te e nei Tuoi segni. Continuò a servire la Tua Bellezza finché non entrò in questa Più Grande Prigione. Allora, mio Dio, lo offrii in sacrificio sulla Tua via. Tu ben sai quello che hanno sofferto coloro che Ti amano per questa prova che ha fatto gemere le tribù della terra e piangere anche le Schiere superne.
T’imploro, Mio Signore, per lui, per il suo esilio e la sua prigionia, di riversare su coloro che lo amarono ciò che ne tranquillizzi il cuore e ne benedica le opere. Il potere Tu hai di fare quel che Ti piace. Non v’è altro Dio che Te, l’Onnipotente, il Potentissimo.
?BAHÁ’U’LLÁH 14IN QUESTO PRECISO ISTANTE Mio figlio è stato lavato davanti a Me, dopo che lo abbiamo sacrificato nella Più Grande Prigione. Al che gli abitanti del Tabernacolo di Abhá piansero un gran pianto e coloro che assieme a questo Giovane erano stati imprigionati sulla via di Dio, il Signore del Giorno promesso, si lamentarono. In tali condizioni la Mia Penna non si è astenuta dal ricordare il suo Signore, il Signore di tutte le nazioni. Essa invita le genti a Dio, l’Onnipotente, il Generosissimo. Questo è il giorno in cui colui che era stato creato dalla luce di Bahá ha subìto il martirio, mentre si trovava prigioniero nelle mani dei nemici.
Su di te, Ramo di Dio, si posino il ricordo e la lode di Dio e la lode di tutto ciò che dimora nei Regni dell’Immortalità e di tutti gli abitanti del Regno dei Nomi. Felice te che sei stato fedele al Patto e al Testamento di Dio, finché non ti sacrificasti dinanzi al viso del tuo Signore, l’Onnipotente, l’Incoercibile. In verità, sei stato vilipeso, lo attesta la Bellezza di Colui Che esiste da S‚. Nei primi giorni della tua vita, hai sopportato ciò che ha fatto gemere ogni cosa e tremare ogni colonna. Felice colui che ti ricorda e si avvicina, per te, a Dio, il Creatore del Mattino.
?BAHÁ’U’LLÁH 15GLORIFICATO SII TU, Signore mio Dio! Mi vedi nelle mani dei Miei nemici e vedi Mio figlio insanguinato dinanzi al Tuo volto, Tu nelle Cui mani è il regno di tutti i nomi. O Mio Signore! Ho offerto ciò che Mi hai dato, perché i Tuoi servi siano vivificati e tutto quello che dimora sulla terra sia unito.
?BAHÁ’U’LLÁH 16BENEDETTO SII TU E BENEDETTO colui che si volge a te e visita la tua tomba e, per te, s’avvicina a Dio, il Signore di tutto quello che è stato e che sarà.... Attesto che sei ritornato in mansuetudine alla tua dimora. Grande è la benedizione di coloro che si tengono saldi all’orlo della Tua veste distesa... In verità, tu sei pegno e tesoro di Dio su questa terra. Presto Dio rivelerà per tuo mezzo ciò che ha desiderato. Invero, Egli è la Verità, Colui Che conosce le cose invisibili. Quando fosti deposto nella terra, la terra stessa tremò nel desiderio d’incontrarti. Così era stato decretato, eppure le genti non comprendono... Dovessimo Noi narrare i misteri della Tua ascensione, i dormienti si risveglierebbero e tutti gli esseri s’infiammerebbero del fuoco del ricordo del Mio Nome, il Potente, l’Amabile.
?BAHÁ’U’LLÁH 17Circa un anno e mezzo dopo la morte del Purisimo Ramo e poco dopo che Bahá’u’lláh e la Sua famiglia si erano trasferiti nella Casa di ‘Abbúd, scoppiò una crisi che aveva si preparava da anni.
Sin da quando gli esuli erano entrati in ‘Akká, Siyyid Mu?ammad e un compagno di nome Áqá Ján-i-Kaj-Kuláh avevano cercato di travisare le intenzioni di Bahá’u’lláh e di sovvertire la comunità bahá’í. Quando Bahá’u’lláh espulse dalla comunità Mirza Ri?á-Qulíy-i-Tafrishí a causa della sua disidicevole condotta, egli e sua sorella, una moglie separata di Mirza Ya?yá, si allearono a Siyyid Mu?mmad e a Áqá Ján aggiungendo impeto alla loro campagna. Diffondendo menzogne e scritti falsificati di Bahá’u’lláh, i tre riuscirono ad avvelenare gli animi contro gli esuli a tal punto che i Bahá’í divennero oggetto di aperte ostilità.
Sebbene Bahá’u’lláh avesse ripetutamente ammonito i Bahá’í di non fare rappresaglie e avesse redarguito coloro che Si erano rivolti a Lui per aver il permesso di affrontare i cospiratori a modo loro, sette Bahá’í non riuscirono più a contenersi e il 22 gennaio 1872 spararono contro Siyyid Mu?ammad, Áqá Ján-i-Kaj-Kuláh e Mirza Ri?á-i-Qulíy-i-Tafrishí nei loro alloggi uccidendoli.
Badrí-Ján andò dal Governatore e, pur sapendo che Bahá’u’lláh aveva espressamente proibito ai Suoi seguaci di far qualsiasi cosa contro di loro, Lo accusò di aver ordinato la morte di suo fratello e dei suoi amici.
Immediatamente un contingente di truppe, guidate dal governatore, circondò la casa di Bahá’u’lláh con le spade sguainate. Si radunò una rumoreggiante folla di curiosi. Bahá’u’lláh fu convocato al governatorato, dove il comandante della città chiese: «È giusto che alcuni dei vostri seguaci agiscano in modo simile?» Egli rispose: «Se uno dei vostri soldati commettesse un’azione riprovevole, ne sareste considerato responsabile e punito in sua vece?»
Bahá’u’lláh fu tenuto sotto sorveglianza per tre notti. ‘Abdu’l-Bahá fu messo in carcere e in catene la prima notte, poi Gli fu consentito di raggiungere Bahá’u’lláh, mentre venticinque esuli furono rinchiusi in un’altra prigione e qui trattenuti per sei mesi. Gli uccisori rimasero in carcere per molti anni.
Dopo la terza notte, Bahá’u’lláh fu condotto dal governatore per un interrogatorio. Shoghi Effendi racconta che
Gli chiesero di dichiarare il Proprio nome e il paese da cui proveniva, Egli rispose: «È più evidente del sole». La stessa domanda Gli fu posta una seconda volta, al che dette la seguente risposta: «Non ritengo opportuno menzionarlo. Riferitevi al farmán del governo che è in vostro possesso». Ancora una volta, con notevole deferenza, ripeterono la richiesta, allora Bahá’u’lláh con maestà e forza pronunciò queste parole: «Il Mio nome è Bahá’u’lláh (Luce di Dio) e il Mio paese è Núr (Luce). Siatene informati». RivolgendoSi poi al Muftì pronunciò parole di velato rimprovero, dopo di che parlò all’intera adunanza con linguaggio così veemente ed elevato, che nessuno ebbe il coraggio di risponderGli. Dopo aver citato alcuni versetti della Súriy-i-Mulúk, Si alzò e lasciò la riunione. Subito dopo il Governatore Gli comunicò che era libero di ritornare a casa, scusandosi per l’accaduto.
Gli omicidi sollevarono un’ondata di ostilità contro i Bahá’í che furono accusati di terrorismo, eresia e ateismo e divennero oggetto di ostracismo e di scherno. La situazione indignò Bahá’u’lláh, fu per Lui causa di umiliazione e sofferenza e affievolì la simpatia degli ufficiali e dei cittadini di ‘Akká che ‘Abdu’l-Bahá aveva ottenuto dopo anni di paziente sforzo.
DOVESSIMO NOI FARE MENZIONE di ciò che Ci è accaduto, i cieli verrebbero squarciati e i monti crollerebbero.
?BAHÁ’U’LLÁH 18LA MIA PRIGIONIA NON MI FA alcun male, né le tribolazioni che ho sofferto, né le cose che Mi sono capitate per mano del nemico. Ciò che Mi offende è la condotta di coloro i quali, benché portino il Mio nome, commettono cose che fanno gemere il Mio cuore e la Mia penna.
?BAHÁ’U’LLÁH 19LA MIA PRIGIONIA NON PUÒ nuocerMi. Ciò che può nuocerMi è la condotta di coloro che Mi amano, che pretendono di essere congiunti a Me, eppure commettono ciò che fa gemere il Mio cuore e la Mia penna.
?BAHÁ’U’LLÁH 20NON MI DOLGO DEL PESO della prigionia. Né Mi addoloro della miseria e delle tribolazioni che soffro per mano dei Miei nemici. Per la Mia vita! Esse sono la Mia gloria, una gloria della quale Dio Stesso Si è adornato. Se solo lo capiste!
L’affronto che Mi è stato fatto subire ha rivelato la gloria della quale l’intera creazione era stata investita e per le crudeltà che ho sopportato l’Astro della Giustizia si è manifestato e ha sfolgorato sugli uomini.
Il Mio dolore è per coloro che si sono abbandonati a corrotte passioni e pretendono di esser parte della Fede di Dio, il Benevolo, il Lodatissimo.
Si addice alle genti di Bahá di morire al mondo e a tutto quanto vi si trova e di essere tanto distaccate dalle cose terrene da far sì che gli abitanti del Paradiso aspirino dalla loro veste il dolce aroma della santità, che tutti i popoli della terra riconoscano nei loro volti lo splendore del Misericordiosissimo e che per opera loro i segni e i pegni di Dio, l’Onnipotente, il Sapientissimo, si propaghino dappertutto. Coloro che hanno macchiato il buon nome della Causa di Dio, seguendo le cose della carne, sono immersi nell’errore!
?BAHÁ’U’LLÁH 21Durante i tenebrosi giorni dei periodi adrianopolitano e acritano fonte di consolazione per Bahá’u’lláh fu il devoto servizio della figlia, Bahíyyih Khánum. Già da bambina a ?ihrán mentre Egli era incarcerato nel Síyáh-Chál e poi a Baghdád durante i dolorosi anni del Suo ritiro nel Kurdistán, ella aveva dimostrato, racconta Shoghi Effendi, una «tenera sollecitudine» e la capacità di condividere l’onere e di fare i sacrifici «che i suoi nobili natali esigevano». Nell’adolescenza le erano stati affidati dal Padre compiti importanti e delicati ed ella aveva sopportato le calamità degli anni trascorsi in Adrianopoli con calma e grazia esemplari. A ventidue anni, quando era stata esposta alla reclusione dentro le mura di ‘Akká, aveva dimostrato «nella ricchezza dei suoi poteri e nella piena abbondanza del suo amore» per il Padre le qualità che la fanno emergere fra i membri della Sacra Famiglia, dopo ‘Abdu’l-Bahá, come «la più fulgida personificazione di un amore nato da Dio e di un’umana simpatia che pochi mortali sono capaci di esprimere».
Girate le spalle a ogni attaccamento umano e rinunciando al matrimonio, Bahíyyih Khánum rimase risolutamente accanto ad ‘Abdu’l-Bahá e dedicò la vita al servizio della Causa del Padre, conquistando, nelle parole di Bahá’u’lláh, «un rango che nessuna donna ha sorpassato».
@ EGLI È L’ETERNO! Questa è la Mia testimonianza per colei che ha udito la Mia voce e s’è avvicinata a Me. In verità, ella, foglia germogliata da questo Ceppo preesistente, si è rivelata nel Mio nome e ha gustato i soavi aromi del Mio santo e mirabile favore. Una volta le demmo da bere dalla Mia bocca melata, un’altra le porgemmo il Mio possente, luminoso Kawthar.60 Su lei si posino la gloria del Mio nome e la fragranza della Mia radiosa veste.
O amatissima e luminosissima Foglia, siano queste sublimi parole il tuo canto d’amore sull’albero di Bahá: «O Dio, oltre al quale non v’è altro Dio, Signore di questo mondo e di quello avvenire!» In verità, ti abbiamo elevata a un rango eminentissimo fra quelle del tuo sesso e ti abbiamo conferito nella Mia corte una posizione che nessuna donna ha sorpassato, Così ti abbiamo preferita e innalzata al di sopra delle altre, come segno di grazia da Colui Che è il Signore del trono in alto e della terra quaggiù. Abbiamo creato i tuoi occhi perché mirassero la luce del Mio volto, le tue orecchie perché ascoltassero la melodia delle Mie parole, il tuo corpo perché rendesse omaggio dinanzi al mio trono. Rendi grazie a Dio, tuo Signore, Signore di tutti i mondi.
Sublime è la testimoninza del Sadratu’l-Muntahá per la sua foglia; eccelsa l’attestazione dell’Albero della Vita per il suo frutto! Per il Mio ricordo di lei si è diffuso aroma di muschio; beato colui che l’ha aspirato esclamando: «Ogni lode a Te, o Dio, mio Signore, il Più Glorioso!» Com’è soave la tua presenza innanzi a Me; com’è dolce guardare il tuo volto, elargirti la Mia amorosa tenerezza, concederti le Mie premurose cure, menzionarti in questa Mia Tavola, Tavola che ho disposto quale pegno del Mio favore segreto e manifesto verso di te.
?BAHÁ’U’LLÁH 22@ O MIA FOGLIA! Ascolta la Mia voce: In verità non v’è altro Dio che Me, l’Onnipotente, l’Onnisciente. Aspiro da te la fragranza del Mio amore e il dolce aroma che esala dalla veste del Mio Nome, il Più Santo, il Più Luminoso. Sii desta sull’Albero di Dio conforme al tuo piacere e sciogli la lingua fra tutti gli uomini in lode del tuo Signore. Non lasciare che le cose del mondo t’addolorino. Aggrappati saldamente a questo divino Albero di Loto dal quale Dio ti ha benignamente fatta germogliare. Giuro sulla Mia vita! Si conviene che l’amante sia strettamente unito all’amato e in verità qui Si trova il Benamato del mondo.
?BAHÁ’U’LLÁH 23Dopo aver dato inizio alla proclamazione della Sua missione profetica ai sovrani e ai governanti del mondo a Costantinopoli con una Tavola indirizzata al sultano ‘Abdu’l-‘Azíz e in Adrianopoli con la rivelazione della Súriy-i-Mulúk, Bahá’u’lláh continuò a rivelare Tavole che proclamavano la Sua missione ai leader del mondo, mentre Si trovava confinato nella caserma-prigione di ‘Akká.
Oltre a rivelare la Súriy-i-Mulúk in Adrianopoli, Bahá’u’lláh aveva anche indirizzato una Tavola a Napoleone III. Poco dopo essere arrivato ad ‘Akká nel 1868, ricevette attraverso uno dei ministri di Napoleone la notizia che la Tavola non avrebbe avuto risposta. Infatti si dice che l’Imperatore l’abbia gettata a terra dicendo: «Se quest’uomo è Dio, io lo sono due volte!» Nel 1868 Bahá’u’lláh rivelò una seconda Tavola a Napoleone. Con parole forti e maestose, rimproverò l’Imperatore di aver respinto la prima Tavola e lo redarguì per la sua arroganza e insincerità, profetizzando che ben presto il suo impero sarebbe stato «gettato in confusione» e gli sarebbe sfuggito di mano.
Prima di lasciare Adrianopoli, Bahá’u’lláh aveva anche indirizzato una Tavola a Ná?iri’d-Dín Shá? Ma quella Tavola non fu spedita fino al 1869, perché Egli aspettava di trovare qualcuno che avesse la saggezza necessaria per assicurarne la consegna e il coraggio e la sopportazione indispensabili per affrontare le torture cui sarebbe stato indubbiamente sottoposto. L’incarico fu assegnato ad Áqá Buzurg, un giovane diciassettenne, che si era recato a piedi da Mosul fino ad ‘Akká per essere ammesso alla presenza di Bahá’u’llá? Il giovane era stato ricreato da due colloqui privati con Bahá’u’lláh e aveva ricevuto il nome di Badí‘ (Meraviglioso). Badí‘ implorò il permesso di svolgere l’importante missione, ben sapendo che chiunque avesse consegnato la Tavola allo Scià sarebbe andato incontro a sicura morte. Dopo essere andato a piedi da ‘Akká a ?ihrán, Badí‘ riuscì a presentare la Tavola di Bahá’u’lláh allo Scià, il quale ne ordinò l’immediato arresto. Per tre giorni egli sopportò brutali torture senza dar segno di sofferenza. Il quarto giorno le guardie ne furono così esasperate che lo percossero a morte.
Durante i primi anni della reclusione acritana, Bahá’u’lláh rivelò Tavole anche al papa Pio IX, allo zar Alessandro II e alla regina Vittoria. Queste Tavole svelano il Suo stadio, invitano i destinatari a riconoscere la Sua Causa e a levarsi per promuoverne il trionfo e impartiscono vari consigli, moniti e profezie adatti a ciascun destinatario. Il processo si concluse nel 1873 con la rivelazione del Kitáb-i-Aqdas, che comprende ulteriori inviti e consigli a leader secolari e religiosi. «Mai, sin dall’inizio del mondo» afferma Bahá’u’lláh «il Messaggio è stato proclamato così apertamente ».
AL NOSTRO ARRIVO in questa prigione Ci proponemmo di trasmettere ai sovrani i messaggi del loro Signore, il Possente, il Più Lodato. Pur avendo già trasmesso loro, in numerose Tavole, ciò che Ci era comandato, pure lo facciamo ancora quale segno della grazia di Dio.
?BAHÁ’U’LLÁH 24DALLA NOSTRA PIÙ GRANDE Prigione fummo spinti a rivolgere ai diversi capi e re del mondo Epistole nelle quali li invitammo a sorgere e ad abbracciare la Causa di Dio. Allo Scià di Persia inviammo il Nostro messaggero Badí‘, nelle cui mani affidammo la Tavola. Egli la tenne alta davanti alla moltitudine e a voce spiegata si appellò al Sovrano perché desse ascolto alle parole contenute nella Tavola. Anche le altre Epistole giunsero a destinazione. Alla Tavola che indirizzammo all’Imperatore di Francia, ricevemmo dal suo ministro una risposta, il cui originale è ora nelle mani del Più Grande Ramo.61 A lui rivolgemmo queste parole: «Ordina al sommo sacerdote, o Monarca di Francia, che smetta di suonare le campane, perché, ecco, la Più Grande Campana, che le mani della volontà del Signore Iddio tuo stanno suonando, si è manifestata nella persona del Suo Eletto». Solo l’Epistola che indirizzammo allo Zar di Russia, non giunse a destinazione. Ma gli sono giunte altre Tavole e quell’Epistola alla fine sarà consegnata nelle sue mani.
?BAHÁ’U’LLÁH 25@O RE DELLA TERRA! Colui Che è il Signore sovrano di tutto è venuto. Il Regno è di Dio, il Protettore onnipotente, Colui Che esiste da Sé. Non adorate altri che Dio e con cuori radiosi alzate il viso verso il vostro Signore, il Signore di tutti i nomi. Questa è una Rivelazione che non può essere paragonata a nulla di ciò che voi mai possederete, se solo lo capiste.
Vi vediamo rallegrarvi di ciò che avete accumulato per gli altri e precludervi l’accesso ai mondi che nulla può enumerare eccetto la Mia Tavola custodita. I tesori che avete ammassato vi hanno molto allontanati dalla vostra mèta finale e ciò non è degno di voi, se solo lo capiste! Purificatevi il cuore da ogni contaminazione terrena e affrettatevi a entrare nel Regno del vostro Signore, il Creatore della terra e del cielo, Che fece tremare il mondo e gemere tutti i suoi popoli, eccetto quelli che hanno rinunziato a tutto e si sono attenuti a ciò che ordinò la Tavola Celata...
O re della terra! La Più Grande Legge è stata rivelata in questo Sito,62 luogo di splendore trascendente. Ogni cosa nascosta è stata portata alla luce per virtù dell’Ordinatore Supremo, Colui Che ha introdotto l’Ultima Ora, per Cui la Luna si è spaccata e ogni irrevocabile decreto è stato divulgato.
Non siete che vassalli, o re della terra! Colui Che è il Re dei Re è apparso ammantato nella Sua più meravigliosa gloria e vi chiama a Sé, l’Aiuto nel Pericolo, Colui Che esiste da Sé. Attenti che l’orgoglio non v’impedisca di riconoscere la Sorgente della Rivelazione, che le cose di questo mondo non vi separino come un velo da Colui Che è il Creatore del cielo. Levatevi a servire Colui Che è il desiderio di tutte le nazioni, Colui Che con una parola vi ha creati e vi ha ordinato di essere per sempre emblemi della Sua sovranità.
Per la giustizia di Dio! Non è Nostro desiderio di impadronirCi dei vostri regni. La Nostra missione è quella di prendere e possedere i cuori degli uomini. Su di essi sono fissi gli occhi di Bahá. Ne fa testimonianza il Regno dei Nomi, se solo lo capiste!
Quale grande benedizione attende il re che si leverà a servire la Mia Causa nel Mio Regno, che si allontanerà da tutto fuorché Me! Quel re sarà annoverato fra i compagni dell’Arca Purpurea, l’Arca preparata da Dio per la gente di Bahá. Tutti dovranno glorificare il suo nome, riverire il suo stadio e aiutarlo ad aprire le città con le chiavi del Mio Nome, l’Onnipotente Protettore di tutto ciò che dimora nei regni del visibile e dell’invisibile. Un tal re è occhio dell’umanità, diadema risplendente sulla fronte della creazione, sorgente di benedizioni per il mondo intero. O genti di Bahá, offrite le vostre sostanze, anzi, la vita per aiutarlo...
Non vi abbiamo chiesto nulla. In verità, vi esortiamo per amore di Dio e pazienteremo, come abbiamo pazientato in ciò che Ci è accaduto per mano vostra, o accolta di re!
?BAHÁ’U’LLÁH 26O RE DI PARIGI! Dì ai sacerdoti che smettano di suonare le campane. Nel nome di Dio, l’Unico Vero! La Più Potente Campana è apparsa nella forma di Colui Che è il Più Grande Nome e le dita del volere del tuo Signore, l’Eccelso, l’Altissimo, la fanno suonare nel cielo dell’Immortalità nel Suo Nome, il Gloriosissimo. Così ti sono stati ancora inviati i potenti versetti del tuo Signore, sì che tu possa levarti a ricordare Dio, Creatore della terra e del cielo, in questi giorni in cui le tribù della terra hanno fatto lutto, e le fondamenta delle città hanno tremato, e la polvere dell’irreligiosità ha avviluppato tutti gli uomini, eccetto quelli che Dio, l’Onnisciente, il Saggio, S’è compiaciuto risparmiare.
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O Re! Udimmo le parole che pronunciasti in risposta allo Zar di Russia, riguardo alla decisione presa sulla guerra [la guerra di Crimea]. In verità, il tuo Signore sa e di tutto è informato. Dicesti: «Giacevo addormentato sul mio letto, quando il grido degli oppressi, che venivano annegati nel Mar Nero, mi svegliò». Questo è ciò che ti udimmo dire e, in verità, il tuo Signore di quel che dico è testimone. Noi attestiamo che non fu il loro grido quel che ti svegliò, bensì la sollecitazione delle tue passioni, giacché ti abbiamo saggiato e trovato manchevole.63 Comprendi il significato delle Mie parole e sii dei perspicaci. Non è Nostro desiderio rivolgerti parole di condanna, per riguardo alla dignità che ti abbiamo conferita in questa vita mortale. In verità, abbiamo scelto la cortesia facendone il segno che contraddistingue coloro che a Lui sono vicini. La cortesia è, certo, vestimento conveniente a tutti gli uomini, giovani o vecchi. Prosperi colui che se ne adorna le tempie e mal incolga a chi si priva di sì grande dono. Se fossi stato sincero nelle tue parole, non ti saresti gettato dietro le spalle il Libro di Dio, quando ti fu inviato da Colui Che è l’Onnipotente, l’Onnisciente. Con esso ti abbiam provato, trovandoti diverso da quello che professi d’essere. Lèvati e fa ammenda per ciò che ti è sfuggito. Fra non molto il mondo e tutto quello che possiedi periranno e il regno rimarrà a Dio, tuo Signore e Signore dei tuoi antichi padri. Fa d’uopo che tu non conduca i tuoi affari secondo i dettami dei tuoi desideri. Temi i sospiri di quest’Oppresso e riparaLo dai dardi di coloro che agiscono ingiustamente.
Per ciò che hai fatto, sarà gettato nel disordine il tuo regno e l’impero sfuggirà dalle tue mani, come punizione per quel che hai operato. Allora saprai d’avere chiaramente errato. Sommosse sconvolgeranno il popolo tutto in quella terra, a meno che tu non ti levi ad aiutare questa Causa e non segua Colui Che è lo Spirito di Dio [Gesù Cristo] su questa Retta Via. T’ha fatto inorgoglire la tua pompa? Per la Mia vita! Non durerà, anzi ben presto svanirà, a meno che tu non ti tenga stretto a questa salda Corda. Vediamo l’umiliazione inseguirti, mentre sei incurante. Quando odi la Sua Voce chiamarti dal seggio della gloria, t’incombe gettare via tutto quello che possiedi e gridare: «Eccomi, o Signore di tutto ciò che è in cielo e sulla terra!»
?BAHÁ’U’LLÁH 27O ZAR DI RUSSIA! Porgi orecchio alla voce di Dio, il Re, il Santo, e volgiti verso il Paradiso, il Sito ove dimora Colui Che, fra le Schiere Celesti, porta i più eccellenti titoli e Che, nel regno della creazione, è chiamato con il nome di Dio, il Radioso, il Gloriosissimo. Attento che il desiderio non t’impedisca di volgerti verso il Sembiante del tuo Signore, il Compassionevole, il Misericordiosissimo. In verità, abbiamo udito le cose per le quali hai supplicato il tuo Signore, mentre segretamente comunicavi con Lui. Perciò le brezze della Mia amorosa benevolenza hanno spirato, il mare della Mia misericordia si è sollevato e ti abbiamo risposto, in verità.64 In verità, il tuo Signore è l’Onnisciente, il Sapientissimo. Mentre ero in prigione legato a ceppi e catene, uno dei tuoi ministri Mi ha dato aiuto. Per questo, Dio ha ordinato per te un rango che nessun sapere fuorché il Suo sapere può comprendere. Attento a non gettar via questo rango sublime .... Attento che la tua sovranità non ti tenga lontano da Colui Che è il Supremo Sovrano. In verità, Egli viene con il Suo Regno e tutti gli atomi gridano a gran voce: «Ecco! Il Signore è venuto nella Sua grande maestà!» Colui Che è il Padre è venuto e nella santa valle il Figlio [Gesù] esclama: «EccoMi, eccoMi, Signore, Mio Dio!», mentre il Sinai gravita attorno alla Casa e il Roveto Ardente grida forte: «Il Munifico è giunto sulle nuvole! Benedetto colui che Gli si avvicina e mal incolga a coloro che son lontani».
Sorgi fra gli uomini nel nome di questa Causa che tutto soggioga e invita le nazioni a Dio, l’Eccelso, il Grande. Non essere di coloro che invocano Dio con uno dei Suoi Nomi, ma quando Colui Che è l’Oggetto di tutti i nomi apparve, Lo negarono e si allontanarono da Lui e alla fine Lo condannarono con palese ingiustizia. Considera e rammenta i giorni in cui lo Spirito di Dio [Gesù] apparve ed Erode emise sentenza contro di Lui. Ma Dio Lo aiutò con le schiere invisibili, e Lo protesse con verità, e Lo inviò in un’altra terra secondo la Sua promessa. In verità, Egli ordina quel che Gli piace. In verità, il tuo Signore preserva chiunque voglia, si trovi egli in mezzo ai mari, o nelle fauci di un serpente, o sotto una spada di oppressore...
Ancora dico: Ascolta la Mia Voce che chiama dalla Mia prigione, così che ti renda edotto delle cose che sono accadute alla Mia Bellezza per mano di coloro che sono manifestazioni della Mia gloria e tu comprenda quanto grande sia stata la Mia pazienza, malgrado la Mia potenza, e immensa la Mia tolleranza, nonostante il Mio potere. Per la Mia vita! Se tu conoscessi le cose rivelate dalla Mia Penna e scoprissi i tesori della Mia Causa e le perle dei Miei misteri celati nei mari dei Miei nomi e nei calici delle Mie parole, colto da amore per il Mio nome e da desiderio per il Mio glorioso e sublime Regno, daresti la vita sulla Mia via.
?BAHÁ’U’LLÁH 28O REGINA DI LONDRA! Porgi l’orecchio alla voce del tuo Signore, il Signore di tutta l’umanità, Che dal Divino Albero di Loto esclama: In verità, non v’è altro Dio che Me, l’Onnipotente, l’Onnisciente! Getta via tutto ciò che è sulla terra e cingi il capo del tuo regno con la corona del ricordo del tuo Signore, il Gloriosissimo. Egli, in verità, è venuto al mondo nella Sua massima gloria e tutto ciò che è stato menzionato nel Vangelo si è adempiuto...
Metti da parte il tuo desiderio e volgi il cuore verso il tuo Signore, l’Antico dei Giorni. Facciamo menzione di te per amore di Dio e desideriamo che il tuo nome sia esaltato per aver tu ricordato Dio, Creatore della terra e del cielo. Egli, per certo, di quel che dico è testimone. Siamo stati informati che hai proibito la tratta degli schiavi, sia uomini sia donne. Questo è, in verità, ciò che Dio ha comandato in questa meravigliosa Rivelazione. Per questo, invero, Dio t’ha destinata una ricompensa. In verità, Egli pagherà la giusta mercede ai bene operanti, uomini e donne, se segui quello che ti è stato inviato da Colui Che è l’Onnisciente, Colui Che di tutto è informato...
Abbiamo anche sentito che hai rimesso le redini del consiglio nelle mani dei rappresentanti del popolo: hai veramente ben operato, perché ne saranno rafforzate le fondamenta dell’edificio dei tuoi affari e rasserenati i cuori di tutti coloro che, nobili e umili, sono sotto la tua ombra. Ma incombe loro di essere sinceri fra i Suoi servi e di considerar se stessi quali rappresentanti di tutti cloro che dimoran sulla terra...
Volgiti a Dio e dì: O mio Sovrano Signore! Non sono che un Tuo vassallo e Tu sei, invero, il Re dei Re. Ho levato le mie supplici mani verso il cielo della Tua grazia e delle Tue munificenze. Mandami, dunque, dalle nubi della Tua generosità, ciò che mi liberi da tutto fuor che Te e mi avvicini a Te. T’imploro, o mio Signore, per il Tuo nome, di cui hai fatto il re dei nomi e la manifestazione di Te Stesso per tutti coloro che sono in cielo e in terra, di squarciare i veli che si sono frapposti fra me e il riconoscimento dell’Oriente dei Tuoi segni e dell’Aurora della Tua Rivelazione. In verità, Tu sei l’Onnipotente, il Potentissimo, il Munificentissimo.
?BAHÁ’U’LLÁH 29O PAPA! SQUARCIA I VELI. Colui Che è il Signore dei Signori è giunto in ombre di nubi e il decreto è stato adempiuto da Dio, l’Onnipotente, l’Incoercibile... In verità, Egli è ridisceso dal Cielo, come ne discese la prima volta. Bada di non disputare con Lui, come i Farisei disputarono con Lui [Gesù] senza chiara prova o segno. Alla Sua destra scorrono le acque vive della grazia e alla Sua sinistra il prelibato Vino della Giustizia, mentre dinanzi a Lui marciano gli angeli del Paradiso, portando i vessilli dei Suoi segni…
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Il Verbo che il Figlio celò è ora palesato. È stato inviato in forma di tempio umano in questo giorno. Benedetto sia il Signore Che è il Padre! In verità, Egli è venuto alle nazioni nella Sua suprema maestà. Volgete il viso verso di Lui, o accolta di giusti... Questo è il giorno in cui la Roccia [Pietro] grida e celebra la lode del suo Signore, Colui Che tutto possiede, l’Altissimo, dicendo: «Ecco! Il Padre è venuto e ciò che vi era stato promesso nel Regno si è compiuto!...» Il Mio corpo anela alla croce e la Mia testa attende un colpo di lancia, sulla via del Misericordiosissimo, sì che il mondo sia purificato dalle sue trasgressioni....
O Supremo Pontefice! Tendi l’orecchio a ciò che il Plasmatore delle ossa putrescenti ti consiglia per bocca di Colui Che è il Suo Più Grande Nome. Vendi tutti i ricchi ornamenti che possiedi e spendili sulla via di Dio, Che fa sì che la notte ritorni dopo il giorno e il giorno dopo la notte. Cedi il tuo regno ai re ed esci dalla tua dimora, il viso rivolto verso il Regno, distaccato dal mondo, indi proclama le lodi del tuo Signore fra la terra e il cielo. Così ti ha ordinato Colui Che è il Possessore dei Nomi, da parte del tuo Signore, l’Onnipotente, l’Onnisciente.
?BAHÁ’U’LLÁH 30«Per quanto unica e stupenda» la proclamazione di Bahá’u’lláh ai sovrani, ai governanti e ai prelati del mondo, Shoghi Effendi spiega,
fu il preludio di un’ancor più potente rivelazione della forza creativa del suo Autore e di quello che può giustamente essere classificato come il più significativo atto del Suo ministero: la promulgazione del Kitáb-i-Aqdas. Menzionato nel Kitáb-i-Íqán, principale depositario di quella Legge che il profeta Isaia aveva anticipato e che l’autore dell’Apocalisse aveva descritto come «il nuovo cielo» e «la nuova terra», «il Tabernacolo di Dio», la «Città Santa», la «Sposa», «la Nuova Gerusalemme» discesa «da Dio», questo «Libro Più Santo», i cui provvedimenti dovranno rimanere inviolati per non meno di un millennio e il cui sistema abbraccerà l’intero pianeta, può essere considerato la più luminosa emanazione della mente di Bahá’u’lláh , il Libro Primigenio della Sua Dispensazione e lo Statuto del Suo Nuovo Ordine Mondiale.
Rivelato poco dopo che Bahá’u’lláh era stato trasferito nella casa di ‘Údí Khammár (1873 circa), in un periodo in cui Egli era ancora circondato dalle tribolazioni inflitteGli dalle azioni perpetrate da Suoi nemici e da seguaci dichiarati della Sua Fede, questo Libro, questo scrigno che contiene le inestimabili gemme della Sua Rivelazione, emerge unico e incomparabile fra gli Scritti sacri del mondo, in virtù dei principi che inculca, delle istituzioni amministrative che prescrive e della funzione della quale investe il Successore designato del suo Autore. Infatti, diversamente dal Vecchio Testamento e dai Libri Sacri che lo hanno preceduto, nei quali non si trovano i veri e propri precetti enunciati dal Profeta Stesso, diversamente dal Vangelo nel quale i pochi detti attribuiti a Gesù Cristo non forniscono una chiara guida riguardo alla futura amministrazione degli affari della Sua Fede e diversamente persino dal Corano che, pur esplicito nelle leggi e nelle ordinanze formulate dall’Apostolo di Dio, tace sull’importantissimo argomento della successione, il Kitáb-i-Aqdas, rivelato dal principio alla fine dall’Autore Stesso della Dispensazione, non solo preserva per i posteri le leggi e le ordinanze fondamentali sulle quali poggerà la struttura del Suo futuro Ordine Mondiale, ma oltre a conferire al Suo Successore la funzione di interpretazione, stabilisce le necessarie istituzioni, le sole attraverso le quali l’integrità e l’unità della Sua Fede potranno essere salvaguardate.
MENTRE CI TROVAVAMO in prigione abbiamo rivelato un Libro che abbiamo intitolato «Il Libro Più Santo». Abbiamo in esso emanate leggi e l’abbiamo adornato coi comandamenti del tuo Signore Che impera su tutti coloro che sono in cielo e sulla terra. Dì: Prendetelo, o genti, e osservate ciò che in esso è stato inviato dei mirabili precetti del vostro Signore, il Munifico, il Perdonatore. In verità ciò vi darà prosperità in questo mondo e nell’altro e vi purificherà da tutto quello che non vi s’addice. Invero Egli è l’Ordinatore, l’Espositore, il Donatore, il Generoso, il Benevolo, il Lodatissimo.
?BAHÁ’U’LLÁH 31IL Kitáb-I-AQDAS È STATO rivelato in tal guisa che attrae e comprende tutte le divine Dispensaziooni. Benedetto chi lo legge, benedetto chi lo intende, benedetto chi medita su di esso, benedetto chi riflette sul suo significato. Così vasta è la sua portata, che ha incluso tutti gli uomini prima ch’essi lo riconoscessero. Tra non molto il suo sovrano potere, la sua penetrante influenza e la grandezza della sua possanza saranno manifestati sulla terra. In verità, il tuo Signore è l’Onnisciente, Colui Che di tutto ha contezza.
?BAHÁ’U’LLÁH 32PER LA MIA VITA, se scopriste ciò che abbiamo desiderato per voi nel rivelare le Nostre sante leggi, dareste l’anima per questa sacra, possente ed eccellentissima Fede.
?BAHÁ’U’LLÁH 33È QUESTO UN LIBRO che è divenuto Lampada dell’Eterno per il mondo e Suo retto e indeviabile Sentiero fra i popoli del mondo. Dì: Questa è l’Alba del sapere divino, se siete di coloro che comprendono, e l’Oriente dei comandamenti di Dio, se siete di coloro che capiscono.
?BAHÁ’U’LLÁH 34DÌ: QUESTA È L’ANIMA di tutte le Scritture che è stata alitata nella Penna dell’Altissimo, lasciando ammutolite tutte le cose create, tranne quelle sole che sono state estasiate dalle gentili brezze della Sua amorevolezza e dai dolci aromi delle Mie grazie che hanno pervaso l’intera creazione.
?BAHÁ’U’LLÁH 35QUESTO LIBRO È UN FIRMAMENTO che abbiamo adornato con le stelle dei Nostri comandamenti e delle Nostre Proibizioni
?BAHÁ’U’LLÁH 36BENEDETTO L’UOMO che lo leggerà e pondererà i versetti inviati in esso da Dio, il Signore della Forza, l’Onnipotente. Dite, o uomini! Afferratevi ad esso con la mano della rassegnazione… Per la Mia vita! Esso è stato inviato in un modo che stupisce le menti degli uomini. In verità è la Mia più ponderosa testimonianza per tutte le genti e la prova del Misericordiosissimo per tutti coloro che sono in cielo e sulla terra.
?BAHÁ’U’LLÁH 37BENEDETTO IL PALATO che ne assapora la dolcezza, e l’occhio veggente che riconosce ciò che vi è custodito, e il cuore dotato di discernimento che ne comprende le allusioni e i misteri. Nel nome di Dio! Tale è la maestà di ciò che vi è stato rivelato e cosi straordinaria la rivelazione delle sue velate allusioni, che i lombi dell’eloquio tremano quando ne tentano la descrizione.
?BAHÁ’U’LLÁH 38SIA LODE A TE, SIGNORE MIO DIO! Per il Tuo Più Grande Nome Che è stato rinchiuso nella città-prigione di ‘Akká e Che, come vedi, mio Dio, è caduto nelle mani dei Suoi nemici ed è minacciato dalle spade dei malvagi, Ti supplico di confermarmi nella Sua Causa e di volgere costantemente i miei occhi verso la Sua corte, sì che nulla abbia il potere di allontanarmi da Lui.
Attesto, mio Signore, ch’Egli ha dato la vita sulla Tua via e che per Sé ha desiderato soltanto di patire per l’amore che Ti porta. Per manifestare la Tua sovranità ai Tuoi servi ed esaltare la Tua parola fra le Tue creature, ha sopportato vessazioni d’ogni sorta. Mentre infierivano le avversità e le tribolazioni da Te inviate Lo assalivano da ogni parte, il pensiero di Te tanto lo appassionò che le schiere di tutti coloro che si erano rifiutati di credere in Te e avevano ripudiato i Tuoi segni cessarono d’intimorirLo.
T’imploro, mio Signore, per Lui e per tutto ciò che Gli appartiene, di concedermi di riporre gli affetti in Lui come Lui li ha riposti in Te. Attesto che il Suo amore è il Tuo, il Suo essere il Tuo, la Tua la Sua bellezza e la Sua Causa la Tua Causa.
Non negarmi, mio Signore, ciò che è presso di Te e non permettere ch’io dimentichi ciò che Tu desiderasti nei Tuoi giorni. In verità, Tu sei l’Onnipotente, il Più Eccelso, il Gloriosissimo, il Sapientissimo.
?BAHÁ’U’LLÁH 39VEDI, O MIO DIO, come i Tuoi servi si siano aggrappati ai Tuoi nomi e li abbiano invocati di giorno e nottetempo. Ma non appena fu manifestato Colui per la Cui parola il regno dei nomi e il cielo dell’eternità furono creati, essi se Ne allontanarono precipitosamente e non credettero nel più grande dei Tuoi segni. Alla fine, sebbene Tu avessi costruito tutto il mondo per amor Suo, Lo esiliarono dalla terra dove nacque e Lo fecero dimorare nella più desolata delle Tue città. Qui, in questa Più Grande Prigione, Egli ha posto il Suo seggio. Pur duramente provato dalle tribolazioni, tali che l’occhio della creazione non ne ha visto l’uguale, Egli invita la gente a Te, Che sei l’Artefice dell’universo!
T’imploro, o Forgiatore di tutte le nazioni e Vivificatore d’ogni osso putrescente, di permettere benignamente ai Tuoi servi di riconoscere Colui Che è la Manifestazione del Tuo Essere e il Rivelatore della Tua trascendente possanza, sì che, per il Tuo potere, abbattano tutti gl’idoli di corrotte inclinazioni e si pongano all’ombra della Tua onnipresente misericordia che, in virtù del Tuo nome, l’Eccelso, il Gloriosissimo, ha sorpassato l’intera creazione.
?BAHÁ’U’LLÁH 40Negli anni successivi alla rivelazione del Kitáb-i-Aqdas l’atteggiamento delle autorità e del pubblico verso Bahá’u’lláh, la Sua famiglia e i Suoi seguaci subì un graduale ma sostanziale cambiamento. Molti governatori di ‘Akká incominciarono a dimostrare apertamente rispetto verso ‘Abdu’l-Bahá e a chiederGli consiglio e un crescente numero di pellegrini ebbe il permesso di entrare nella colonia penale. Numerosi personaggi influenti, fra cui un generale europeo e ‘Azíz Páshá, governatore-generale di Beirut, che era stato vicegovernatore di Adrianopoli mentre Bahá’u’lláh vi era esiliato, si recarono ad ‘Akká per farGli visita. Un governatore lasciò intendere che Egli era libero di uscire da ‘Akká quando avesse voluto. Da parte loro, i cittadini di ‘Akká espressero la loro venerazione per Lui chiamandoLo «“augusto capo”» e «“sua altezza”». Essi attribuirono il notevole miglioramento che il clima e l’acqua della città avevano subito alla Sua presenza fra loro. Per suggerimento di Bahá’u’lláh, il governatore A?mad Big Tawfíq iniziò il restauro di un acquedotto che per trent’anni era caduto in disuso.65
Malgrado le migliorate condizioni, Bahá’u’lláh sentiva il desiderio della bellezza della campagna di cui aveva goduto in gioventù. Un giorno osservò: «Sono nove anni che non vedo un po’ di verde. La campagna è il mondo dell’anima, la città è il mondo del corpo». Quando ‘Abdu’l-Bahá lo seppe, decise di trovarGli una sistemazione in campagna e poco dopo prese in affitto la Magione di Mazra’ih, una grande casa a nord di ‘Akká. Fattala riparare e arredare, procurò una carrozza per portarvi Bahá’u’llá? In un primo momento Bahá’u’lláh Si rifiutò recisamente di andare, perché era ancora ufficialmente prigioniero. Allora ‘Abdu’l-Bahá chiese al muftí di ‘Akka che amava molto Bahá’u’lláh e godeva del Suo favore, di andare da Lui, di prenderGli le mani e di implorarLo di lasciare la città. Dopo un’ora di suppliche del muftí, Bahá’u’lláh finalmente acconsentì. In una giornata di giugno del 1877 ‘Abdu’l-Bahá Lo condusse fuori dalle porte della colonia penale fino alla Magione di Mazra’i?
Situata fra ameni giardini, a mezzo miglio dal mar Mediterraneo e con una splendida vista sulle alture della Galilea a oriente, Mazra’ih fu per Bahá’u’lláh un rifugio comodo e tranquillo. Egli vi abitò per due anni, recandoSi di tanto in tanto in visita al giardino di Na’mayn, che chiamò Giardino di Ri?ván in ricordo della gioia beata dei giorni in cui, quasi quindici anni prima, nel Giardino di Ri?ván di Baghdád, aveva annunciato ai Suoi compagni la Sua missione profetica. Altri nomi che Bahá’u’lláh dette a quel giardino sono «“Nuova Gerusalemme”», «“Nostra Verdeggiante Isola”» e «“Nostra Isola Verde”».
I due anni trascorsi a Mazra’ih furono piacevoli, ma la residenza era troppo piccola per le necessità di Bahá’u’lláh, della Sua famiglia e del crescente numero di esuli e di espatriati che si stabilirono in ‘Akká. Così fu un’occasione provvidenziale e fortunata quando nel 1879 ‘Abdu’l-Bahá potè prendere in affitto il palazzo di Údì Khammár, situato a circa due miglia a nord di ‘Akká che era stato precipitosamente abbandonato dal proprietario e dalla sua famiglia a causa di un’epidemia. Bahá’u’lláh lo chiamò Bahjí (delizia) e lo definì «“sublime magione”, il sito che “Dio ha ordinato essere la visione più sublime dell’umanità”». Qui Egli trascorse gli ultimi giorni della Sua vita terrena in modo maestoso ma semplice, nobile e modesto. Il duro farmán del sultano ‘Abdu’l-‘Azíz, pur non essendo mai stato ufficialmente revocato, era divenuto lettera morta. Bahá’u’lláh era ancora nominalmente prigioniero, ma, nelle parole di ‘Abdu’l-Bahá, «“le porte della maestà e della vera sovranità erano spalancate”».
Il giardino di Ri?ván –@EGLI È DIO, GLORIFICATO SIA, Sue sono la Magnificenza e la Possanza! Il mattino del benedetto venerdì uscimmo dalla Magione ed entrammo nel Giardino. Ogni albero pronunziava una parola e ogni foglia cantava una melodia. Gli alberi proclamavano: «Mirate i segni della Misericordia di Dio» e i due ruscelli recitavano con facondo eloquio il sacro versetto «Da Noi tutte le cose furono rese vive». Sia glorificato Iddio! Esprimevano misteri, capaci di suscitare meraviglia. Pensate: in quale scuola furono educati e da quale presenza acquisirono il sapere? Sì! Questo Vilipeso sa e dice: «Da Dio, Colui Che tutto pervade e da Sé esiste».
Quando Ci sedemmo, Rá?íyyih, su lei si posi la Mia gloria, giunse alla Nostra presenza in tua vece, imbandì la tavola della munificenza di Dio e in tuo nome offrì ospitalità a tutti i presenti.66 In verità, fu offerto tutto ciò che stimola l’appetito e alletta l’occhio e in verità poteva udirsi anche ciò che delizia l’orecchio, mentre le foglie erano scosse dal Volere di Dio e dal loro moto si alzava una rinfrescante voce, come se proferissero un gioioso richiamo invitando a questa Festa coloro che erano assenti. Nei fiori, nei frutti, negli alberi, nelle foglie e nei ruscelli erano deliziosamente visibili il potere di Dio e la perfezione della Sua opera. Sia lodato Iddio che ha così confermato te e lei.
In breve, tutti nel Giardino furono oggetto dei doni più prelibati e alla fine espressero gratitudine al Signore. O se tutti gli amati di Dio fossero stati presenti quel giorno!
Imploriamo Dio, magnificato Egli sia, di far discendere su di te, in ogni momento, una benedizione e una misericordia e una misura di grazia dalla Sua presenza. Egli è il Perdonatore, il Gloriosissimo.
Inviamo i Nostri saluti ai Suoi amati e invochiamo per ciascuno di loro ciò che è degno di menzione e accettabile alla Sua presenza. La pace sia con te e con i sinceri servitori di Dio. Sia lode a Lui, il Signore di tutta l’umanità.
?BAHÁ’U’LLÁH 1Un giorno dei giorni Ci recammo nella Nostra Verde isola. Ivi giunti, vedemmo rivoli scorrenti, e alberi lussureggianti, e la luce del sole che giocava frammezzo. Volgendo il viso a destra, scorgemmo ciò che la penna è incapace di descrivere; né è possibile esprimere ciò che gli occhi del Signore dell’umanità videro in quel Sito santificato, benedetto ed esaltato. Indi, volgendoCi verso sinistra, ponemmo lo sguardo su una delle Bellezze del Paradiso Più Sublime che, ritta su colonna di luce, diceva a gran voce: «O abitatori della terra e del cielo! Ammirate la Mia bellezza e la Mia radiosità e la Mia rivelazione e il Mio fulgore. In nome di Dio, l’Unico vero! Sono la Fidatezza e la sua rivelazione e la sua bellezza. Ricompenserò chiunque a Me si afferri e Mi riconosca rango e stadio e si aggrappi all’orlo del Mio manto. Sono sommo ornamento delle genti di Bahá e veste gloriosa per tutti coloro che si trovano nel regno del creato. Sono strumento supremo per la prosperità del mondo e orizzonte di certezza per tutti gli esseri». Così abbiamo inviato per te ciò che sospingerà gli uomini presso Signore del creato.
?BAHÁ’U’LLÁH 2Nel 1886 Ásíyyih Khánum, la santa, altruista e paziente moglie di Bahá’u’lláh, morì, arrecando grande dolore ai membri della Sacra Famiglia, alla comunità bahá’í e al popolo di ‘Akká. Detta da Bahá’u’lláh Foglia Più Eccelsa e Navvab (titolo onorifico che sottintende grazia o nobiltà), ella trapassò nella sua stanza nella Casa di ‘Abbúd in ‘Akká dopo una malattia. Una delle sue nipoti riferì che quando fu in punto di morte Bahá’u’lláh entrò nella sua stanza e rimase con lei mentre ella moriva.
Per cinquantun anni Ásíyyih Khánum era stata la fedele compagna di Bahá’u’llá? Dopo un breve periodo di prosperità, aveva sopportato quasi quarant’anni di privazioni, persecuzioni, esili e reclusioni.
Il suo corteo funebre fu guidato da muezzin e declamatori del Corano, seguito da dignitari di ‘Akká, preti musulmani e cristiani e scolari che cantavano poesie e versi di cordoglio. Fu sepolta in un cimitero alla periferia di ‘Akká. Nel 1939 Shoghi Effendi trasferì i suoi resti nei Giardini Monumentali di Haifa. I due monumenti che ricordano lei e il figlio Mirza Mihdí, il Purissimo Ramo, assieme alla tomba della figlia, Bahíyyih Khánum, la Più Grande Foglia Santa, e a quella della moglie di ‘Abdu’l-Bahá, Munírih Khánum, formano il centro focale del centro amministrativo mondiale della Fede Bahá’í.
Bahíyyih Khánum ricordò che la madre era «regale nella sua dignità e amorevolezza, piena di considerazione per tutti, gentile, di uno straordinaria abnegazione» e che «nessuna delle sue azioni mancò mai di mostrare la tenerezza del suo puro cuore. La sua presenza sembrava creare un’atmosfera di amore e di felicità ovunque ella andasse, avvolgendo ogni nuovo arrivato nella fragranza di una gentile cortesia». Per tutta la vita, dice Shoghi Effendi, ella mostrò «una forza interiore, una devozione e una nobiltà d’animo che le guadagnarono il tributo postumo e ineguagliato di essere stata fatta Sua “perpetua consorte in tutti i mondi di Dio”».
@ IL PRIMO SPIRITO PER IL QUALE tutti gli spiriti furono rivelati e la prima luce per la quale tutte le luci hanno brillato si posino su te, Foglia Più Eccelsa, tu che sei stata menzionata nel Libro Cremisi! Tu sei colei che Dio ha creato perché si levasse a servire il Suo Essere, Manifestazione della Sua Causa, Alba della Sua Rivelazione, Oriente dei Suoi segni e Sorgente dei Suoi comandamenti, Colui Che ti ha così aiutata che ti sei rivolta a Lui con tutto il tuo essere, in un momento in cui i Suoi servi e le Sue ancelle si erano distolti dal Suo volto... Te felice, o Mia ancella e Mia foglia, ché sei menzionata nel Mio Libro e iscritta dalla Mia Penna di Gloria nelle Mie Pergamene e nelle Mie Tavole... Rallègrati in questo momento nello Stadio più eccelso, nel Sommo Paradiso, sull’orizzonte di Abhá, poiché Colui Che è il Signore dei Nomi ti ha ricordata. Facciamo testimonianza che hai conseguito ogni bene e che Dio ti ha così innalzata che tutto l’onore e la gloria gravitano attorno a te.
?BAHÁ’U’LLÁH 3@ O Navvab! O FOGLIA che sei germogliata dal Mio Albero e sei stata la Mia compagna! A te la Mia gloria, la Mia amorevole tenerezza e la Mia misericordia che ha sorpassato tutti gli esseri. Ti annunciamo ciò che rallegrerà i tuoi occhi, rassicurerà la tua anima e colmerà di gioia il tuo cuore. In verità, il tuo Signore è il Compassionevole, il Generosissimo. Dio Si è compiaciuto e Si compiacerà di te, ti ha prescelta per il Suo Essere, ti ha preferita fra le Sue ancelle perché tu Lo serva e ti ha fatta compagna della Sua Persona durante il giorno e nella notte!
?BAHÁ’U’LLÁH 4@ ASCOLTAMI ANCORA, Dio è compiaciuto di te, come pegno della Sua grazia e in segno della Sua misericordia. Egli ha fatto di te la Sua compagna in tutti i Suoi mondi e ti ha nutrita con il Suo incontro e con la Sua presenza, finché dureranno il Suo Nome, il Suo Ricordo, il Suo Regno e il Suo Imperio. Felice l’ancella che ti ha menzionata, ha cercato il tuo compiacimento, si è umiliata davanti a te e si è aggrappata alla corda del tuo amore. Mal incolga a chi ha negato il tuo eccelso rango e ciò che è stato ordinato per te da Dio, il Signore di tutti i Nomi, e a chi si è allontanato da te e ha negato il tuo rango dinanzi a Dio, il Signore del trono potente.
?BAHÁ’U’LLÁH 5@ O FEDELI! SE VISITERETE la sepoltura della Foglia Più Eccelsa, ascesa al suo Glorioso Compagno, fermatevi e dite: «Salute, benedizione e gloria a te, Santa Foglia germogliata dal divino Albero di Loto! Faccio testimonianza che hai creduto in Dio e nei Suoi segni, hai risposto al Suo Appello, ti sei volta verso di Lui, ti sei afferrata alla Sua corda, ti sei aggrappata al lembo della Sua grazia, hai abbandonato la tua casa sulla Sua via e hai scelto di vivere come una straniera, per amore della Sua presenza e nel desiderio di servirLo. Possa Dio avere misericordia di colui che s’avvicina a te e ti ricorda per mezzo delle cose che la Mia Penna ha proferito in questo supremo stadio. Invochiamo Dio di perdonare noi e di perdonare coloro che si sono rivolti a te, di esaudire i loro desideri e di elargire loro, con la Sua meravigliosa grazia, tutto ciò che desiderano. In verità, Egli è il Generoso, il Munifico. Lode a Dio, Colui Che è il Desiderio di tutti i mondi e il Benamato di tutti coloro che Lo riconoscono.
?BAHÁ’U’LLÁH 6Malgrado la tranquillità e la libertà recentemente acquisite da cui Bahá’u’lláh era circondato a Mazra’ih e a Bahjí, le tribolazioni continuarono a piovere su di Lui e sulla Sua giovanissima Fede.
In Persia i Bahá’í erano ancora sotto pressione. Nel 1877 Ká?im, un ex mullá divenuto bahá’í, fu decapitato davanti alla folla in una piazza di I?fahán. Dopo essere stato sottoposto per tre giorni a barbari oltraggi, il suo corpo fu dato alle fiamme e i suoi resti bruciati furono gettati in un pozzo abbandonato. Nel 1879 nella medesima città un teologo musulmano accanitamente ostile alla Fede accese gli animi contro i Bahá’í, causando l’esecuzione di due stimatissimi fratelli bahá’í e la confisca delle loro ricchezze e proprietà. Bahá’u’lláh conferì loro il titolo di Re dei Martiri e Amato dei Martiri. Durante tutti gli anni ’80 in Persia numerosi Bahá’í furono messi in prigione e giustiziati. Nel 1883 nel Mázindarán ‘Alí Ján, ex prete musulmano, fu arrestato, condotto a ?ihrán e giustiziato. Nel 1888 a Rasht ?ájí Na?ír fu arrestato e morì martire in prigione. Nel 1891 a ?ihrán ?ájí Mullá ‘Alí-Akbar-i-ShahMirzadí e Ibn-i-Abhar, Mani della Causa di Dio, furono arrestati e imprigionati insieme con ?ájí Amín. A Yazd sette Bahá’í furono barbaramente trucidati da una folla inferocita, avvenimento che addolorò Bahá’u’lláh al punto che per nove giorni Si astenne dal rivelare e non ammise nessuno alla Sua presenza.
Nel frattempo a Costantinopoli si fomentava una opposizione del tutto differente. Negli anni ‘80 aveva incominciato a raccogliersi nella città un gruppo di seguaci di Mirza Ya?yá, da allora in poi conosciuti come Azalí, nome derivato da uno dei titoli di Mirza Ya?yá, Sub?-i-Azal (Mattino dell’Eternità). Due Azalí, che gestivano un giornale persiano riformista intitolato Akhtar (Stella), si erano alleati con un noto agitatore politico di nome Jamálu’d-Dín-i-Afghání, che propugnava il rovesciamento dello Scià. Sebbene Jámalu’d-Dín fosse ostile alla Fede Bahá’í, gli Azalí si allearono con lui, essendo anche loro determinati a deporre lo Scià. Un altro Azalí era strettamente legato al Console Generale persiano, anche lui a sua volta alleato di Jamálu-d-Dín. Questo gruppo non si risparmiò nell’attaccare i Bahá’í e nel diffondere false accuse per screditare loro e Bahá’u’llá? La cerchia degli Azalí era ampia e i loro articoli contro la Fede apparvero in molti luoghi, compreso un giornale persiano pubblicato a Parigi col titolo di ‘Urvatu’l-Vuthqá (L’Impugnatura Sicura), un’enciclopedia di Beirut e un giornale egiziano.
Nel 1880 alcuni membri della famiglia del Báb, conosciuti come Afnán decisero di fondare una società commerciale a Costantinopoli, per cui chiesero e ottennero il permesso di Bahá’u’llá? Chiamarono alla direzione dell’azienda un esperto mercante di Qazvín, devoto bahá’í, Shaykh Mu?ammad-’Alí, che Bahá’u’lláh soprannominò Nabíl ibn-i-Nabíl (Nabíl, figlio di Nabíl). Suo padre era stato uno dei primi Bábí. La società aprì le attività nel 1882 ed ebbe subito successo. Nabíl divenne noto come uno dei più onesti commercianti della città, cosa che suscitò la gelosia degli Azalí, i quali intrapresero un’infame campagna di calunnie contro di lui negli ambienti altolocati della città.
Nabíl ibn-i-Nabíl fu anche vittima di false accuse mosse da Mu?ammad-‘Alíy-i-I?fahání, un disturbatore che Bahá’u’lláh aveva mandato via da ‘Akka a Costantinopoli. Qui costui aveva aperto un piccolo commercio, incominciando a creare difficoltà alla ditta degli Afnán. Per contrastare i danni del comportamento di Mu?ammad-‘Alí, Nabíl propose agli Afnán di prenderlo come socio in affari. Per anni le cose andarono bene e Mu?ammad-‘Alí ne trasse cospicui profitti. Ma, all’insaputa di Nabíl, costui si mise in combutta con gli Azalí e la campagna diffamatoria si intensificò. Il principale oggetto del loro livore era l’illustre fratello della moglie del Báb, ?ájí Mirza Siyyid ?asan, conosciuto come Afnán-i-Kabír (il Grande Afnán). Oltraggiosi articoli su di lui apparvero su Akhtar.
Alla fine l’onta trascinò Nabíl a tentare il suicidio gettandosi in mare, ma fu ripescato da alcuni barcaioli. Avuto sentore delle sue difficoltà, Bahá’u’lláh lo invitò in pellegrinaggio a ‘Akká. Durante l’assenza di Nabíl, Mu?ammad ‘Alí rubò alla società commerciale quattrocento sterline e accusò del furto un altro Bahá’í di passaggio a Costantinopoli. L’accusa fu ampiamente diffusa nella città e sottoposta all’attenzione dell’Ambasciatore persiano, che indagò sull’incidente e discolpò il Bahá’í. Istigato dagli Azalí, Mu?ammad-‘Alí portò il caso davanti ai tribunali turchi. Ma il Bahá’í fu nuovamente scagionato
Inaspriti dalla sconfitta in tribunale, Mu?mmad-‘Alí e i suoi complici intensificarono i loro attacchi contro i Bahá’í su Akhtar, pubblicando infamanti calunnie sull’azienda commerciale e sui Bahá’í. Nel 1889 Nabíl ritornò a Costantinopoli per confutare gli attacchi e vinse la causa in tribunale. Inoltre, eminenti commercianti costantinopolitani sottoscrissero un documento dove attestavano la perfidia di Mu?ammad-‘Alí. Ma ancora una volta lo smacco pungolò gli Azalí, che iniziarono una campagna diffamatoria ancor più oltraggiosa. Nabíl non riuscì a resistere e si avvelenò.
Bahá’u’lláh commenta le persecuzioni, le infamanti accuse e altri eventi in numerose Tavole rivelate verso la fine della Sua vita. Una di queste Tavole, L’Epistola al Figlio del Lupo, è indirizzata a Shaykh Mu?ammad Taqíy-i-Najafí, (il Figlio del Lupo), oppositore della Fede responsabile della morte del Re dei Martiri e dell’Amato dei Martiri, di cui si offrì di essere il carnefice. In quella Tavola Bahá’u’lláh invita ripetutamente lo Shaykh a ponderare e riflettere su questi eventi e a fare ammenda per i suoi misfatti.
O SHAYKH! PUR CIRCONDATO da tribolazioni, questo Vilipeso Si prodiga a scrivere queste parole. Dappertutto si scorgono le fiamme dell’oppressione e della tirannia. Da un lato Ci è giunta la notizia che, nella terra di ?á (?ihrán), i Nostri amati sono stati arrestati, benché il sole, la luna, la terra e il mare attestino che questa gene è ornata dell’ornamento della fedeltà e si è aggrappata e si aggrapperà solo a ciò che può arrecare prosperità al governo e contribuire al mantenimento dell’ordine nel Paese e alla tranquillità del popolo.
O Shaykh! Più volte abbiamo dichiarato di aver concesso per diversi anni il Nostro aiuto a Sua Maestà lo Scià. Per anni la Persia non è stata funestata da sventure. Le redini dei sobillatori fra le varie sette erano tenute saldamente nel pugno del potere. Nessuno ha varcato i propri limiti. In nome di Dio! Questa gente non è mai stata incline alla discordia, né lo è ora. I loro cuori sono illuminati dalla luce del timor di Dio e adorni dell’ornamento del Suo amore. Loro cura è sempre stata ed è tuttora migliorare il mondo; loro intendimento, eliminare le divergenze e spegnere la fiamma dell’odio e dell’inimicizia, così che tutta la terra possa essere considerata un unico Paese.
E invece nella Grande Città [Costantinopoli] i funzionari dell’Ambasciata persiana stanno cercando con assiduo zelo di sterminare questi perseguitati. Essi vogliono una cosa e Dio ne vuole un’altra. Pensa poi a ciò che è accaduto ai fedeli di Dio in tutte le contrade. Ora sono stati accusati di furto e ladrocinio, ora calunniati in modo tale che non v’ha confronto sulla terra. Rispondi equamente. Quali risultati e conseguenze può sortire, in Paesi stranieri, un’accusa di furto mossa dall’Ambasciata persiana contro i propri sudditi? Se questo Vilipeso ha sentito vergogna, non è stato per le umiliazioni che sono state inflitte questo servo, ma piuttosto per l’onta che gli Ambasciatori dei Paesi stranieri venissero a sapere quanto incompetenti e miopi siano molti alti funzionari dell’mbasciata di persia.... In breve, invece di cercare, come avrebbero dovuto, di giungere ai ranghi più elevati tramite Colui Che occupa questo sublime stadio, e di ottenere il Suo consiglio, essi si sono dati e si danno un gran daffare per spegnerne la luce. Ma, secondo quanto è stato riferito, in quel tempo Sua eccellenza l’ambasciatore Mu’ínu’l-Mulk, Mirza Mu?sín Khán– possa Dio assisterlo – era assente da Costantinopoli. Tutto ciò accadde perché si credeva che Sua Maestà lo Scià di Persia – possa il Misericordiosissimo assisterlo – fosse in collera con coloro che erano giunti al Santuario della Saggezza e vi gravitavano attorno. Dio ben sa e attesta che questo Vilipeso Si è tenuto sempre stretto a tutto ciò che può tornare a gloria del governo e del popolo. In verità, Dio è sufficiente Testimone.
?BAHÁ’U’LLÁH 7O SHAYKH! PIÙ VOLTE ho dichiarato, e ancora oggi affermo, che per ben otto lustri, mercé la grazia di Dio e la Sua irresistibile e potente Volontà, abbiamo dato aiuto a Sua Maestà lo Scià – possa Dio assisterlo – cosa che gli esponenti della giustizia e dell’equità reputeranno incontestabile e assoluta.
Nessuno può negarlo, a meno che non sia un trasgressore e un peccatore, o uno che Ci odi o dubiti della Nostra verità. È molto strano che finora sia i Ministri di Stati sia i rappresentanti del popolo siano rimasti ignari di tale cospicuo e innegabile servizio e, se informati, abbiano per motivi personali preferito ignorarlo! Prima di questi quarant’anni, imperavano conflitti e controversie che perturbavano i servi di Dio. Ma poi, sorretti dagli eserciti della saggezza, della parola, delle esortazioni e della comprensione, tutti si sono saldamente aggrappati alla robusta corda della pazienza e al lembo luminoso della fortezza, in tal guisa che questi perseguitati sopportarono incrollabili tutto ciò che loro accadde, rimettendo ogni cosa a Dio, nonostante che nel Mázindarán e a Rasht moltissimi siano stati barbaramente tormentati. Fra loro vi fu l’onoratissimo ?ájí Na?ír, il quale fu indiscutibilmente una splendida luce che brillò sull’orizzonte della rassegnazione. Dopo il martirio, gli strapparono gli occhi, gli amputarono il naso e perpetrarono tali oltraggi che gli stranieri piansero, si dolsero e si rammaricarono e segretamente raccolsero fondi, per soccorrere la moglie e i figli.
O Shaykh! La Mia Penna si sgomenta nel raccontare ciò che realmente avvenne. Nella terra di ?ád (I?fánán) il fuoco della tirannia divampò con tale veemenza che ogni persona equanime fece gran doglianza. Per la tua vita! Le città del sapere e dell’intendimento proruppero in tale pianto da fare struggere le anime dei pii e dei timorati di Dio. In quella città, le due fulgide luci inseparabili, ?asan e ?usayn [il Re dei Martiri e l’Amato dei Maritiri], offrirono spontaneamente la vita. Non vi fu nulla che li potesse trattenere, né fortune, né glorie, né ricchezze! Dio sa cosa accadde loro, eppure i più l’ignorano!
Prima di loro bevvero con sommo fervore e brama la pozione del martirio, affrettandosi incontro al Supremo Compagno, un uomo chiamato Ká?im e coloro che erano con lui e, dopo di loro, l’onoratissimo Ashraf.67 Nello stesso modo, al tempo di Sardár ‘Azíz Khán,68 furono arrestati e spediti all’Amico Supremo nel Gloriosissimo orizzonte quel pio uomo di Mirza Mu??afá e i suoi compagni di martirio. In breve, in ogni città apparvero chiari e palesi segni di una tirannia, pari a questa o ancor più grave, eppure nessuno di quei martiri si levò in difesa di se stesso! Rammenta l’onoratissimo Badí‘, latore della Tavola a Sua Maestà lo Scià e pensa a come sacrificò la vita! Per amore di Colui Che è l’Amico Incomparabile, quel cavaliere spronò il suo destriero nell’arena della rinuncia e gettò via il prezioso diadema della vita.
O Shaykh! Se si negano cose come queste, cosa mai si reputerà degno di fede? Proclama la verità, per amor di Dio, e non esser di coloro che mantengono il silenzio. Arrestarono l’onoratissimo Najaf-’Alí ed egli, in estasi e con ardente brama, corse la luogo del martirio, pronunciando queste parole: «Abbiamo conservato sia Bahá sia il khún-Bahá (il prezzo del sangue)!»69 e con queste parole rese l’anima a Dio. Medita sullo splendore e sulla gloria irradiati dalla luce della rinuncia che rifulse dall’intimo cuore di Mullá ‘Alí-Ján. Egli fu così trasportato dalle brezze della Parola Più Sublime e dal potere della Penna della Gloria, che per lui il sito del martirio eguagliò, anzi superò i luoghi di delizia della terra. Pondera sulla condotta di ‘Abá-Basír e di Siyyid Ashraf-i-Zanjání. Mandarono a chiamare la madre di Ashraf, perché dissuadesse il figlio dal suo intento: ella, invece, lo spronò, finché il figlio non affrontò un gloriosissimo martirio.
O Shaykh! Queste persone hanno oltrepassato le anguste ristrettezze dei nomi e rizzato le loro tende sui lidi del mare della rinuncia. Di buon grado avrebbero offerto una miriade di vite, piuttosto che sussurrare la parola bramata dal nemico; si sono aggrappati al compiacimento di Dio, interamente distaccati e liberi dalle cose che son retaggio degli uomini. Hanno preferito lasciarsi mozzare la testa piuttosto che pronunciare una sola parola disdicevole. Pondera ciò nel tuo cuore. Pare che si siano dissetati all’oceano della rinuncia: la vita di questo mondo non è riuscita a trattenerli dall’offrirsi al martirio sulla via di Dio.
?BAHÁ’U’LLÁH 8O BENEVOLO IDDIO! In questo giorno incombe al saggio di cercare il consiglio di questo Vilipeso e di chiedere a Colui Che è la Verità quali cose possano conferire gloria e tranquillità agli uomini. Invece tutti si sforzano ostinatamente di spegnere questa gloriosa e fulgida luce e cercano caparbiamente di attribuirCi colpe o di dar voce alle loro proteste contro di Noi. A tal segno sono giunte le cose, che il comportamento di questo Vilipeso è stato grossolanamente e in ogni modo travisato, in tal guisa che sarebbe sconveniente farne menzione. Uno dei Nostri amici ha riferito che, con suo sommo rammarico, ha udito uno degli abitanti della Grande Città [Costantinopoli] afferrare che dalla sua terra natale veniva inviata ogni anno ad ‘Akká una somma di cinquantamila tuman! Non è stato però spiegato chi avesse sborsato una tal somma, né tramite quali mani fosse passata!
In breve, ad onta di ciò che Gli è accaduto dalle loro mani e delle cose dette di Lui, questo Vilipeso ha sopportato tutto con pazienza e in perfetto silenzio, giacché Nostro scopo è cancellare dalla faccia della terra ogni disputa, guerra e spargimento di sangue, merc‚ l’amorevole provvidenza di Dio – sia esaltata la Sua gloria – e la Sua incomparabile misericordia. Malgrado ciò che è stato detto, abbiamo sempre accettato tutto con dignitosa pazienza e li abbiamo affidati a Dio. A questa particolare imputazione abbiamo, tuttavia, replicato che, se quanto egli afferma fosse vero, dovrebbe essere grato a Colui Che è il Signore di tutti gli esseri e re del visibile e dell’invisibile, per aver suscitato in Persia Uno Che, sebbene prigioniero e privo di alleati e protettori, è riuscito a imporre la Sua influenza in quella terra e a ricavarne anche una rendita annua! Tale risultato dovrebbe essere lodato, piuttosto che criticato, se egli è di coloro che giudicano equamente. A chi dovesse indagare sulla condizione di questo Vilipeso si dica che questi prigionieri, perseguitati dal mondo e maltrattati dalle nazioni, sono stati privati per giorni e giorni del minimo mezzo di sostentamento. Siamo restii a menzionare queste cose e non abbiamo mai avuto, né abbiamo ora alcun desiderio di protestare contro il Nostro accusatore. Fra le mura di questa prigione un uomo moto stimato fu, per qualche tempo, obbligato a far lo spaccapietre, mentre altri a volte dovettero nutrirsi di quel divino cibo che è la fame! Invochiamo Dio – esaltato e glorificato Egli sia – di aiutare tutti gli uomini a essere giusti e imparziali e di assisterli benignamente a ritornare a Lui contriti. In verità Egli ascolta ed è pronto a rispondere.
Glorificato sei Tu, o Signore mio Dio! Tu vedi cos’è accaduto a questo Vilipeso, per mano di coloro che non si sono associati a Me e che si sono levati per ferirMi e umiliarMi, in tal guida che nessuna Penna può descriverlo, né lingua narrarlo, né Tavola reggerne il peso! Tu òdi il grido del Mio cuore e i gemiti del Mio intimo essere e conosci ciò che è occorso ai Tuoi fedeli nelle Tue città e ai Tuoi eletti nella Tua terra, per mano di coloro che hanno violato il Tuo Patto e il Tuo Testamento. T’imploro, o mio Signore, per i sospiri dei Tuoi amanti sparsi nel mondo, per i gemiti che traggono nella loro lontananza dalla corte della Rua presenza, per il sangue versato pel Tuo amore e per lo struggimento dei cuori sul Tuo cammino, di proteggere i Tuoi amati dalla crudeltà di coloro che sono rimasti ignari dei misteri del Tuo Nome, l’Incoercibile. O mio Signore, assistili col Tuo potere che ha prevalso su tutte le cose e aiutali a essere pazienti e longanimi nella sofferenza. Tu sei il Forte, l’Onnipossente, il Generosissimo! Non v’è altro Dio che te, il Munifico, il Signore dalle sovrabbondanti grazie.
In questi giorni alcuni, lungi dall’essere giusti e imparziali, Mi hanno assalito con spade di odio e dardi di inimicizia, dimentichi che ad ogni persona equanime incombe di soccorrere Colui Che il mondo ha respinto e le nazioni hanno abbandonato e di aggrapparsi alla devozione e alla giustizia. La maggior parte degli uomini non ha ancora scoperto i disegni di questo Vilipeso, né appreso la ragione per cui Egli è stato disposto a sopportare innumerevoli afflizioni. Nondimeno la voce del Mio cuore proclama queste parole: «Oh, se il Mio popo0lo sapesse!» Libero da ogni attaccamento a qualsiasi cosa, questo Vilipeso pronunzia queste sublimi parole: «L’Arca di Dio, l’Aiuto nel pericolo, Colui Che da Sé esiste, è circondata dai marosi. Non temere le impetuose bufere, o Marinaio! In verità, Colui Che fa spuntare l’alba è con Te, in queste tenebre che hanno infuso il terrore nel cuore di tutti gli uomini, eccetto quegli che Dio, l’Onnipotente, l’Incoercibile, Si è compiaciuto di risparmiare.
?BAHÁ’U’LLÁH 9O SHAYKH! AVEVAMO impugnato le redini dell’autorità in nome della potenza di Dio e della Sua divina forza, come Egli solo può impugnarle, Egli Che è il Possente, il Forte. Nessuno aveva il potere di sollevare contese e sedizioni. Ma ora, non avendo compreso questo tenero amore e questi favori, essi hanno subìto e subiranno il castigo che le loro azioni meritano. Visto il progresso segreto della Corda Tesa, i funzionari dello Stato hanno istigato e aiutato dappertutto i Miei avversari.’ Nella Grande Città [Costantinopoli] hanno aizzata molta gente contro questo Vilipeso. A tal segno sono giunte le cose, che i funzionari della città hanno agito in modo da infamare popolo e governo. Un illustre siyyid,70 la cui ben nota integrità, correttezza e reputazione nel commercio la maggior parte dei giusti riconoscevano, e che tutti consideravano mercante altamente onorato, visitò una volt Beirut. Data la sua amicizia con questo Vilipeso, telegrafarono al Dragomanno71 persiano affermando che il Siyyid, con l’aiuto di un suo servo, aveva rubato una somma di denaro e altre cose, e si era poi recato ad ‘Akká: in tutta questa faccenda, essi miravano a disonorare questo Vilipeso. Ma lungi dalla gente di questo paese il permettere che tali fole inverosimili la discostino dalla via piana della rettitudine e della verità! In breve, essi mi hanno assalito da ogni parte e danno man forte ai Miei avversari. Ma questo Vilipeso implora l’unico vero Dio che Si degni di assistere ogni essere in ciò che si addice a questi giorni. Notte e dì fisso lo sguardo su queste chiare parole e recito: «O Dio, mio Dio! T’imploro, per il sole della Tua grazia, per il mare della Tua scienza e per il firmamento della Tua giustizia, di aiutare coloro che Ti hanno negato a far professione di fede, e coloro che da Te si sono allontananti a ritornare, e coloro che Ti hanno calunniato ad essere giusti ed imparziali. Aiutali, o mio Signore, a ritornare a te, e a pentirsi dinanzi alla porta della Tua grazia. Il potere Tu hai di fare quello che vuoi; nel Tuo pugno sono le redini di tutto ciò che è nei cieli e sulla terra. Lode sia a Dio, il Signore dei mondi.»
?BAHÁ’U’LLÁH 10MOLTE DELLE NOTIZIE che i giornali hanno riportato su questo Vilipeso sono false. Invece i discorsi onesti e la veracità, per via del loro alto rango e della loro elevata posizione, sono considerati sole risplendente all’orizzonte del sapere. Le onde che si sollevano da questo Oceano sono visibili innanzi agli occhi dei popoli del mondo e le effusioni della Penna della saggezza e della parola sono palesi dappertutto.
La stampa riporta che questo Servo è fuggito dalla terra di ?á (?ihrán), recandoSi in ‘Iráq. Benevolo Iddio! Mai questo Vilipeso Si è nascosto, sia pure per un solo istante. Anzi è rimasto sempre fermo e ben in vista sotto gli occhi di tutti. Mai siamo indietreggiati, mai cercheremo di fuggire. In verità sono gli stolti che sfuggono la presenza Nostra. Partimmo dal Nostro paese accompagnati da due scorte equestri, in rappresentanza dei due onorati governi di Persia e di Russia, e giungemmo in ‘Iráq nel pieno della potenza e della gloria. Sia lodato Iddio! La Causa di cui questo Vilipeso è Portatore si erge alta quanto il cielo e risplende luminosa come il sole. L’elusione non ha accesso in questo stadio, né vi sono occasioni per tacere o paventare.
?BAHÁ’U’LLÁH 11SOLO DIO – SIA MAGNIFICATA LA SUA GLORIA – conosce le cose accadute a questo Vilipeso. Ogni giorno giungono nuove notizie di voci maligne che circolano sul Nostro conto presso l’Ambasciata a Costantinopoli. Benevolo Iddio! L’unica mira delle loro trame è distruggere questo Servo: dimenticano, però, che l’umiliazione sulla via di Dio è la Mia vera gloria. Nei giornali hanno scritto ciò che segue: «Quanto ai loschi traffici di taluni fra gli esuli di ‘Akká a agli eccessi cui si son0o abbandonati contro molta gente, eccetera...» Per coloro che sono esempi di giustizia e aurore d’equità, è evidente l’intendimento di chi ha vergato questi scritti e chiaro lo scopo. In breve, costui si levò e Mi gravò di molte tribolazioni e Mi trattò con ingiustizia e crudeltà. In nome di Dio! Questo Vilipeso non baratterebbe questo luogo di confino con la Dimora Più Sublime. A giudizio degli illuminati tutto ciò che accade sulla via di Dio è gloria manifesta e conquista suprema.
?BAHÁ’U’LLÁH 12BENEVOLO IDDIO! Di recente è accaduto un fatto che ha prodotto grande meraviglia. Si dice che una persona72 si sia recata presso la sede del trono imperiale in Persia e sia riuscita a entrare nelle grazie di alcuni nobili con il suo comportamento cattivante. Pietoso davvero, deplorevole! Ci si chiede stupiti perché mai coloro che sono stati i simboli della più grande gloria si siano ora lasciati cadere in questo infimo obbrobrio. Che ne è dei loro alti propositi? Dov’è finito il loro alto senso dell’onore e della dignità? A lungo il sole della gloria e della saggezza ha brillato sull’orizzonte della Persia, ma oggi tanto è declinato che certi dignitari si fanno trastullare come balocchi nelle mani degli stolti. La suddetta persona ha scritto di questa gente sulla stampa egiziana e sull’Enciclopedia di Beirut cose tali da stupire i bene informati e i dotti. Si trasferì poi a Parigi dove pubblicò un giornale intitolato ‘Urvatu’l-Vuthqá [La Salda Impugnatura] mandandone copie in tutto il mondo. Ne inviò una anche nella Prigione di ‘Akká e, così facendo, intendeva mostrare affetto e fare ammenda per le trascorse azioni. In breve, questo Vilipeso ha taciuto per riguardo verso di lui. Supplichiamo Dio, l’Unico Vero, di proteggerlo e di effondere su di lui la luce della giustizia e dell’equità.
?BAHÁ’U’LLÁH 13O TU CHE HAI RIVOLTO lo sguardo verso il Mio viso! In questi giorni sono accadute cose che Mi hanno immerso in una cupa tristezza. Certi operatori d’iniquità che si professano devoti alla Causa di Dio commisero azioni che fecero tremare le membra della sincerità, dell’onestà, della giustizia, dell’equità. Una ben nota persona che era stata trattata con grande favore e gentilezza perpetrò atti tali da far piangere gli occhi di Dio. In passato proferimmo parole di ammonimento e premonizione, poi per alcuni anni tenemmo segreta la cosa, sì che, per avventura, potesse ascoltare e pentirsi; ma fu tutto invano. Alla fine egli adoperò la sua forza per vilipendere la Causa di Dio davanti agli occhi di tutti; squarciò il velo dell’equità e non ebbe né pietà di se stesso né riguardo per la Causa di Dio. Ma ora le opere di certi individui hanno arrecato dolori ben più acerbi di quelli cagionati dalle malefatte del primo. Implora Iddio, l’Unico Vero, che conceda benignamente agl’incuranti di pentirsi e ritrattare: in verità, Egli è il Perdonatore, il Munifico, il Generossissimo.
?BAHÁ’U’LLÁH 14Un ulteriore motivo di sofferenza per Bahá’u’lláh fu il comportamento di alcuni Azalí che macchiarono l’onore della Fede. Due di costoro furono ?adru’l-‘Ulamá e Mirza Hádíy-i-Dawlat-Ábádí. ?adru’l-’Ulamá era un teologo divenuto Bábí ma caduto sotto l’influenza di Siyyid Mu?ammad. Egli fu alleato di Mirza Ya?yá sin dai tempi dell’esilio di Bahá’u’lláh a Baghdád e tale rimase fino alla morte nel 1872. Mirza Hádíy-i-Dawlat-Ábádí fu il rappresentante di Mirza Ya?yá in Persia e in seguito ne divenne il successore. Divenuto Bábí molti anni prima, Mirza Hádí aveva seguito Mirza Ya?yá quando costui aveva avanzato la pretesa di essere il predetto dal Báb. Egli aveva raccolto attorno a Mirza Ya?yá altri Bábí e aveva diffuso molti equivoci e menzogne su Bahá’u’lláh e sulla Sua Causa.
Nel 1888, quando il clero rumoreggiò per ottenere l’arresto e l’esecuzione capitale di alcuni eminenti insegnanti bahá’í, Shaykh Mu?ammad-Taqíy-i-Najafí (il Figlio del Lupo) chiese l’esecuzione capitale di Mirza Ashraf-i–Ábádí in I?fahán. Accusato di essere Bahá’í e messo in prigione, Mirza Ashraf fu interrogato da alcuni teologi, fra i quali c’era anche Shaykh Mu?ammad-Taqíy-i-Najafí. Avendo energicamente ed eloquentemente confutato le loro argomentazioni, Mirza Ashraf fu condannato a morte e impiccato nella pubblica piazza, poi il suo corpo fu barbaramente mutilato. Subito dopo Shaykh Mu?ammad-Taqí chiese la testa di Hádí, il quale rinnegò pubblicamente la sua fede dal pulpito, esecrando e insultando il Báb e Bahá’u’lláh nel più turpe linguaggio. Immediatamente assolto dall’accusa di essere Bahá’í, ebbe salva la vita. Approfittando dell’occasione, i nemici della Fede pubblicizzarono in tutto il paese l’abiura di Hádí. Malgrado il suo vergognoso comportamento, Hádí continuò a essere il leader degli Azalí in Persia. Sebbene gli Azalí fossero poco numerosi, Bahá’u’lláh continuò ad ammonire lui e i suoi pochi seguaci, nella speranza di toglierli dall’oblio cui erano diretti.
T’INCOMBE ORA DI RIFLETTERE sullo stato di Mirza Hádí Dawlat-Ábádí e di ?ad-i-I?fahání (?adru’l-’Ulamá), che risiedono nella terra di ?á [?ihrán].73 Non appena il primo venne a sapere che l’avevano chiamato Bábí, si turbò fino a perdere l’equilibrio e la dignità e, dai pulpiti, pronunciò parole indegne di lui. Da tempo immemorabile, assetati di potere, gli zotici del mondo hanno perpetrato atti tali da indurre gli uomini ad errare. Ma non devi immaginarti che i fedeli siano tutti come questi due individui. Ti abbiamo descritto la costanza, la fermezza, la risolutezza, la certezza, l’imperturbabilità e la dignità dei màrtiri di questa Rivelazione, sì che tu possa esserne ben informato. Il Mio intento nel citarti i passi dalle Tavole ai re e altre è stato quello di darti la certezza che questo Vilipeso non ha tenuto nascosta la Causa di Dio, anzi ha proclamato e trasmesso nel linguaggio più eloquente, al cospetto di tutto il mondo, le cose che è stato incaricato di manifestare. Alcuni pusillanimi, come Hádí e altri, hanno tuttavia tentato di falsificare la Causa di Dio e, solleciti di questa vita effimera, detto e compiuto cose che hanno fatto piangere gli occhi della giustizia e gemere la Penna della Gloria, nonostante che ignorino i concetti essenziali di questa Causa, mentre questo Vilipeso l’ha rivelata per amor di Dio.
O Hádí! Ti sei recto a visitare Mio fratello e l’hai veduto. Drizza ora il volto verso la corte di questo Vilipeso, chissà mai che le brezze della Rivelazione e gli aliti dell’ispirazione non ti assistano dandoti agio di raggiungere la mèta. Chiunque oggi mirerà i Miei segni distinguerà il vero dal falso come il sole dall’ombra e sarà reso edotto della mèta. Dio a e Mi è testimone che tutto quello che è stato ricordato lo fu per amor Suo, acché, per avventura, tu divenissi guida per gli uomini e liberassi i popoli del mondo dalle oziose fantasie e vane illusioni.
?BAHÁ’U’LLÁH 15O HÁDÍ! TENDI L’ORECCHIO alla voce di questo fido Consigliere: volgi i passi da sinistra verso destra, cioè scostati dall’oziosa fantasia e volgiti verso la certezza. Non indurre in errore la gente: l’Astro divino risplende, la Sua Causa è paese e tutto pervadono i Suoi segni. Drizza il volto verso Dio, l’Aiuto nel Pericolo, l’Esistente da Sé; rinunzia al tuo primato per amor di Dio e lascia la gente a se stessa: tu ignori la verità essenziale, tu non la conosci.
O Hádí! Abbi una sola faccia sul sentiero di Dio; quando sei in compagnia degl’infedeli, sei infedele e con i pii sei pio. Rifletti su quelle anime che offrirono vita e sostanze in quella terra, acché, per avventura, tu possa trarne un ammonimento ed essere ridestato dal tuo sonno. Pensa: chi è da preferirsi, colui che mette in salvo il proprio corpo, la propria vita e i propri beni o chi tutto abbandona sulla via di Dio? Giudica onestamente e non essere ingiusto. Aggrappati alla giustizia e attieniti all’equità, acciocché non abbia tu a servirti della religione per egoistici motivi come di una trappola, e ad ignorare la verità per amor dell’oro. Invero la tua scelleratezza e la scelleratezza della gente come te s’è tanto esacerbata che la Penna della Gloria si sentì mossa a proferire queste osservazioni. Abbi timor di Dio; Colui Che ha precorso questa Rivelazione ha dichiarato: «In ogni condizione Egli proclamerà: “In verità, in verità, Io sono Dio, non v’è altro Dio che Me, l’Aiuto nel Pericolo, l’Esistente da Sé!”»
………………………………………………………..O Hádí! Non sei stato in Nostra compagnia, perciò ignori la Causa; non agire secondo la tua oziosa fantasia. A parte questo, esamina gli Scritti coi tuoi propri occhi e medita sull’accaduto; abbia pietà di te stesso e dei servi di Dio e non esser causa di ostinazione come la gente del passato. Inconfondibile è la via, evidente la prova: cambia l’ingiustizia in giustizia e l’iniquità in equità. Nutriamo speranza che gli aliti della divina ispirazione ti rafforzino e che il tuo orecchio interiore sente le benedette parole: «Dì: “È Dio!” e poi lasciali gingillarsi nelle loro discussioni». Ci sei stato [a Cipro] e l’hai visto [Mirza Ya?yá]: parla ora con franchezza; non travisare i fatti, né a te stesso, né alla gente. Sei ignorante e male informato insieme; tendi l’orecchio alla voce di questo Vilipeso e affrettati verso l’oceano del divino sapere, acché, per avventura, tu possa ornarti con l’ornamento della comprensione e rinunziare a tutto fuorché a Dio. Ascolta la risonante Voce di questo benigno Consigliere, che, svelato e palese di fronte ai sovrani e ai loro sudditi, chiama a raccolta tutti i popoli del mondo al cospetto di Colui Che è il Signore dell’Eternità.
?BAHÁ’U’LLÁH 16COME SI MOLTIPLICARONO le Mie tribolazioni, così crebbe il Mio amore per Dio e per la Sua Causa, in tal guisa che tutto quel che Mi accadde per mano degli eserciti dei caparbi non ebbe il potere di distoglierMi dal Mio intento. Dovessero nasconderMi negli abissi della terra, Mi ritroverebbero ritto sulle nubi, a invocare Dio, il Signore della forza e del potere. Mi sono offerto sulla via di Dio e bramo le tribolazioni, a causa del Mio amore per Lui e per ottenere il Suo compiacimento. Ne fanno fede i dolori che ora Mi affliggono, quali mai altro uomo ha sofferto. Ogni capello del Mio capo grida a gran voce quel che il Roveto Ardente pronunciò sul Sinai ed ogni vena del Mio corpo invoca Dio dicendo: «Oh, foss’io stata sacrificata sulla Tua via, acché il mondo ne fosse vivificato e tutti i suoi popoli riuniti!» Così ha decretato Quei Che è l’Onnisciente, Colui Che di tutto è accorto.
?BAHÁ’U’LLÁH 17L’UNICO VERO DIO sa e tuta la schiera dei Suoi fedeli attesta che questo Vilipeso è sempre stato circondato da terribili pericoli. Ma se non fosse per le afflizioni che Mi hanno assalito sulla via di Dio, non avrebbe offerto dolcezze la Mia vita e a nulla Mi sarebbe valsa l’esistenza. Per coloro che sono dotati di discernimento e i cui occhi sono fissi sulla Sublime Visione non è un segreto che per la maggior parte dei Miei giorni sono stato quale schiavo, seduto sotto una spada appesa a un filo, ignara se essa presto o tardi Gli sarebbe caduta addosso. Eppure, nonostante tutto, rendiamo grazie a Dio, il Signore dei mondi. Di giorno e nottetempo la Mia lingua interiore recita questa preghiera: «Gloria a te, o mio Dio! Se non fosse per le tribolazioni sopportate sul Tuo cammino, come si potrebbero riconoscere coloro che veramente Ti amano? E se non fosse per le prove sopportate per amor Tuo, come potrebbe esser rivelato il grado di coloro che Ti bramano? La Tua potenza Mi è testimone! Compagne di coloro che Ti adorano sono e lacrime che essi versano, e consolatori di coloro che Ti cercano sono i gemiti che emettono, e cibo di coloro che si affrettano a incontrarTi sono i frammenti dei loro cuori spezzati. Com’è dolce per me l’amarezza della morte incontrata sul Tuo sentiero e come sono preziosi i dardi dei Tuoi nemici, affrontati per esaltare il Tuo Verbo! Lascia ch’io beva per la Tua Causa, o mio Dio e mio Signore, tutto ciò che desiderasti e fa’ discendere su di me, pel Tuo amore, tutto ciò che disponesti. Per la Tua gloria! Desidero soltanto ciò che Tu desideri e ho caro solo ciò che Ti è caro. In Te ho sempre riposto tutta la mia fede e la mia fiducia. In verità, Tu sei Colui Che tutto possiede, l’Altissimo. Innalza, T’imploro, o mio Dio, quali aiuti di questa Rivelazione, coloro che saranno ritenuti degni del Tuo Nome e della Tua sovranità, sì ch’essi Ti ricordino fra le Tue creature e issino le insegne della Tua vittoria sulla Tua terra, e adornali con le Tue virtù e i Tuoi comandamenti. Non v’è altro Dio che Te, il Soccorritore nel Pericolo, Colui Che esiste da Sé».
?BAHÁ’U’LLÁH 18Ti rendo grazie, o mio Dio, ché mi hai fatto bersaglio dei dardi dei Tuoi avversari sulla Tua via. Ti offro altissima lode, o Tu Che sei il Conoscitore del visibile e dell’invisibile e il Signore di ogni essere, ché mi hai permesso di essere gettato in prigione per amor Tuo e mi hai fatto bere la coppa del dolore, sì che potessi rivelare la Tua Causa e glorificare la Tua Parola.
Quale delle mie tribolazioni devo raccontare dinanzi al Tuo sembiante, o mio Signore? Devo narrarTi ciò che mi accadde in giorni trascorsi per mano degli artefici d’iniquità fra le Tue creature, o descrivere le vessazioni che mi hanno assediato in questi giorni per amore del Tuo compiacimento?
Ti siano rese grazie, o Signore di tutti i nomi, e gloria a Te, o Artefice dei cieli, per tutto ciò che ho sopportato in questi giorni per mano di quei Tuoi servi che hanno mancato nei Tuoi confronti e del Tuo popolo che ha agito caparbiamente contro di Te.
Annoveraci, T’imploriamo, fra coloro che sono rimasti saldi nella Tua Causa finché la loro anima spiccò finalmente il volo verso il cielo della Tua grazia e l’atmosfera del Tuo tenero amore. In verità, Tu sei Colui Che sempre perdona, il Misericordiosissimo.
?BAHÁ’U’LLÁH 19GLORIFICATO SEI TU, o mio Dio! Sai che nel mio amore per Te non ho cercato riposo, che nel proclamare la Tua Causa mi sono negato ogni tranquillità e che nell’osservare tutto ciò che hai prescritto nelle Tue Tavole non ho tardato a eseguire il Tuo comando. Per questo, ho sofferto ciò che nessuno fra gli abitanti del Tuo regno ha mai sofferto.
La Tua gloria mi è testimone! Nulla al mondo può impedirmi di ricordarTi, mi assalissero pure da ogni parte tutte le tribolazioni della terra. Le membra e gli arti del mio corpo si proclamano pronti a farsi dilaniare sulla Tua via e per amore del Tuo compiacimento e anelano a essere sparsi sulla polvere davanti a Te. Potessero, coloro che Ti servono, gustare quel che ho gustato io della dolcezza del Tuo amore!
T’imploro di donare a chiunque Ti cerchi le acque vive della Tua munificenza, sì che lo liberino da ogni attaccamento ad altri che Te. In verità, Tu sei l’Onnisciente, il Gloriosissimo, l’Onnipotente.
?BAHÁ’U’LLÁH 20GLORIFICATO SEI TU, o mio Signore! Vedi le mie tribolazioni e tutto quello che mi è accaduto per mano di quei Tuoi servi che sono in mia compagnia, che non hanno creduto nei Tuoi più luminosi segni e hanno girato le spalle alla Tua fulgidissima Bellezza. Giuro per la Tua gloria! Tali sono le afflizioni che mi tormentano, che nessuna penna nell’intera creazione può enumerarle o descriverle.
T’imploro, o Tu Che sei il Re dei nomi e il Creatore della terra e del cielo, di assistermi con la Tua corroborante grazia, sì che nulla al mondo abbia il potere d’impedirmi di ricordarTi o di celebrare la Tua lode, o di trattenermi dall’osservare ciò che mi hai prescritto nelle Tue Tavole, sì che io sorga a servirTi e mi affretti a uscire a capo scoperto dalla mia dimora, per gridare il Tuo nome fra le Tue creature e proclamare le Tue virtù fra i Tuoi servi. Poiché avevo fatto quello che avevi decretato e trasmesso ciò che avevi scritto, i malfattori fra la Tua gente mi assediarono e fecero di me sulla Tua via quel che loro piacque.
Nell’amore che Ti porto, o mio Signore, il mio cuore Ti brama con tale anelito quale nessun cuore ha conosciuto. Eccomi qui, il corpo nelle Tue mani e lo spirito dinanzi al Tuo volto. Fanne quel che Ti piace, per l’esaltazione della Tua parola e la rivelazione di ciò che è stato preservato nelle tesorerie della Tua sapienza.
Il potere Tu hai di fare quello che vuoi e di decretare quel che Ti piace.
?BAHÁ’U’LLÁH 21LODATO SIA IL TUO NOME, Signore mio Dio! Quanto sono grandi la Tua potenza e la Tua sovranità, quanto sono vasti la Tua forza e il Tuo dominio! Hai tratto all’esistenza Colui Che parla in Tuo nome davanti a tutti coloro che sono nel Tuo cielo e sulla Tua terra e Gli hai ingiunto di levar la voce fra le Tue creature.
Ma non appena Gli uscì di bocca una parola, i teologi fra la Tua gente si allontanarono da Lui e i sapienti fra i Tuoi servi cavillarono sui Suoi segni. Così nella Tua terra si accese il fuoco dell’oppressione, finché anche i sovrani insorsero per spegner la Tua luce, o Tu Che sei il Re dei re!
L’ostilità divenne così intensa che la mia gente e i miei amati furono fatti prigionieri nella Tua terra e a coloro che Ti sono cari fu impedito di vedere la Tua bellezza e di volgersi verso la Tua misericordia. Questa ostilità non riuscì a spegnere il fuoco che bruciava in loro. Infine il nemico portò via prigioniero Colui Che è la Manifestazione della Tua bellezza e il Rivelatore dei Tuoi segni, Lo confinò nella cittadella di ‘Akká e cercò d’impedirGli di ricordarTi e di magnificare il Tuo nome. Ma il Tuo servo non poteva essere distolto dall’e-seguire ciò che Tu Gli avevi ingiunto di compiere. Sull’orizzonte della tribolazione Egli ha levato la voce e ha gridato, convocando tutti gli abitatori del cielo e tutti gli abitanti della terra all’immensità della Tua misericordia e alla corte della Tua grazia. Giorno e notte Egli manda i segni del Tuo onnipotente potere e rivela i chiari pegni della Tua maestà, sì che le anime delle Tue creature siano avvicinate a Te, dimentichino se stesse e si volgano a Te, si sottraggano alla propria miseria e cerchino il tabernacolo delle Tue ricchezze, rifuggano la loro spregevolezza per entrare nella corte della Tua maestà e della Tua gloria.
Questa è la Lampada che la luce della Tua Essenza ha acceso, la cui radiosità venti di discordia non potranno mai oscurare. Questo è l’Oceano che ondeggia in forza della Tua possanza sovrana, i cui flutti influenze d’infedeli che non hanno creduto nel Giorno del Giudizio non potranno mai placare. Questo è il Sole che risplende nel cielo del Tuo volere, il cui splendore veli di perpetratori d’iniquità e dubbi di malevoli non potranno mai offuscare.
Ti rendo grazie, o mio Dio, per avermi offerto in sacrificio sulla Tua via, e fatto bersaglio dei dardi delle afflizioni in pegno del Tuo amore per i Tuoi servi, e prescelto per ogni sorta di tribolazione per la rigenerazione della Tua gente.
Com’è dolce al mio palato il sapore dei dolori che hai inviato e come sono care al mio cuore le disposizioni della Tua provvidenza! Perisca l’anima che fugge davanti alle minacce dei sovrani nel tentativo di salvarsi nei Tuoi giorni! Giuro sulla Tua gloria! Chiunque abbia libato le acque vive dei Tuoi favori non può temere affanno sulla Tua via, né può tribolazione alcuna distoglierlo dal ricordarTi o dal celebrare la Tua lode.
T’imploro, O Tu Che sei il mio Governatore e il Possessore di tutti i nomi, di proteggere coloro che sono germogliati da me (Afnán), che hai imparentato con Te Stesso, ai quali hai mostrato il Tuo speciale favore in questa Rivelazione, che hai invitati ad avvicinarsi a Te e a volgersi verso l’orizzonte della Tua Rivelazione. Non negar loro, o mio Signore, le effusioni della Tua misericordia o il fulgore dell’Astro della Tua grazia. Permetti loro di distinguersi fra la Tua gente, sì che esaltino la Tua parola e promuovano la Tua Causa. Aiutali, o mio Dio, a fare il Tuo volere e il Tuo piacere.
Non v’è altro Dio che Te, l’Onnipotente, l’Eccelso, il Sommo.
?BAHÁ’U’LLÁH 22Negli ultimi anni della vita terrena di Bahá’u’lláh i segni del trionfo della Sua Causa divennero sempre più evidenti. Uno di questi segni fu la diffusione della Fede sin dal 1892 aldilà dei confini della Persia e dell’‘Iráq in Ádhirbayján, Armenia, Georgia, Palestina, Turkmenistan, Libano, Siria, Turchia, Egitto, Sudan, Pakistan, India e Birmania. Un altro segno del suo trionfo fu la realizzazione delle profezie sulla sorte degli avversari di Bahá’u’llá? Le più importanti furono quelle riguardanti la fine del sultano ‘Abdu’l-’Azíz di Turchia e dei suoi ministri Fu’ád Páshá e ‘Alí Páshá.
Nel 1863 Fu’ád Páshá e ‘Alí Páshá avevano acconsentito alle richieste del governo persiano, allontanando Bahá’u’lláh da Baghdád a Costantinopoli e provocando dopo qualche mese il Suo esilio in Adrianopoli. Nel 1869, solo sei anni dopo, Fu’ád Páshá morì prematuramente di mal di cuore in Francia. Nel 1871 ‘Alí Páshá cadde ammalato e in tre mesi morì. Nel 1876 il sultano ‘Abdu’l-‘Azíz fu deposto e assassinato. Bahá’u’lláh aveva profetizzato la caduta dei tre uomini in molte Tavole, una delle quali, scritta dopo la morte di Fu’ád Páshá, afferma: «Presto licenzieremo colui [‘Alí Páshá] che era simile a lui [Fu’ád Páshá] e Ci impadroniremo del loro capo [il sultano ‘Abdu’l-’Azíz] che governa il paese e in verità Io sono l’Onnipotente, l’Irresistibile». La realizzazione di questa e di altre profezie relative al crollo dell’Impero Ottomano furono occasione di commenti in Persia e indussero molti ad accettare la Fede Bahá’í. Fra questi vi fu Mirza Abu’l-Fa?l, il più grande studioso della Fede.
IL SULTANO OTTOMANO si è levato a opprimerCi e Ci ha mandati nella fortezza di ‘Akká senza alcuna giustificazione o ragione. Il suo farmán imperiale decretava che nessuno Ci avvicinasse e che divenissimo oggetto dell’odio di tutti. Perciò la Mano della potenza divina Ci ha rapidamente vendicati. Prima scatenò i venti della distruzione sui suoi due implacabili ministri e confidenti, ‘Alí e Fu’ád, poi quella Mano si protese a schiacciare la panoplia dello stesso ‘Azíz e a colpirlo, come può colpire solo Lui, Che è il Possente, il Forte
?BAHÁ’U’LLÁH 23OGNI OSSERVATORE IMPARZIALE ammetterà senza indugio che sin dall’alba della Sua Rivelazione questo Vilipeso ha invitato tutta l’umanità a volgersi verso l’Alba della Gloria e ha condannato la corruzione, l’odio, l’oppressione e la malvagità. Eppure, guardate cos’ha fatto la mano del tiranno! Nessuna penna osa descrivere la sua tirannide. Benché l’intento di Colui Che è la Verità Eterna sia stato quello di conferire vita eterna a tutti gli uomini e di garantire sicurezza e pace, pure, osserva com’essi si siano levati a spargere il sangue dei Suoi diletti e abbiano pronunziata contro di Lui sentenza di morte.
Gl’istigatori di questa oppressione sono gli stessi che, pur tanto stolti, sono reputati i più saggi fra i saggi. Tale è la loro cecità che con manifesta severità hanno gettato in questa tetra, inaccessibile e inaccessibile Prigione Colui per i servi della Cui soglia il mondo è stato creato. Ma, malgrado loro e coloro che hanno respinto la verità di questo «Grande Annuncio», l’Onnipotente ha trasformato questa Prigione nel Più Eccelso Paradiso, il Cielo dei Cieli.
?BAHÁ’U’LLÁH 24ORA, SIA LODATO IDDIO, si è giunti al punto in cui i popoli di queste regioni Ci manifestano la loro sottomissione.
?BAHÁ’U’LLÁH 25Negli ultimi anni della Sua vita, dalla penna di Bahá’u’lláh continuarono a fluire Tavole, le più importanti delle quali sono La Tavola Più Santa (Law?-i-Aqdas), la Tavola del Mondo (Law?-i-Dunyá), la Tavola di Maq?úd e l’Epistola al Figlio del Lupo. Inoltre, attorno al 1890, mentre Si trovava in visita a Haifa, Bahá’u’lláh piantò la tenda, «“il Tabernacolo della Gloria”» sul monte Carmelo, indicò a ‘Abdu’l-Bahá il luogo nel quale avrebbero dovuto essere sepolte le spoglie del Báb e rivelò la Tavola del Carmelo, lo Statuto del Centro Mondiale della Sua Fede.
Infine, nell’ultima Tavola che rivelò, Bahá’u’lláh prese provvedimenti per la prosecuzione dell’autorità divina sugli affari della Fede, nominando il Figlio maggiore, ‘Abdu’l-Bahá, Suo successore e interprete dei Suoi scritti. Questa nomina segnò l’inizio dell’istituzione del Patto, che dirige e incanala le forze rivoluzionarie che Bahá’u’lláh e il Báb hanno messo in moto con le loro successive rivelazioni e garantisce che esse continuino a funzionare armoniosamente, proteggendo la Fede da scismi e settarismi. Si tratta di un’istituzione, spiega Shoghi Effendi, che Bahá’u’lláh «anticipò nel Kitáb-i-Aqdas» e alla quale accennò «quando aveva rivolto il Suo estremo commiato ai membri della famiglia convocati al Suo capezzale nei giorni immediatamente precedenti la Sua ascensione ». Affidato da Bahá’u’lláh ad ‘Abdu’l-Bahá durante la Sua ultima malattia, il documento che istituisce formalmente questa possente istituzione senza paralleli nella storia è stato intitolato da Bahá’u’lláh Kitáb-i-‘Ahd, il Libro del Patto. Segue il testo completo della Tavola in inglese.
SEBBENE IL GLORIOSO REAME non possegga alcuna delle vanità del mondo, tuttavia nei forzieri della fiducia e della rassegnazione abbiamo legato ai Nostri eredi un eccellente e preziosissimo retaggio. Non abbiamo lasciato tesori terreni, e nulla abbiamo aggiunto agli affanni che essi comportano. In nome di Dio! Nelle ricchezze mondane si nasconde il timore e si cela il pericolo. Riflettete e rammentate ciò che il Misericordiosissimo ha rivelato nel Corano: «Guai ad ogni diffamatore maligno! Che ammucchia ricchezze e le prepara pel dopo».74 Effimeri sono i beni del mondo; tutto quel che perisce e muta non è, né mai è stato, degno d’attenzione, fuorché in misura stabilita.
Questo Vilipeso ha sopportato sventure e tribolazioni, ha rivelato i Santi Versetti ed esposto prove con il solo intento di soffocare la fiamma dell’odio e dell’inimicizia, sì che l’orizzonte dei cuori umani fosse rischiarato dalla luce della concordia e conseguisse pace e tranquillità reali. Dall’alba della Tavola divina rifulge luminoso l’astro di questa parola, e incombe a tutti di fissare gli occhi su di essa: Vi esortiamo, o popoli del mondo, a osservare ciò che innalzerà il vostro stadio. Aggrappatevi al timor di Dio e attenetevi strettamente a ciò che è giusto. In verità vi dico, la lingua serve a menzionare ciò che è buono, non contaminatela con discorsi sconvenienti. Dio ha perdonato quel che è passato. D’ora in poi dovrete tutti dire ciò che è decente e decoroso e astenetevi da insulti e da calunnie e da qualunque cosa ingeneri tristezza. Eccelso è lo stadio dell’uomo! Or non è molto dagli scrigni del Nostro Calamo Glorioso sono traboccate queste nobili parole: Grande e benedetto è questo Giorno – il Giorno in cui tutto ciò che è latente nell’uomo è stato e sarà palesato. Altissimo è lo stadio dell’uomo, s’egli s’aggrappa alla rettitudine e alla verità e rimane saldo e incrollabile nella Causa. Agli occhi del Misericordiosissimo il vero uomo si rassomiglia al firmamento: suo sole e sua luna sono la vista e l’udito; sue stelle, il carattere luminoso e risplendente. Egli occupa lo stadio più sublime e la sua influenza educa il mondo dell’essere.
Ogni anima ricettiva che in questo Giorno ha respirato la fragranza della Sua veste e che, con cuore puro, ha drizzato il volto verso il gloriosissimo Orizzonte, il Libro Cremisi è annoverata fra le genti di Bahá. Afferrate in Mio Nome il calice del Mio tenero amore e bevetene a sazietà nel Mio glorioso e mirabile ricordo.
O voi che dimorate sulla terra! La religione di Dio ¨ per l’amore e l’unità; non fatene una causa d’inimicizia e di discordia. Agli occhi degli uomini illuminati e di coloro che contemplano la Visione Più Sublime, tutto ciò che è strumento efficace per la difesa e la promozione della felicità e del benessere dei figli degni uomini è già stato rivelato dalla penna della Gloria. Ma gli stolti della terra, cresciuti nelle passioni e nei turpi desideri, non hanno dato ascolto alla consumata saggezza di Colui Che in verità è l’Onnisciente, mentre le loro parole e le loro opere sono ispirate a oziose fantasie e vane illusioni.
O amati e fiduciari di Dio! I re sono le manifestazioni del potere e le albe della potenza e della ricchezza di Dio. Pregate per loro. Egli li ha investiti della sovranità della terra e ha prescelto i cuori umani come Suo dominio.
Conflitti e contese sono categoricamente proibiti nel Suo Libro. Così comanda Dio in questa Somma Rivelazione, e tale decreto Egli preserva dall’annullamento e ammanta con lo splendore della Sua conferma. In verità, Egli è l’Onnisciente, il Sapientissimo.
Incombe a tutti di aiutare quelle albe di potere e quelle fonti di comando che sono adorne dell’ornamento dell’equità e della giustizia. Benedetti i governanti e i dotti fra le genti di Bahá.75 Essi sono i Miei fiduciari fra i Miei servi e le manifestazioni dei Miei comandamenti fra le Mie genti. Su loro si posino la Mia gloria, le Mie benedizioni e la Mia grazia che hanno pervaso il mondo dell’essere. A questo proposito i detti rivelati nel Kitáb-i-Aqdas sono tali che dall’orizzonte delle loro parole risplende chiara e luminosa la luce della divina grazia.
O Miei Rami! Una forza possente, un potere perfetto è celato nel mondo dell’essere: fissate gli occhi su di esso e sulla sua influenza unificatrice e non sulle differenze che ne derivano.
Questa è la Volontà del divino Testatore: Incombe a tutti gli Aghsán,176gli Afnán77 e i Miei congiunti di rivolgere il viso verso il Più Possente Ramo. Riflettete su quello che abbiamo rivelato nel Nostro libro Più Santi: «Quando l’oceano della Mia Presenza sarà refluito e il Libro della Mia Rivelazione terminato, volgete il viso verso Colui Che Dio ha designato, Colui Che è germogliato da questo Antico Ceppo». L’oggetto di questo sacro versetto non è altri che il Più possente Ramo [‘Abdu’l-Bahá]. Così Ci siamo degnati di rivelarvi la Nostra Possente Volontà e, in verità, Io sono il Misericordioso, l’Onnipossente. In verità Dio ha disposto che lo stadio del Ramo Maggiore [Mu?ammad-‘Alí78] sia inferiore a quello del Ramo Massimo [‘Abdu’l-Bahá]. In verità Egli è l’Ordinatore, l’Onnisciente. Abbiamo trascelto «il Maggiore» dopo «il Massimo», secondo il decreto di Colui Che è l’Onnisciente, Colui Che di tutto è accorto.
Si ingiunge a tutti di mostrare amore verso gli Aghsán né ma Dio non ha concesso loro alcun diritto sulle altrui proprietà.
O Miei Aghsán né Miei Afnán e Miei congiunti! Vi esortiamo a temere Iddio, a compiere azioni lodevoli e a fare ciò che è decente e decoroso e che serve ad esaltare il vostro stadio. In verità vi dico, il timor di Dio è il più grande condottiero che può rendere vittoriosa la Causa di Dio, e gli eserciti che meglio si confanno a tale condottiero sono sempre stati e sono un buon carattere e azioni pure e sante.
Dì: O servi! Non permettete che gli strumenti dell’ordine siano fatti causa di confusione e il mezzo dell’unione divenga occasione di discordia. Osiamo sperare che le genti di Bahá siano guidate dalle benedette parole: «Dì: tutte le cose appartengono a Dio». Questo eccelso detto è come acqua che spegne il fuoco dell’odio e dell’inimicizia serpeggiante nei cuori e nei petti degli uomini. In virtù di questa sola frase, popoli e tribù contendenti otterranno la luce della vera unità. Per certo Egli dice il vero e apre il cammino. Egli è l’Onnipotente, il Magnifico, il Benevolo.
Incombe a tutti di mostrare cortesia e riguardo verso gli Aghsán né acciocché la Causa di Dio ne sia glorificata e la Sua Parola, esaltata. Questa ingiunzione è stata più volte menzionata e vergata nei Sacri Testi. Fortunato colui che può ottenere ciò che l’Ordinatore, l’Antico dei Giorni ha prescritto per lui. Vi si comanda altresì di rispettare i membri della Sacra Famiglia, gli Afnán e i congiunti. E ancora vi esortiamo a servire tutte le nazioni e a lottare per il miglioramento del mondo.
Dal cielo della parola di Colui Che è il Desìo del mondo è stato inviato ciò che conduce alla rigenerazione del mondo e alla salvezza dei popoli e delle tribù della terra. Porgete ascolto ai consigli del Calamo Glorioso. Meglio è questo per voi di tutto ciò che è sulla terra. Ne fa fede il Mio glorioso, meraviglioso Libro.
?BAHÁ’U’LLÁH 1 TB 195-98La nomina di ‘Abdu’l-Bahá quale Centro del Patto di Bahá’u’lláh non colse di sorpresa i membri della famiglia di Bahá’u’lláh, i Bahá’í che vivevano in Terra Santa e in Medio Oriente e le autorità civili e religiose della Palestina e della Turchia. Nato la notte nella quale il Báb annunciò la Sua missione a Mullá ?usayn, ‘Abdu’l-Bahá aveva condiviso sin dall’infanzia le sofferenze e le tribolazioni di Bahá’u’llá? Ragazzo di nove anni durante una visita al Síyáh Chál ebbe la straziante esperienza di vedere l’amato Genitore «smagrito, scarmigliato, gravato dalle catene». Subito dopo la liberazione di Bahá’u’lláh, ‘Abdu’l-Bahá condivise con Lui i rigori dell’esilio.
A Baghdád, ancora bambino, ‘Abdu’l-Bahá ebbe la distinzione unica di riconoscere il vero rango del Padre, un riconoscimento che, Shoghi Effendi disse, Lo indusse a gettarSi ai Suoi piedi e a «a implorare spontaneamente il privilegio d’offrire la vita per Lui».
A Baghdád, durante la Sua giovinezza, ‘Abdu’l-Bahá servì il Padre come amanuense e, con i Suoi limpidi discorsi e commentari, Si conquistò l’ammirazione di anziani eruditi e colti. Poi in Adrianopoli e successivamente in ‘Akká, servì il Padre come rappresentante, facendoGli scudo dai nemici, occupandoSi del benessere della Santa Famiglia e dei compagni, incontrando ufficiali del governo e dignitari religiosi, facendo dettagliati preparativi per i pellegrini, svolgendo molte attività filantropiche per alleviare le difficoltà del popolo di ‘Akká e procurando a Bahá’u’lláh una sistemazione fuori le mura della colonia penale, permettendoGli così di trovare un po’ di quella pace e di quella tranquillità che Gli erano state a lungo negate.
Conosciuto per tutta la vita come ‘Abbas Effendi (‘Abbas era il Suo nome e Effendi è un titolo che significa «signore») e come «“il Maestro”», Bahá’u’lláh Lo sopranominò il «Più Grande Ramo» e nel Kitáb-i-Aqdas Lo chiamò Colui «Che Dio ha designato, Colui Che è germogliato da questo Antico Ceppo». Dopo il trapasso di Bahá’u’lláh, preferì farsi chiamare ‘Abdu’l-Bahá (il Servo di Bahá).
Egli fu, spiega Shoghi Effendi, «l’infallibile Interprete» degli scritti di Bahá’u’lláh, «l’Esempio perfetto» dei Suoi insegnamenti, «la personificazione di ogni ideale bahá’í» e «l’incarnazione di ogni virtù bahá’í». La Sua realtà è meglio descritta dal titolo «Mistero di Dio» conferitoGli da Bahá’u’lláh, un titolo che significa che, pur non essendo un Profeta, Egli combina, fonde e armonizza le caratteristiche apparentemente incompatibili di una natura umana e di una conoscenza e perfezione sovrumane.
Innalzato da Bahá’u’lláh all’ufficio di Centro del Suo Patto, ‘Abdu’l-Bahá ricevette il potere, dice Shoghi Ef-fendi, «di conferire uno straordinario impulso all’espan-sione internazionale della Fede di Suo Padre, di ampliarne la dottrina, di abbattere ogni barriera che ne avrebbe impedito il progresso, di creare il suo Ordine Amministrativo e di delinearne le caratteristiche, Figlio del Patto e Araldo di quell’Ordine Mondiale la cui instaurazione segnerà l’avvento dell’Età dell’oro della Dispensazione bahá’í».
DAL SADRATU’L-MUNTAHÁ79 è germogliato questo Essere sacro e glorioso, questo Ramo di Santità; beato colui che ha cercato il suo rifugio e dimora alla sua ombra. In verità il Braccio della Legge di Dio è sorto da questa Radice che Dio che Dio ha saldamente piantata nel Suolo della Sua Volontà, e il Cui Ramo s’è innalzato tanto da abbracciare tutto il creato. Sia dunque Egli magnificato per quest’Opera sublime, benedetta, possente, eccelsa!... Una Parola fu profferita quale pegno della Nostra grazia, dalla Tavola Più Grande80 – una parola che Dio ha adornata con l’ornamento del Suo Io [Essere], facendola sovrana sulla terra e su tutto quanto essa contiene e segno della Sua grandezza e del Suo potere tra i popoli... Rendete grazie a Dio, o genti, per la Sua venuta, poiché, in verità, Egli è il più grande favore a voi concesso, la più perfetta munificenza a voi elargita e per Suo mezzo ogni osso putrescente è vivificato. Chiunque si volga a Lui, si volge a Dio, chiunque si allontana da Lui, si allontana dalla Mia bellezza, ripudia la Mia Prova e Mi ha trasgredito. Egli è il Fiduciario di Dio fra voi, Colui Che Dio vi ha affidato, la Sua manifestazione fra voi, il Suo sembiante fra i Suoi servi favoriti... Noi Lo abbiamo inviato in terra nella forma di tempio umano. Benedetto e santificato sia i Signore Che creò quel ch’Egli vuole per mezzo del Suo inviolabile e infallibile decreto. Coloro che si privano dell’ombra del Ramo sono smarriti nel deserto dell’errore, si consumano alla fiamma di desideri mondani e sono di quelli che sicuramente periranno.
?BAHÁ’U’LLÁH 2BENEDETTO, DOPPIAMENTE benedetto, è il suolo che i Suoi piedi hanno calcato, l’occhio che è stato rallegrato dalla bellezza del Suo sembiante, l’orecchio che è stato onorato d’ascoltare il Suo appello, il cuore che ha gustato la dolcezza del Suo amore, il petto che si è dilatato al ricordo di Lui, la penna che ha proclamato la Sua lode, la pergamena che ha portato testimonianza dei Suoi scritti.
?BAHÁ’U’LLÁH 3O TU CHE SEI LA PUPILLA dei Miei occhi! La Mia gloria, l’oceano del Mio infinito amore, il sole della Mia misericordia, il paradiso della mia grazia si posino su te. Noi preghiamo Iddio di illuminare il mondo con il Tuo sapere e la Tua saggezza e disporre per Te ciò che rallegrerà il Tuo cuore e consolerà i Tuoi occhi.
?BAHÁ’U’LLÁH 4LA GLORIA DI DIO SCENDA su te e su chiunque Ti serve e Ti gravita intorno. Male, grande male si abbatta su chi Ti contrasta e Ti nuoce. Felice colui che Ti giura fedeltà; il fuoco dell’inferno tormenti colui che Ti è nemico.
?BAHÁ’U’LLÁH 5NOI ABBIAMO FATTO DI TE un rifugio per tutto il genere umano, uno scudo per tutti coloro che sono in cielo e sulla terra, una fortezza per chiunque abbia creduto in Dio, l’Incomparabile, l’Onnisciente. Dio conceda di proteggerli per Tuo mezzo, di arricchirli e di sorreggerli, possa Egli ispirarTi ciò che sarà fonte di ricchezza per tutte le cose create, oceano di generosità per tutti gli uomini e alba della misericordia per tutti i popoli.
?BAHÁ’U’LLÁH 6TU SAI, O MIO DIO, che Io desidero per Lui niente altro che quel che Tu desiderasti, e che ho scelto per Lui non altro fine se non quello che Tu destinasti per Lui. Fa’ quindi ch’Egli sia vittorioso mercé le Tue milizie celesti e terrestri... Ti scongiuro per l’ardore del Mio amore per Te e del Mio desio di manifestare la Tua Causa, disponi per Lui e per coloro che Lo amano ciò che Tu destinasti ai Messaggeri e ai Fiduciari della Tua Rivelazione. In verità, sei l’Onnipotente, il Potentissimo.
?BAHÁ’U’LLÁH 7QUANDO LA MISTICA COLOMBA avrà spiccato il volo dal suo Santuario di Lode e avrà cercato la sua lontanissima mèta, la sua dimora nascosta, per qualunque cosa non comprendiate nel Libro, affidatevi a Colui Che germogliò da questo Ceppo possente.
?BAHÁ’U’LLÁH 8Già nove mesi prima della Sua ascensione, Bahá’u’lláh, come afferma ‘Abdu’l-Bahá, aveva espresso il desiderio di lasciare questo mondo. Da quel momento in poi, dal tono delle Sue osservazioni a coloro che giungevano alla Sua presenza, divenne sempre più evidente che, sebbene Egli Si astenesse dal dirlo apertamente, la fine della Sua vita terrena si stava avvicinando. La notte precedente l’11 shavvál 1309 dell’Egira (8 maggio 1892), Bahá’u’lláh contrasse una lieve febbre che, sebbene salisse il giorno seguente, subito dopo cessò. Egli continuò a concedere colloqui ad amici e pellegrini, ma ben presto fu evidente che non stava bene. La febbre ritornò in forma più acuta, le condizioni generali peggiorarono, sopravvennero alcune complicanze che alla fine culminarono nella Sua ascensione il 2 dhi’l-qa‘dih 1309 dell’Egira (29 maggio 1892) all’alba, otto ore dopo il tramonto, nel Suo settantacinquesimo anno di vita. Il Suo spirito, finalmente liberato dalle fatiche di una vita costellata di tribolazioni, aveva spiccato il volo verso i Suoi «altri domini», domini «sui quali gli occhi della gente dei nomi non si sono mai posati» e verso i quali la «Luminosa Damigella» «di bianco vestita» L’aveva invitato ad affrettarSi, come Egli Stesso scrive nella Law?-i-Ru’yá (Tavola della Visione) rivelata diciannove anni prima in occasione dell’anniver-sario della nascita del Suo Precursore.
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Con l’ascensione di Bahá’u’lláh si conclude un periodo che, per molti versi, non ha paragoni nella storia religiosa del mondo. Il primo secolo dell’Era bahá’í era ormai per metà trascorso; era finita un’epoca che nessuna precedente Dispensazione aveva superato per sublimità, fecondità e durata, un’epoca caratterizzata da mezzo secolo di Rivelazione continua e progressiva fuorché per un breve intervallo di tre anni. Il Messaggio proclamato dal Báb aveva prodotto il suo aureo frutto. La più importante, anche se non la più spettacolare, fase dell’Età eroica era finita. Il Sole della Verità, il massimo Luminare del mondo, era sorto nel Síyáh-Chál di Teheran, si era aperto un varco fra le nuvole che lo avvolgevano a Bagdad, aveva subìto una momentanea eclisse mentre saliva verso lo zenit in Adrianopoli ed era infine tramontato in ‘Akká, per non riapparire prima che fosse trascorso un intero millennio. La neonata Fede di Dio, stella polare di tutte le Dispensazioni passate, era stata pienamente e incondizionatamente proclamata. Le profezie che ne annunciavano l’avvento si erano straordinariamente realizzate. Le sue leggi fondamentali e i suoi principi cardinali, trama e ordito del suo futuro Ordine Mondiale, erano stati chiaramente enunciati. La sua essenziale relazione con i sistemi religiosi che l’avevano preceduta e la sua posizione nei loro confronti erano state inequivocabilmente definite. Le principali istituzioni all’interno delle quali il suo Ordine Mondiale, ancora embrionale, era destinato a maturare erano state inoppugnabilmente fondate. Il Patto designato a salvaguardare l’unità e l’integrità del suo sistema mondiale era stato irrevocabilmente trasmesso alla posterità. La promessa dell’unificazione dell’intera razza umana, dell’instau-razione della Più Grande Pace, dello sviluppo di una civiltà mondiale era stata incontestabilmente proferita. I pressanti moniti, che annunciavano catastrofi destinate ad abbattere sovrani, ecclesiastici, governi e popoli, quale preludio di quel glorioso coronamento, erano stati ripetutamente pronunciati. Il significativo invito ai Primi Magistrati del Nuovo Mondo, anticipatore della Missione della quale il continente nordamericano doveva essere successivamente investito81 era stato presentato. Il contatto iniziale con la nazione, una discendente della cui casa reale avrebbe sposato la sua Causa prima della fine del primo secolo bahá’í,82 era stato stabilito. L’impulso originario che, nel corso dei decenni successivi, ha conferito e, negli anni avvenire, continuerà a conferire inestimabili benefici spirituali e istituzionali alla sacra Montagna di Dio, prospiciente la Più Grande Prigione, era stato impartito. E infine i primi vessilli di una conquista spirituale che, prima del termine di quel secolo, si sarebbe estesa a oltre sessanta paesi degli emisferi orientale e occidentale erano stati trionfalmente piantati.83
Con la vastità e la diversità delle sue Sacre Scritture, il numero dei suoi martiri, il valore dei suoi campioni, l’esempio dato dai suoi seguaci, l’adeguata punizione subita dai suoi avversari, la vastità della sua influenza, l’incomparabile eroismo del suo Araldo, l’abbagliante grandezza del suo Autore, la misteriosa azione del suo irresistibile spirito, la Fede di Bahá’u’lláh, che ora si affacciava alle soglie del sesto decennio della sua esistenza, si era ampiamente dimostrata capace di farsi strada, indivisibile e incorruttibile, lungo il percorso per essa tracciato dal suo Fondatore e di esibire, sotto gli occhi di successive generazioni, i segni e le prove di quella celestiale potenza della quale Egli Stesso l’aveva così riccamente dotata.84
?SHOGHI EFFENDIO POPOLI DEL MONDO, quando l’astro della Mia bellezza tramonterà e il cielo del Mio tabernacolo sarà occultato ai vostri occhi, non angosciatevi. Levatevi a secondare la Mia Causa e a esaltare il Mio Verbo fra gli uomini. Noi saremo sempre con voi e vi rafforzeremo col potere della verità. Siamo invero onnipotenti. Chi Mi ha riconosciuto si leverà a servirMi con tale risolutezza che le forze della terra e del cielo saranno incapaci di sconfiggere il suo proponimento.
?BAHÁ’U’LLÁH 9CHE I VOSTRI CUORI NON SI TURBINO, o genti, quando la gloria della Mia Presenza si ritrarrà e l’oceano dei Miei detti si placherà. V’è una saggezza nella Mia presenza fra voi e ve n’è un’altra ancora nella Mia assenza, imperscrutabile a tutti fuorché a Dio, l’Incomparabile, l’Onnisciente. In verità, vi osserviamo dal Nostro regno di gloria e aiuteremo chiunque si leverà per il trionfo della Nostra Causa con le schiere delle legioni superne e una corte dei Nostri angeli prediletti.
O popoli della terra! Dio, l’Eterna Verità, Mi è testimone che rivoli d’acque fresche dolcemente scorrenti sono sgorgate dalle rocce per la dolcezza delle parole pronunciate dal vostro Signore, l’In-coercibile; e ancora voi dormite. Gettate via ciò che possedete e, sulle ali del distacco, libratevi al di sopra di tutte le cose create. Così vi ordina il Signore del creato, il movimento della Cui Penna ha rivoluzionato l’anima dell’umanità.
Sapete da quali altezze vi chiama il vostro Signore, il Gloriosissimo? Credete di aver riconosciuta la Penna con la quale il vostro Signore, il Signore di tutti i nomi, vi comanda? No, per la Mia vita! Se la conosceste, rinunziereste al mondo e vi affrettereste con tutto il cuore alla presenza del Benamato. Il vostro spirito sarebbe talmente trasportato dalla Sua Parola da gettare nello scompiglio il Più Grande Mondo, e tanto più questo, piccolo e meschino! Così le piogge della Mia generosità si sono riversate dal cielo della Mia tenera premura, come pegno della Mia grazia, perché siate di coloro che son grati....
Badate che i desideri della carne e di una corrotta inclinazione non provochino divisioni fra voi. Siate come le dita di una mano e le membra di un corpo. Così vi consiglia la Penna della Rivelazione, se siete fra coloro che credono.
Considerate la misericordia di Dio e i Suoi doni. Benché possa fare a meno di tutte le creature, Egli vi ingiunge ciò che vi sarà di beneficio. Le vostre cattive azioni non potranno mai nuocerCi, né le vostre buone opere esserCi di giovamento. Vi invitiamo unicamente per amore di Dio. Di ciò sarà testimone ogni uomo dotato di comprensione e intuito.
?BAHÁ’U’LLÁH 10RICORDIAMO CIASCUNO di voi, uomini e donne, e da questo Sito – Scenario di gloria incomparabile – vi consideriamo tutti una sola anima e vi annunziamo le liete novelle delle divine benedizioni che hanno preceduto tutte le cose create e del Mio ricordo che tutti comprende, giovani e vecchi. La gloria di Dio si posi su voi, o genti di Bahá. Gioite di gioia grande al Mio ricordo, perché invero Egli è sempre con voi.
?BAHÁ’U’LLÁH 11Costituita da un insieme di scritti di Bahá’u’lláh compilati da Nabíl-i-A‘?am, per richiesta di ‘Abdu’l-Bahá, poco dopo l’ascensione di Bahá’u’lláh, la Tavola della Visitazione, è oggi soprattutto letta nei Mausolei di Bahá’u’lláh e del Báb e in occasione della commemorazione degli anniversari del Loro trapasso.
LA LODE SORTA DAL TUO AUGUSTISSIMO Essere e la gloria che irradiò dalla Tua fulgente Beltà si posino su Te, o Tu Che sei la Manifestazione della Magnificenza, il Re dell’Eternità e il Signore di tutti coloro che sono in cielo e in terra! Attesto che per te la sovranità di Dio e il Suo dominio, la maestà di Dio e la Sua magnificenza sono state rivelate, che le Stelle Mattutine dell’antico splendore hanno diffuso la loro radiosità nel cielo del Tuo decreto irrevocabile e la Beltà dell’Invisibile ha brillato all’orizzonte della creazione. Attesto, inoltre, che con un sol tratto della Tua Penna è stata sancita la Tua ingiunzione «Sii Tu», e il Segreto celato di Dio è stato palesato, e tutte le cose create sono state chiamate all’esistenza, e tutte le Rivelazioni sono state inviate.
Attesto, altresì, che, per la Tua beltà, la beltà dell’Adorato è stata svelata, che, per mezzo del Tuo volto, il volto del Desiato ha brillato e che, con una sola parola, Tu decidesti fra tutte le cose create concedendo a coloro che Ti sono devoti di ascendere all’apice della gloria e facendo cadere gli infedeli nel più infimo abisso.
Attesto che colui che ha conosciuto Te ha conosciuto Iddio, e colui che è giunto alla Tua presenza è giunto alla presenza di Dio. Immensa è perciò la benedizione di chi ha creduto in te e nei Tuoi segni, si è umiliato innanzi alla Tua sovranità ed è stato onorato dall’incontrarTi, ha raggiunto il bene del Tuo volere, si è volto intorno a Te ed è restato innanzi al Tuo trono. Male incolga a colui che ha peccato contro di Te, che Ti ha rinnegato e ha ripudiato i Tuoi segni, si è ribellato alla Tua sovranità e si è sollevato contro di Te, s’è enfiato di orgoglio al Tuo cospetto e si è opposto alle Tue testimonianze, si è sottratto alla Tua sovranità e al Tuo dominio ed è stato annoverato fra gli infedeli i cui nomi sono stati vergati dalle dita del Tuo comando sulle Tue sante Tavole.
Alita su me adunque, o mio Dio e Beneamato, dalla mano destra della Tua misericordia e della Tua amorosa benevolenza, i santi respiri dei Tuoi favori, affinché possano distaccarmi da me stesso e dal mondo e condurmi alle corti della Tua vicinanza e della Tua presenza. Tu hai il potere di fare ciò che Ti aggrada. Tu sei stato, in verità, supremo su tutte le cose.
Il ricordo di Dio e la Sua lode, la gloria di Dio e il Suo splendore ripòsino su Te, o Tu Che sei la Sua Beltà! Attesto che l’occhio della creazione non si è mai posato su uno più vilipeso di Te. Tutti i giorni della Tua vita fosti immerso in un oceano di tribolazioni. Un volta fosti in ceppi e in catene, un’altra Ti minacciò la spada dei Tuoi nemici. Eppure, nonostante tutto ciò, ingiungesti a tutti gli uomini d’osservare ciò che Ti era stato prescritto da Colui Che è l’Onnisciente, il Saggio.
Possa il mio spirito essere sacrificato per le ingiustizie che hai sofferto e l’anima mia riscattare le avversità che hai sopportato. Imploro Dio, per Te e per coloro i cui volti sono stati illuminati dagli splendori della luce del Tuo sembiante e che per amor Tuo hanno osservato tutto ciò che era stato comandato, di rimuovere i veli che si sono frapposti fra Te e le tue creature e di concedermi il bene di questo mondo e di quello avvenire.
Tu sei, in verità, l’Onnipotente, l’Eccelso, il Gloriosissimo, Colui Che Sempre Perdona, il Compassionevole.
Benedici, o Signore mio Dio, il Divino Albero di Loto e le sue foglie e i suoi virgulti, i suoi rami, i suoi fusti e i suoi germogli fin quando dureranno i Tuoi più eccellenti titoli e i Tuoi più augusti attributi. Proteggilo, adunque, dalle insidie dell’aggressore e dalle schiere della tirannide. Tu sei, in verità, il Possente, l’Onnipotente. Benedici anche, o Signore mio Dio, i Tuoi servi e le Tue ancelle che sono venuti a Te. Tu, in verità, sei il Munifico, la Cui misericordia è infinita. Non v’è altro Dio che Te, Colui Che Sempre Perdona, il Generosissimo.
?BAHÁ’U’LLÁH 1Capitolo 3 / Il riconoscimento della missione profetica del Báb
1 SSB 82-3 3 PM 282-83(Poiché di molte opere di Bahá’u’lláh non si conosce la data precisa in cui furono rivelate, i titoli sono elencati in ordine alfabetico. Eventuali informazioni specifiche, sono annotate in parentesi dopo il titolo.)
Capitolo 3 / RICONOSCIMENTO DELLA MISSIONE PROFETICA DEL Báb
Dichiarazione della 23 maggio 1844Detenzione nel Síyáh-Chál agosto 1852 Rash?-i-’Amá (rivelato nel Síyáh-Chál)
Capitolo 6 / BAGHDÁDLaw?-i-Bulbulu’l-Firáq (Tavola dell’Usignolo della Privazione)
Law?-i-Fitnih (Tavola del Cimento)Law?-i-Hawdaj (Tavola dell’Howdah) (rivelata durante il viaggio
verso Costantinopoli)Law?-i-Mallá?u’l-Quds (Tavola del Santo Marinaio) (Naw-Rúz 1863)
Law?-i-MaryamMadínatu’r-Ri?á (La Città della Radiosa Acquiescenza)
Madínatu’t-Taw?íd (La Città dell’Unità)Munáját-i-Húríyyih (Preghiera della Damigella del Paradiso)
Preghiere (rivelate nel Kurdistán)Súriy-i-?abr (Sura della Pazienza, nota anche come Law?-i-Ayyúb,
Tavola di Giobbe) (primo giorno di Ri?ván del 1863)
Tafsír-i-HúTafsír-i-?urúfát-i-Muqa??a‘ih (Interpretazione delle Lettere Isolate, nota anche come Law?-i-Áyiy-i-Núr, Tavola del Versetto della Luce)
Capitolo 7 / COSTANTINOPOLILaw?-i-‘Abdu’l-‘Azíz Va Vukalá (Tavola al sultano ‘Abdu’l-’Azíz)
Mathnavíy-i-MubárákSub?ánáka-Yá-Hú (nota anche come Law?-i-Náqús, Tavola della Campana) (19 ottobre 1863)
Capitolo 8 / ADRIANOPOLILaw?-i-A?mad-i-’Arabí (Tavola di A?mad, in arabo) (1865 circa)
Law?-i-A?mad-i-Farsí (Tavola di A?mad, in persiano)
Law?-i-Ashraf Tavola di Ashraf)Law?-i-Qamí? (Tavola della Camicia o della Tunica)
Law?-i-Ri?vánLaw?-i-Sul?án (Tavola allo Scià di Persia, Ná?iri’d-Dín Sháh)
Law?-i-Tuqá (Tavola della Pietà o del Timor di Dio)
Munájátháy-i-?iyám (Preghiere per il Digiuno)Súriy-i-?ajj I (Tavola per il Pellegrinaggio alla Casa del Báb)
Súriy-i-?ajj II (Tavola per il Pellegrinaggio alla Casa di
Bahá’u’lláh)Súriy-i-Ra‘ís (rivelata durante il viaggio verso ‘Akká)
Súriy-i-VidádLaw?-i-Nápulyún II (Seconda Tavola a Napoleone III)
Law?-i-Páp (Tavola al Papa)Law?-i-Qad I?taraqa’l-Mukhli?ún (Tavola del Fuoco) (1871 circa)
Law?-i-Ra‘ísLaw?-i-Ru’yá (Tavola della Visione) (1° Mirza 1873)
Law?-i-Salmán II (Tavola di Salmán)Rivelazione del 1892 Kitáb-i-‘Ahd (Libro del Patto) (1892)
Kitáb-i-‘Ahd,Abá-Basír (Áqá Naqd-‘Alí) Figlio di un Bábí martire dei moti di Zanján del 1850-51, divenne uno dei più saldi seguaci di Bahá’u’lláh nella città e fu decapitato attorno al 1870 per essersi rifiutato di abiurare di fronte a un consesso di teologi musulmani.
‘Abdu’l-‘Azíz, sultano (1830-1876) Sultano di Turchia dal 1861 al 1876, responsabile dell’esilio di Bahá’u’lláh da Baghdad a Costantinopoli, da Costantinopoli a Adrianopoli e da Adrianopoli alla colonia penale di ‘Akká. Inflessibile e cocciuto, era noto per la prodigalità ed è biasimato da Bahá’u’lláh nel Kitáb-i-Aqdas come colui che occupa il «trono della tirannia». Bahá’u’lláh profetizzò la sua caduta in una Tavola che indirizzò a Fu’ád Páshá, ministro degli esteri ottomano, mentre Si trovava recluso in ‘Akká. In seguito al pubblico malcontento, che crebbe dopo lo scarso raccolto del 1873 e la lievitazione del debito pubblico, il sultano ‘Abdu’l-‘Azíz fu deposto dai suoi ministri nel 1876. Morì dopo pochi giorni.
Adrianopoli (Edirne) Città della Turchia nord-occidentale a circa 130 miglia a nord-ovest di Costantinopoli (Istanbul) dove Bahá’u’lláh fu esiliato dal 12 dicembre 1863 al 12 agosto 1868 e subì un attentato contro la Sua vita da parte di Mirza Ya?yá. Questo tentativo, assieme a successivi atti di tradimento, lo costrinse a troncare ogni legame con il fratellastro. Dopo questa «suprema separazione» il ministero di Bahá’u’lláh raggiunse l’apice con la rivelazione della Súriy-i-Mulúk (Tavola dei Re) e di Tavole a sovrani e governanti. Nell’agosto 1868 il sultano ‘Abdu’l-‘Azíz esiliò Bahá’u’lláh da Adrianopoli ad ‘Akká.
Afnán Alla lettera germogli. Discendenti dei tre zii materni del Báb e dei due fratelli di Sua moglie.
Agh?án Alla lettera rami. Figli e discendenti maschi di Bahá’u’lláh.
A?mad, Shaykh (Shaykh A?mad-i-A?sá’í; 1743-1826) Fondatore della scuola islamica shaykhí, che con i loro insegnamenti aprirono la strada al Báb. Stimato interprete della dottrina islamica nelle sante città sciite di Najaf e Karbilá, sebbene le sue tesi si discostassero dalla dottrina sciita ufficiale, attrasse molti seguaci. Il suo tema principale era l’imminente avvento del lungamente atteso promesso dell’Islam. Sosteneva inoltre che i riferimenti scritturali alla resurrezione, al viaggio notturno di Mu?ammad in cielo e ai segni che avrebbero accompagnato l’avvento del Promesso dovevano essere interpretati come metafore spirituali e non come reali eventi materiali. Mentre si trovava in Persia, verso la fine della sua vita, nominò suo successore un discepolo di nome Siyyid Ká?im, che giunse alla presenza del Báb.
A?mad, Tavola di (araba) Tavola rivelata da Bahá’u’lláh attorno al 1865 per un fedele credente di Yazd. Letta abitualmente in momenti di difficoltà, contiene un’importante promessa: «Se uno che è nell’afflizione o nel dolore leggerà questa Tavola con assoluta sincerità, Dio dissiperà la sua tristezza, risolverà le sue difficoltà e allontanerà le sue afflizioni». Un’altra Tavola con lo stesso nome è stata rivelata in persiano in Adrianopoli per ?ájí Mirza A?mad di Káshán, che in seguito prese le parti di Mirza Ya?yá.
A?mad-i-Azghandí, Mirza (Mirza A?mad) Erudito e appassionato insegnante della Fede Bahá’í, che era stato uno dei più eminenti teologi musulmani del Khurásán. Prima della Dichiarazione della Missione del Báb nel 1844, Mirza A?mad-i-Azghandí compilò tutte le profezie e le tradizioni islamiche relative all’avvento del lungamente atteso Promesso, colossale opera contenente quasi dodicimila tradizioni.
Albero di Loto, Divino o Sacro Uno dei titoli di Bahá’u’lláh. La traduzione inglese deriva dal termine arabo Sadratu’l-Muntahá, che alla lettera significa «l’albero oltre il quale non si passa», riferimento all’albero che, nell’antica Arabia, veniva piantato per segnare la fine di una strada.
‘Alí-Ján, Mullá Bahá’í del Mázindarán giustiziato a ?ihrán nel 1883.
‘Alí-Mu?ammad Nome del Báb.‘Alí Páshá (Mu?ammad Amín ‘Alí Páshá, 1815-71) Uno dei principali ministri del sultano ‘Abdu’l-‘Azíz. Stretto alleato di Fu’ád Páshá, ne condivise la responsabilità dei successivi esili di Bahá’u’lláh da Baghdad a Costantinopoli, da Costantinopoli a Adrianopoli e da Adrianopoli a ‘Akká. Bahá’u’lláh lo redarguisce nella Súriy-i-Ra‘ís e nella Law?-i-Ra‘ís, a lui indirizzate.
Áqá Ján, Mirza Amanuense, attendente e compagno di Bahá’u’lláh per quarant’anni, dal principio dell’esilio a Baghdad fino alla Sua ascensione nel 1892. Mirza Áqá Ján è considerato il primo che riconobbe il rango di Bahá’u’lláh come Manifestazione di Dio ed è stato da Lui onorato del titolo di Khádimu’lláh (Servo di Dio). Dopo il trapasso di Bahá’u’lláh, violò il Suo Patto rivoltandosi contro ‘Abdu’l-Bahá.
Áqá Ján-i-Kaj-Kuláh (noto come Kaj-Kuláh ossia «Berretto Sghembo») Complice di Siyyid Mu?ammad e seguace di Mirza Ya?yá, procurò molte difficoltà a Bahá’u’lláh e ai Suoi compagni in Adrianopoli e ‘Akká.
Áqá Khán-i-Núrí, Mirza (I’timádu’d-Dawlih) Primo ministro di Persia ai tempi di Ná?iri’d-Dín Sháh, durante la detenzione di Bahá’u’lláh nel Síyáh-Chál (Buco Nero) di ?ihrán nell’agosto 1852.
Áqásí, ?ájí Mirza Bigotto, crudele e perfido primo ministro di Persia ai tempi di Mu?ammad Sháh. Definito da Shoghi Effendi l’«Anticristo della Dispensazione Bábí», fu «il principale istigatore degli oltraggi perpetrati contro il Báb». Diciotto mesi dopo aver impedito un colloquio fra il Báb e lo Scià, perse il potere e morì, abbandonato e povero.
Áqáy-i-Kalím Vedi Músá, MírzAshraf (Mirza Ashraf-i-Ábádí) Grande insegnante della Fede Bahá’í arrestato e impiccato nel 1888 in I?fahán quando ?illu’s-Sul?án (figlio maggiore superstite di Ná?iri’d-Dín Sháh e capo virtuale di due quinti della Persia) scoprì che uno dei suoi segretari stava studiando la Fede attraverso di lui.
Ashraf-i-Zanjání Bahá’í di Zanján martirizzato nel 1870. Bahá’u’lláh lodò spesso la sua fermezza e quella di sua madre, la quale, invitata sul luogo della sua esecuzione perché cercasse di indurlo ad abiurare, minacciò di diseredarlo se fosse sceso a compromessi con le proprie convinzioni. Fedele fino all’ultimo, fu ucciso poco dopo la decapitazione del suo amico Abá Ba?ír. Morì con il corpo di Abá Ba?ír fra le braccia.
Azal Alla lettera eternità. Indica Mirza Ya?yá, noto anche come ?ub?-i-Azal (Mattino dell’Eternità).
Azalí Seguaci di ?ub?-i-Azal ossia Mirza Ya?yá.Bayán, Il In termini generali, la rivelazione del Báb esposta nei Suoi scritti. La parola può anche indicare due specifici scritti del Báb, uno in persiano, l’altro in arabo.
Caravanserraglio Nei paesi orientali, locanda dove le carovane si fermano la notte per riposare, abitualmente grande edificio disadorno che circonda un cortile.
Ciclo Adamitico Ciclo della storia religiosa incominciato con Adamo e finito con la Dispensazione del Báb. L’attuale ciclo, chiamato Ciclo Bahá’í o Ciclo dell’Adem-pimento, ebbe inizio con Bahá’u’lláh e durerà cinquecentomila anni.
Costantinopoli (Istanbul) Massima città e porto della Turchia nordoccidentale dove Bahá’u’lláh abitò esule per circa quattro mesi dall’agosto al dicembre 1863. Mentre Si trovava a Costantinopoli, Bahá’u’lláh Si rifiutò di uniformarSi all’uso di andare a far visita ai funzionari governativi per sollecitare favori. L’ambasciatore persiano lasciò intendere che Bahá’u’lláh Si opponesse alle autorità governative, il che comportò l’editto del sultano ‘Abdu’l-‘Azíz che Lo esiliò in Adrianopoli.
Età Eroica Periodo della storia Bahá'í che comprende il ministero del Báb, di Bahá’u’lláh e di ‘Abdu’l-Bahá. Ebbe inizio il 22 maggio 1844 con la Dichiarazione della Missione del Báb e terminò nel 1921 con l’ascensione di ‘Abdu’l-Bahá o, più precisamente, nel 1932 con il trapasso di Sua sorella, Bahíyyih Khánum, la Più Grande Santa Foglia. È chiamata anche Età Apostolica o Primitiva.
Farmán Ordine, comando o regio decreto.Fat?-‘Alí Sháh Scià di Persia dal 1798 al 1834, famigerato per l’enorme quantità di mogli e concubine, il grandissimo numero di figli e i disastri che il suo regno procurò al paese. Il padre di Bahá’u’lláh, Mirza Buzurg, era suo ministro.
Fu’ád Páshá (Keçeci-Zádih Mu?ammad, 1815-69) Uno dei principali ministri del sultano ‘Abdu’l-‘Azíz. Condivise con ‘Alí Páshá la responsabilità dei successivi esili di Bahá’u’lláh da Baghdad a Costantinopoli, da Costantinopoli a Adrianopoli e da Adrianopoli ad ‘Akká.
?ijáz (anche Hejaz, Hedjaz o Al-Hijaz) Regione dell’Arabia sud-occidentale che i Musulmani considerano terra santa perché vi si trovano molti luoghi collegati alla vita di Mu?ammad, comprese le sacre città di Medina e La Mecca.
Howdah Sedile o portantina coperta trasportata da un mulo, un cammello, un cavallo o altro animale.
?ujjat (Mullá Mu?ammad-‘Alí di Zanján) Alla lettera la Prova. Titolo dato dal Báb a un dotto sacerdote musulmano che, convertito alla Fede Bábí, invitò dal pulpito i suoi discepoli ad abbracciare la Causa del Báb. Divenne il capo dei Bábí a Zanján e morì nel 1851 durante i moti di quella città.
?usayn Khán, ?ájí Mirza (1827-81) Conosciuto anche come Mushíru’d-Dawlih. Ambasciatore persiano a Costantinopoli, esercitò pressioni sulle autorità ottomane per conto del governo persiano al fine di ottenere che Bahá’u’lláh fosse esiliato da Baghdad a Costantinopoli, da Costantinopoli a Adrianopoli e da Adrianopoli a ‘Akká. Malgrado le sue macchinazioni, Bahá’u’lláh ebbe per lui parole gentili e rispettose che attestano la fedeltà e l’onestà con cui egli svolse i suoi compiti. Negli ultimi anni ?ájí Mirza ?usayn Khán andò da Bahá’u’lláh per rammaricarsi delle proprie azioni. Chiese perdono a ‘Abdu’l-Bahá, usò la propria influenza per proteggere i Bahá’í dalla persecuzione e riconobbe che era stato un errore esiliare Bahá’u’lláh dalla Persia perché era convinto che, come i Musulmani si recavano in visita alla Mecca, così un giorno la gente di tutto il mondo sarebbe andata in pellegrinaggio al mausoleo di Bahá’u’lláh.
?usayn, Mullá (Mulla ?usayn-i-Bushrú’í) Il primo al quale il Báb dichiarò la Sua Missione il 22 maggio 1844 e il primo che credette in Lui. Soprannominato dal Báb Bábu’l- Báb (Porta della Porta), era conosciuto per la profondità della cultura, per la tenacia della fede, per il coraggio, la fermezza di propositi, l’alto senso della giustizia e l’incrollabile devozione. Divenne il primo delle diciotto Lettere del Vivente. Nel 1849 morì martire nel forte di Shaykh ?abarsí.
Ka‘bih L’edificio cubico di pietra della Mecca che contiene la Pietra Nera. È la Qiblih islamica, ossia il punto verso il quale i fedeli si rivolgono durante la preghiera e la mèta dei pellegrinaggi dei Musulmani.
Kamál Páshá (Yusúf Kamál Páshá, 1808-76). Ministro di corte del sultano ‘Abdu’l-‘Azíz, fece visita a Bahá’u’lláh al tempo del Suo esilio a Costantinopoli. Nel 1861 fu nominato vice ministro del primo ministro Fu’ád Páshá e lo sostituì quando egli si dimise.
Kamálu’d-Dín, ?ájí Mirza Bábí che andò a Baghdad per chiedere lumi a Mirza Ya?yá, che sapeva essere stato scelto dal Báb come capo nominale della Fede dopo il Suo trapasso e finché non fosse apparso il Promesso. Deluso dalla superficiale risposta di Mirza Ya?yá alla sua richiesta di scrivere un commento di un versetto del Corano (III, 93), pose la domanda a Bahá’u’lláh, il Quale rivelò una Tavola conosciuta come Law?-i-Kullu’?-?a’ám (Tavola di Tutto il Cibo). ?ájí Mirza Kamalu’d-Dín riconobbe il Promesso nell’autore della Tavola. Bahá’u’lláh gli raccomandò di non divulgare la scoperta e gli disse di ritornare a casa a Naráq in Persia per mostrare la Tavola ai Bábí della città.
Ká?im (Mullá Ká?im) Dotto teologo persiano, divenne bahá’í agli inizi degli anni settanta e fu costretto a lasciare la sua città quando la sua conversione divenne nota. Le sue attività per la diffusione della Fede attrassero su di lui l’attenzione di Shaykh Mu?ammad Báqir (il Lupo), che ordinò la sua morte in I?fahán nel 1877 e dopo la sua esecuzione capitale ne fece appendere il corpo a un palo nella pubblica piazza, dove fu esposto per tre giorni a turpi oltraggi.
Ká?im, Siyyid (Siyyid Ká?im-i-Rashtí, 1793-43) Discepolo e successore di Shaykh A?mad. Proseguì l’opera di preparare altri discepoli shaykhí a riconoscere l’atteso Promesso dell’Islam e subì molti attacchi e denuncie dai teologi ortodossi. Poco prima di morire disse ai discepoli di separarsi e di cercare con serietà il Promesso. Fra coloro che risposero al suo invito vi fu Mullá ?usayn, che per primo trovò e riconobbe il Báb.
Lettere del Vivente Le prime diciotto persone che indipendentemente l’una dall’altra cercarono, trovarono e riconobbero il Báb. Fra loro vi sono Mullá ?usayn, il primo che credette in Lui, ?áhirih, la prima donna che credette in Lui e Quddus, la diciottesima e la più eminente fra le Lettere del Vivente.
Mázindarán La provincia natale di Bahá’u’lláh nella Persia settentrionale sulle rive del mar Caspio.
Mirza Contrazione di amír-zádih, significa «figlio di principe, governante, comandante o governatore». Usato dopo un nome significa «principe». Usato davanti a un nome, indica un impiegato, uno scriba o uno studioso o trasmette il titolo onorifico «signore».
Muezzin Colui che invita i musulmani alla preghiera cinque volte al giorno, abitualmente da un minareto.
Muftí Esponente della legge musulmana che emette sentenze o giudizi su temi di giurisprudenza religiosa.
Mu?ammad-’Alí, Mirza Figlio di Bahá’u’lláh e fratellastro minore di ‘Abdu’l-Bahá, Lo contrastò dopo l’ascensione di Bahá’u’lláh e divenne l’Arciviolatore del Suo Patto.
Mu?ammad, Siyyid (Siyyid Mu?ammad di I?fahán, Siyyid di I?fahán) Definito da Shoghi Effendi «l’Anticristo della Rivelazione Bahá’í» e descritto come «furfante scellerato» e «personificazione vivente di malvagità, cupidigia e inganno». Bahá’u’lláh dice di Lui nel Kitáb-i-Aqdas che portò Mirza Ya?yá fuori strada.
Mu?ammad-Qulí, Mirza Fedele fratellastro minore di Bahá’u’lláh, allevato sotto le Sue cure in Persia, condivise poi i Suoi esili.
Mu?ammad Sháh Scià di Persia dal 1834 al 1848. Durante il suo regno lasciò molto degli affari del suo ufficio nelle mani del primo ministro, suo ex tutore, ?ájí Mirza Áqásí, con enorme danno per il paese. A un certo punto inviò un emissario di nome Siyyid Ya?yáy-i-Dárábí (conosciuto successivamente come Vahíd) a svolgere un’indagine sulle affermazioni del Báb. In seguito a queste indagini Siyyid Ya?yá divenne un fervido Bábí, suscitando in Mah.ammad Sháh l’interesse per un incontro con il Báb. Lo Scià convocò il Báb a ?ihrán ma poi permise che ?ájí Mirza Áqásí, che temeva di perdere potere e posizione, ordinasse invece che il Báb fosse imprigionato a Máh-Kú, impedendo così l’incontro. Mu?ammad Sháh morì nel 1848.
Mu?sin Khán, Mirza (Mu‘inu’l-Mulk) Ambasciatore persiano a Costantinopoli negli anni ottanta quando gli Azalí complottarono contro i Bahá’í.
Mullá Prete, teologo, giudice musulmano.Músá, Mirza (Áqáy-i-Kalím o Jináb-i-Kalím, morto nel 1887) Fratello minore di Bahá’u’lláh, riconobbe il rango del Báb assieme a Bahá’u’lláh, riconobbe il rango di Bahá’u’lláh e Lo servì fedelmente durante tutto il Suo esilio. Svolse spesso le funzioni di rappresentante di Bahá’u’lláh durante incontri con funzionari del governo e presuli, finché tale compito non fu assunto da ‘Abdu’l-Bahá.
Mushír Titolo onorifico conferito dallo scià o dal sultano a ufficiali di altissimo rango. Negli ambienti civili indica una persona di rango superiore a un ministro; nell’uso militare indica un feldmaresciallo o un ufficiale di marina.
Mushíru’d-Dawlih Alla lettera consigliere del governo. Titolo onorifico conferito all’ambasciatore persiano a Costantinopoli. Vedi ?ájí Mirza ?usayn Khán.
Mu??afá, Mirza Devoto Bahá’í martirizzato a Tabríz attorno al 1866/67 dopo che le sue attività per l’inse-gnamento avevano suscitato la collera del clero musulmano. Uno dei primi Bábí, riconobbe il rango di Bahá’u’lláh quando giunse alla Sua presenza a Baghdad prima che Bahá’u’lláh dichiarasse pubblicamente la Sua missione.
Nabíl-i-A‘?am Titolo di Mullá Mu?ammad-i-Zarandí, che significa «Il Più Grande Nabíl». Ha scritto Gli Araldi dell’Aurora, una storia dei primi anni della Fede Bahá’í ed è spesso chiamato il poeta laureato di Bahá’u’lláh.
Najaf-’Alí Bahá’í martirizzato a ?ihrán attorno al 1886/87. Superstite dei moti di Zanján del 1850-51, fu tra i pochi che riconobbe il rango di Bahá’u’lláh durante il Suo esilio a Baghdad. Portò alcune Tavole di Bahá’u’lláh da Adrianopoli a ?ihrán, motivo per cui fu brutalmente torturato e decapitato.
Na?ír, ?ájí (?ájí Mu?ammad-Na?ír) Uno dei pochi Bábí sopravvissuti al massacro del forte di Shaykh ?abarsí del 1848-49, fu ripetutamente perseguitato per il resto della sua vita. Dopo aver conseguito la presenza di Bahá’u’lláh in ‘Akká, fece ritorno in Persia e si sistemò a Rasht, dove insegnò assiduamente la Fede. Qui, sebbene avanti negli anni, fu messo in prigione, morendovi martire nel 1888.
Ná?iri’d-Dín Sháh (1831-96) Successore di Mu?am-mad Sháh sul trono persiano e uno dei più noti governanti persiani, regnò dal 1848 al 1896. Durante il suo regno e per suo ordine il Báb fu fucilato e Bahá’u’lláh fu imprigionato nel Síyáh-Chál di ?ihrán e, una volta liberato, esiliato dalla Persia. Bahá’u’lláh lo definisce «Principe degli Oppressori».
Núr Alla lettera luce. Distretto della provincia settentrionale iraniana del Mázindarán, dove si trovava la casa ancestrale di Bahá’u’lláh.
Porta Sublime Riferimento alla Porta Imperiale (o Báb-i-Hümayun, mal tradotto dagli occidentali in “Porta Sublime”) del palazzo del Sultano a Costantinopoli, attraverso la quale venivano ammessi gli ambasciatori stranieri.
Punto Primo Titolo del Báb. Secondo la tradizione mistica persiana, tutto ciò che è scritto deriva da un punto.
Qayyúmu’l-Asmá’ (arabo) Commento del Báb alla Sura di Giuseppe (Corano XII). Considerato dai Bábí il loro Corano, fu rivelato la notte della dichiarazione della missione del Báb a Mullá ?usayn. Lo scopo fondamentale del libro era quello di profetizzare ciò che il vero Giuseppe (Bahá’u’lláh) avrebbe sofferto, in una successiva Dispensazione, per mano di uno che era contemporaneamente suo arcinemico e fratello di sangue.
Quddús Alla lettera il Più Santo. Titolo conferito dal Báb a ?ájí Mu?ammad-‘Alíy-i-Bárfurúshí, l’ultima Lettera del Vivente, secondo per rango solo al Báb. Accompagnò il Báb in pellegrinaggio alla Mecca e nel giugno 1848 partecipò alla Conferenza di Badasht. Nello stesso anno, si unì ai Bábí nel forte di Shaykh ?abarsí; condotto poi nella sua città natale di Bárfurúsh, vi fu martirizzato nel 1849.
Ramo, Più Grande Titolo dato da Bahá’u’lláh a ‘Abdu’l-Bahá per mettere in evidenza lo stadio di ‘Abdu’l-Bahá nei confronti di Bahá’u’lláh.
Ri?á-Qulí-i-Tafrishí, Mirza Seguace di Mirza Ya?yá e complice di Siyyid Mu?ammad, disonorò pubblicamente la Fede Bahá’í in ‘Akká. Bahá’u’lláh lo espulse dalla comunità dei credenti. Assieme a Siyyid Mu?ammad partecipò all’interpolazione di alcune Tavole di Bahá’u’lláh con passi appositamente falsificati per fare incollerire la popolazione locale cui poi dette ampia diffusione.
Ri?ván Alla lettera paradiso. Nome dato da Bahá’u’lláh al Giardino di Najíbíyyih di Baghdad e al Giardino di Na‘mayn vicino ad ‘Akká e alla festività annuale di dodici giorni che commemora la dichiarazione della missione di Bahá’u’lláh ai Suoi compagni nel 1863.
Sadratu’l-Muntahá Vedi Albero di Loto, Divino o Sacro.
?afá, ?ájí Mirza (?ájí Mirza ?asan-i-?afá) Uomo di cultura ed eminente personaggio fra i ?úfí di Costantinopoli molto stimato negli ambienti governativi. Aveva viaggiato molto in Africa e in Asia e abitava a Costantinopoli mentre Bahá’u’lláh vi era esule. Fece più di una volta visita a Bahá’u’lláh e, consapevole dell’innato sapere di Bahá’u’lláh, mostrò rispetto e umiltà. Ma collaborò con l’ambasciatore persiano ?ájí Mirza ?usayn Khán nel divulgare negli ambienti influenti quelle false accuse contro Bahá’u’lláh che il governatore utilizzò per ottenere dal Sultano l’ordine di esiliarLo in Adrianopoli.
Sciita, Islam (Shi‘ih) Uno dei due grandi rami dell’Islam. I Musulmani sciiti ritengono che gli eredi di ‘Alí siano i legittimi successori di Mu?ammad e rifiutano gli altri califfi e le istituzioni legali e politiche sunnite. Molti Sciiti attendono l’apparizione del Dodicesimo Imam, o Imam Nascosto. Il Báb e Bahá’u’lláh consideravano i Musulmani sciiti gli autentici seguaci del vero Islam.
Shaykh Titolo onorifico dato specialmente a un riverito maestro o capo di un ordine ?úfí.
Shaykhu’l-Islám Grande teologo sciita nominato dallo Scià in ogni grande città quale capo del tribunale religioso.
Shimírán, Porta di Distretto settentrionale di ?ihrán. Negli anni cinquanta si trovava ai confini della città, vicino a un fossato che fu riempito durante il regno di Ná?iri’d-Dín Sháh.
Shíráz Città iraniana, capitale della provincia del Fárs e città natale del Báb. Fu teatro della dichiarazione della missione del Báb il 22 maggio 1844.
Shoghi Effendi Titolo con cui tutti i Bahá’í conoscono Shoghi Rabbani (1° Mirza 1897-4 novembre 1957), pronipote di Bahá’u’lláh. (Shoghi è un nome arabo che significa «anelito» o «zelo», Effendi è l’equivalente turco di «signore» o «padrone».) Egli è il Custode della Fede Bahá’í, funzione che gli fu assegnata nel Testamento di ‘Abdu’l-Bahá e che egli assunse al trapasso di Quest'Ultimo nel 1921. Nato da ?íyá’iyyih Khánum, la figlia maggiore di ‘Abdu’l-Bahá, Shoghi Effendi discende dal Báb attraverso il padre, Mirza Hádí Shírází Afnán e fu cresciuto nella casa di ‘Abdu’l-Bahá sotto la Sua tutela.
Shujá‘u’d-Dawlih, Principe Figlio di ‘Alí-Sháh, ?illu’s-Sul?án (Ombra del Re) durante il regno di Mu?ammad Sháh dal 1834 al 1848, nipote di Fat?-‘Alí Sháh. Il principe Shujá‘u’d-Dawlih visitò la casa di Bahá’u’lláh a Baghdad. Personaggio imporante nella cerchia di ?ájí Mirza ?usayn Khán, l’ambasciatore persiano a Costantinopoli, fu da lui inviato a far visita come suo rappresentante a Bahá’u’lláh al Suo arrivo a Baghdad.
Síyáh-Chál Il Buco Nero. Cisterna sotterranea a ?ihrán, Bahá’u’lláh e molti Bábí vi furono imprigionati dall’agosto al dicembre del 1852, dopo il tentato assassinio di Ná?iri’d-Dín Sháh da parte di un piccolo gruppo di Bábí malguidati che tentarono di vendicare la fucilazione del Báb. Bahá’u’lláh ricevette l’intimazione della Sua missione profetica nel Síyáh-Chál, che i Bahá’í considerano il luogo più santo di ?ihrán.
Sunnita, Islam La maggiore setta islamica. Accetta i califfi come legittimi successori di Mu?ammad e capi dell’Islam, negando la pretesa ereditaria alla successione degli Imam.
Súriy-i-Mulúk La Tavola dei Re rivelata da Bahá’u’lláh in Adrianopoli. Descritta da Shoghi Effendi come «la più importante Tavola rivelata da Bahá’u’lláh» è indirizzata collettivamente ai monarchi dell’oriente e dell’occidente, al Sultano di Turchia, ai re della Cristianità, agli ambasciatori francese e persiano presso l’Impero Ottomano, al clero musulmano di Costantinopoli, al popolo persiano e ai filosofi del mondo, ai quali proclama inequivocabilmente e vigorosamente il rango di Bahá’u’lláh. Passi della Tavola sono stati tradotti in inglese e si trovano in Spigolature dagli Scritti di Bahá’u’lláh, LXV, LXVI, CXIII, CXIV, CXVI e CXVII e in Il Giorno Promesso, pp. 28-32, 95.
?áhirih Alla lettera la Pura. Titolo dato dal Báb a Fá?imih Umm-Salamih (1817/18-1852), conosciuta anche con i titoli di Qurratu’l-‘Ayn (Consolazione degli Occhi) e Zarrín-Táj (Corona d’Oro), unica donna fra le Lettere del Vivente. È ricordata dai Bahá’í come la più nobile donna e la più grande eroina della Dispensazione Bábí e la prima martire per l’emancipazione feminile.
Taqí Khán, Mirza (Mirza Taqí Khán-i-Faráhání, Amír-Kabír, «il Grande Emiro») Primo ministro di Persia durante il regno di Ná?iri’d-Dín Sháh e fiero nemico della Fede Bábí, fu implicato nella persecuzione dei Bábí a Shaykh T.abarsí, Nayríz e Zanján e responsabile della fucilazione del Báb. Alla fine lo Scià lo depose e, invidioso del suo potere, lo fece assassinare.
Taqíy-i-Qazvíní, Mullá (Mullá Taqíy-i-Baraghání) Zio e suocero di ?áhirih, fu estremamente ostile agli insegnamenti di Shaykh A?mad e di Siyyid Ká?im, gli araldi del Báb. A causa delle sue ingiuriose invettive contro i loro insegnamenti, nel 1847 fu pugnalato a morte nella sua moschea a Qazvín da uno dei loro ammiratori. Essendo i suoi parenti andati a ?ihrán ad accusare Bahá’u’lláh di aver aiutato l’assassino a fuggire, Bahá’u’lláh fu arrestato e messo in prigione. Ma le accuse furono ben presto dimostrate infondate e dopo breve tempo Egli fu liberato.
Túmán Moneta persiana.Vahíd (Siyyid Ya?yá, Siyyid Ya?yáy-i-Dárábí) Erudito, eloquente e influente emissario che Mu?ammad Sháh inviò per interrogare il Báb e che fu invece convertito, divenne il più dotto e il più influente fra i seguaci del Báb. Fu martirizzato nei moti di Nayríz nel 1850.
Vazír (vizír, vizier) In Persia e nell’Impero Ottomano primo ministro o ministro di stato.
Ya?yá, Mirza Conosciuto anche come Sub?-i-Azal (Mattino del’Eternità), fratellastro minore di Bahá’u’lláh. La maggior parte della vita di Mirza Ya?yá fu dominata dalla gelosia verso Bahá’u’lláh a tal segno che egli cercò di insidiarLo e alla fine di ucciderLo. Pochi mesi prima del Suo martirio, il Báb designò Mirza Ya?yá, in una Tavola indirizzata a Bahá’u’lláh, Suo rappresentante designato fino al momento in cui non sarebbe apparso il Promesso. Questo sviò l’attenzione da Bahá’u’lláh, lasciandoLo libero di dirigere nel Suo modo discreto ma efficace le attività dei discepoli del Báb. Quando Bahá’u’lláh e la Sua famiglia furono esiliati da Adrianopoli ad ‘Akká, Mirza Ya?yá fu inviato a Cipro, dove morì nel 1912, solo, disonorato e dimenticato.
BibliografiaDalle seguenti opere sono stati tratti i passi che formano questo libro e il materiale che è stato utilizzato per le spiegazioni. I lettori che desiderino maggiori informazioni sulla vita di Bahá’u’lláh possono consultare Bahá’u’lláh, Bahá’u’lláh: The King of Glory, Bahá’u’lláh, The Prince of Peace: A Portrait, The Covenant of Bahá’u’lláh, Dio passa nel mondo e The Revelation of Bahá’u’lláh, volumi 1-4.
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1 Shoghi Effendi, Dio passa nel mondo, p. xxvi.5 La Casa Universale di Giustizia, Ri?ván 1992, ai Bahá’í del mondo, in Note Bahá’í, anno X, n. 5 (maggio 1992), p. 4.
6 Secondo il calendario solare, Bahá’u’lláh aveva ventisei anni. Il colloquio si svolse circa tre mesi dopo la dichiarazione del Báb e circa tre mesi prima del ventisettesimo compleanno di Bahá’u’llá?
7 In quei tempi il tè e questa qualità di zucchero erano molto rari in Persia ed erano spesso usati come doni fra le persone dei ceti superiori.
8 Mirza Músá, citato in Gli Araldi dell’Aurora, p. 100-2.
9 Gli Araldi dell’Aurora, p. 354.11 Mirza Áqá Khán-i-Núrí, lontano parente di Bahá’u’lláh che in seguito divenne Gran Visir (primo ministro) sotto Ná?iri’d-Dín Shá?
12 Mirza Músá, conosciuto anche come Áqáy-i-Kalím, fedele fratello minore di Bahá’u’lláh che Lo accompagnò nei Suoi esili.
13 L’amanuense di Bahá’u’llá?16 Colui Che sorgerà, il Dodicesimo Imám o Imám Mihdí, atteso dai musulmani sciiti, che inaugurerà una nuova èra di giustizia nel mondo. Il Báb dichiarò di essere il Qá’im e la Porta a un altro Messaggero divino, «Colui Che Dio manifesterà».
17 Un riferimento alla fustigazione.19 Eminente comandante militare che guidò le truppe in battaglia contro i Bábí riuniti a Shaykh ?abarsí.
20 Bahá significa gloria, splendore o luce ed è la radice del titolo Bahá’u’lláh, che significa Gloria di Dio.
21 «Sadrih» significa «albero» e «Ri?ván» signfica «Paradiso», riferimenti al Báb.
22 Shaykh Mu?mmad Taqíy-i-Najafí, teologo sciita di I?fahán al quale Bahá’u’lláh indirizzò l’Epistola al Figlio del Lupo. Padre e figlio furono accaniti oppositori delle Fedi Bábí e Bahá’í.
23 1844.26 L’Imám ?usayn, terzo Imám dell’Islám Sciita, martirizzato sulla piana di Karbilá nel 680 d.C. Era nipote di Mu?ammad e figlio di Sua figlia Fá?imih e suo marito ‘Alí fu il primo Imám e, secondo gli Sciiti, il legittimo successore di Mu?ammad.
27 Zio e suocero di ?áhirih, conosciuto anche come ?ájí Mullá Taqí.
28 Shaykh Mu?ammad Taqíy-i-Najafí, teologo sciita di I?fahán e accanito oppositore delle Fedi Bábí e Bahá’í.
29 Bahá’u’lláh dovette sempre portare al collo una delle due catene, che Gli piagò la pelle. Erano così pesanti che dovevano essere sorrette da una speciale stampella di legno. La più grossa, Qará-Guhar, pesava 112 libbre (51 chilogrammi).
30 Dio passa nel mondo, p. 101.33 Mirza Dawlat-Ábádí, prete musulmano divenuto Bábí e poi sostenitore di Mirza Ya?yá, che lo nominò suo rappresentante in Persia e suo successore. Nel 1888, mentre i Bábí in Persia erano sottoposti a persecuzioni, rinnegò la sua fede.
34 A Baghdád37 Shoghi Effendi dice – usando le date del calendario solare gregoriano – che Bahá’u’lláh arrivò a Baghdád l’8 aprile 1853 e partì il 3 maggio 1863. In questo passo Bahá’u’lláh dice di esserSi trattenuto in ‘Iráq per dodici anni, ma nel brano 24 (Spigolature, pp. 229-30@) dice di esservi restato undici anni. Questi due passi potrebbero riferirsi a un calcolo del periodo basato sul calendario lunare, invece che su quello solare. Secondo il calendario lunare, Bahá’u’lláh partì da ?ihrán nel 1269 e arrivò a Costantinopoli nel 1280.
38 In sogno.39 Città a nordest dell’‘Iráq che si trova sulla strada che la carovana di Bahá’u’lláh percorse per andare a Costantinopoli.
40 Dio passa nel mondo, p. 161.44 Mirza Músá, uno dei fratelli fedeli di Bahá’u’lláh.
45 Quando Bahá’u’lláh informò Mirza Ya?yá della Propria missione, Ya?yá avanzò la propria pretesa al rango profetico, usando il titolo di ?ub?-i-Azal.
46 Mirza Ya?yá.50 Mirza ?usayn Khán, ambasciatore persiano a Costantinopoli.
51 Costantinopoli.56 «Tu Gloria del Gloriosissimo!», invocazione derivata dal nome di Bahá’u’lláh
57 Nei primi mesi della prigionia di Bahá’u’lláh, i pellegrini che venivano ad ‘Akká per farGli visita dovevano accontentarsi di fermarsi al di là del secondo fossato e di intravedere da lontano il Suo volto alla finestra della Sua cella, mentre coloro che riuscivano a entrare in città dovevano ripartire senza neppure vederLo. Un pellegrino che rimase sul fossato per ore e ore, sperando di intravederLo, non riuscì nel suo intento a causa della debolezza della sua vista, evento che fece piangere i membri della famiglia di Bahá’u’lláh che lo guardavano dall’inter-no della prigione.
58 Un accenno a tre Bahá’í arrestati a Karbilá e condotti a Baghdád in catene e a settanta Bahá’í esiliati da Baghdád a Mosul poco prima della partenza di Bahá’u’lláh da Adrianopoli.
59 I resti di Mirza Mihdí furono trasportati sul monte Carmelo nel 1939. Ásíyih Khánum, detta Navvab, era sua madre; Bahíyyih Khánum, detta la Più Grande Santa Foglia, era sua sorella.
60 Abbondanza. Cfr. Corano CVIII, 1-3. Lago o fiume del Paradiso che, dice Anas, Mu?ammad vide la notte della Sua visione mistica (Mi‘ráj), quando fu trasportato dalla Mecca a Gerusalemme dove gli furono mostrati i segni di Dio.
61 ‘Abdu’l-Bahá.63 Allusione alla sprezzante risposta di Napoleone alla prima Tavola che Bahá’u’lláh gli inviò.
64 Bahá’u’lláh confermò poi che la cosa per la quale lo Zar aveva pregato era che Dio gli concedesse la vittoria nella battaglia contro i Turchi. Nel 1877-78 le truppe russe sconfissero gli ottomani, occuparono Adrianopoli e arrivarono fino alle porte di Costantinopoli, innescando una serie di avvenimenti che si conclusero con il disfacimento dell’Impero Ottomano circa trent’anni dopo.
65 Per suggerimento di Bahá’u’lláh, il governatore A?mad Big Tawfíq iniziò il restauro di un acquedotto che per trent’anni era caduto in disuso.
66 Rá?íyyih era sorella di Munírih Khánum, moglie di ‘Abdu’l-Bahá. Ella servì il pranzo a nome del marito Siyyid ‘Alí, al quale la Tavola è indirizzata.
67 Mirza Ashraf-i-Ábádí.69 Un gioco di parole, Khún significa «sangue». Bahá in arabo significa «gloria» e in persiano «valore». «Il prezzo del sangue» si riferisce alla ricompensa che Najáf-’Alí riceverà per aver sacrificato la vita sulla via di Dio. Offrendo la vita nel martirio, si realizza il vero valore del prezzo del sangue.
70 Il fratello della moglie del Báb, ?ájí Mirza Siyyid ?asan, conosciuto come Afnán-i-Kabír (il Grande Afnán).
71 Interprete.73 Questo passo è indirizzato a Shaykh Mu?ammad Taqíy-i-Najafí.
74 Corano CIV, 1-2.75 Il termine «dotti» si riferisce alle Mani della Causa di Dio e alle persone che conseguono una posizione eminente nel lavoro d’insegna-mento, mentre la parola «governanti» si riferisce ai membri delle Case di Giustizia locali, nazionali e internazionale.
76 I discendenti di Bahá’u’llá?78 Fratellastro minore di ‘Abdu’l-Bahá che si oppose a Lui dopo l’ascensione di Bahá’u’lláh e divenne l’Arciviolatore del Patto di Bahá’u’llá?
79 L’«Albero oltre il quale non si passa», l’albero che anticamente gli Arabi piantavano per segnare il termine di una strada. Negli scritti bahá’í la locuzione è simbolo della Manifestazione di Dio e qui si riferisce a Bahá’u’lláh
80 Il Kitáb-i-‘Ahd, il Libro del Patto di Bahá’u’llá?
81 La missione cui si accenna è il Piano Divino di ‘Abdu’l-Bahá per la promulgazione della Fede Bahá’í in tutto il mondo.
82 La discendente cui qui si accenna è la regina Maria di Romania.
83 Shoghi Effendi scrisse queste parole nel 1944. Nel 1992 la Fede Bahá’í si era diffusa in 116.000 località di 173 paesi e 45 importanti territori e isole ed era seconda al Cristianesimo per la diffusione nel mondo.
84 Dio passa nel mondo, pp. 221, 223-24.